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BERLUSCONI ed il delfino bruciato:Indagato il fratello dell ex ministro Alfano (ora segretario PDL)per esami universitari “comprati”

Ultimo Aggiornamento: 05/12/2011 20:11
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Berlusconi si è dimesso alle 21.41
Altolà di Silvio all'amico Umberto:
stavolta non c'è un «piano B»
Il Senatur conscio dei rischi: «Evitiamo troppi danni».
Con la crisi, via 80 tra deputati e senatori pdl

ROMA - «Stavolta non abbiamo un piano B» dice Berlusconi. La verità è che nessuno ha un «piano B», non solo il premier e il centrodestra. Perché in questa fase la caduta del governo - per quanto auspicata dalle opposizioni - spiazzerebbe tutte le forze politiche, presentando il conto a un Parlamento dove al momento non esiste una maggioranza numerica e politica in grado di varare provvedimenti economici draconiani. Per quanto si susseguano le suggestioni e i nomi su possibili alternative al Cavaliere, l'unica cosa certa è che una crisi farebbe coriandoli degli attuali partiti, a iniziare dal Pdl, dove si paventa un'emorragia di cinquanta deputati e trenta senatori.



Berlusconi e Bossi (Ansa/Ferrari) Ecco lo scenario che lunedì si parava davanti al capo del governo e al suo alleato Bossi: divisi sulle misure da adottare per scongiurare la disfatta, hanno consumato un Consiglio dei ministri straordinario senza trovare l'intesa, malgrado entrambi sappiano che una rottura li separerebbe irrimediabilmente anche alle elezioni. Per questo motivo alla riunione di governo il Senatur aveva evocato la «saggezza» per «evitare di farci troppi danni». E il danno irreparabile sarebbe una mancata intesa sulle riforme strutturali.
Ma quali? Maroni lunedì mattina aveva lavorato per smantellare le barricate issate da quanti nella Lega si oppongono al progetto di revisione del sistema pensionistico chiesto dal Cavaliere. Convinto da tempo che Berlusconi debba fare «un passo di lato» per agevolare il ricambio generazionale nel centrodestra e consentire il rilancio dell'alleanza, riteneva tuttavia che non fosse questo il momento, bensì gennaio.

Una delle possibili soluzioni nella trattativa sulla previdenza porta il suo nome. È sua infatti la riforma - varata quando era ministro del Welfare - su cui il Carroccio era parso disponibile a trattare: quello «scalone» che il governo Prodi aveva abolito quattro anni fa. La prospettiva che il piano fosse considerato insufficiente dall'Europa, ha indotto però il titolare dell'Interno a sparigliare, chiedendo a Berlusconi di spostare dalle pensioni alla pubblica amministrazione l'attenzione del governo, per risanare le casse dello Stato.

Il gioco si è così fatto pesante, fino a evocare la crisi dell'esecutivo. Certo, tocca a Bossi l'ultima parola, «tocca a te decidere Umberto», ha detto il premier al capo leghista. Nelle sue mani non ci sono solo le sorti di Berlusconi, ma dell'alleanza così come finora è stata. In caso di divorzio non resterebbe più nulla. O dentro o fuori, stavolta non ci sono alternative, «stavolta - come ha spiegato il Cavaliere - non abbiamo un piano B».

La trattativa che il Senatur ha definito «uno slalom tra i paletti», nel quale servono le doti di «quel maestro di sci che è Tremonti», si è complicata. Manca quell'unità di intenti chiesta da Gianni Letta in Consiglio dei ministri: dinanzi all'«amara medicina» da ingoiare, a fronte di «provvedimenti impopolari» da adottare, «siamo chiamati alla coerenza. Per fare certe cose bisogna essere tutti d'accordo su tutto. O dovremo essere conseguenti nelle scelte». Anche per evitare che al premier «venga addossata la crisi dell'euro, responsabilità che non è sua».

L'obiettivo era impedire che a Bruxelles Berlusconi venisse posto di nuovo al banco degli imputati, sebbene «il vero banco di prova - come sostiene Frattini - non siano la Merkel e Sarkozy e nemmeno la Commissione europea, ma i mercati». Una bocciatura del progetto di risanamento e sviluppo da parte dal circuito finanziario internazionale, equivarrebbe a una mozione di sfiducia al governo. Perciò il Cavaliere ha premuto tutto il giorno affinché Bossi aprisse alla mediazione sulla previdenza.

Il punto però non è tecnico ma politico. E quando ieri mattina Maroni ha avvisato che «sulla previdenza abbiamo già dato», il motivo era chiaro: voleva pungolare Berlusconi a non accettare passivamente i «diktat» dei partner europei. Secondo il titolare del Viminale bisognava rispondere «a muso duro» a Sarkozy, perciò è rimasto soddisfatto dalla nota con cui nel pomeriggio il presidente del Consiglio ha ricordato alle cancellerie di Parigi (ma anche di Berlino) che l'Italia «non accetta lezioni da nessuno».

Ma dinnanzi alle insistenze del Cavaliere sulla necessità di varare un intervento radicale in materia di previdenza, Maroni ha rammentato che «l'abbiamo già fatto»: «Questa estate la nostra riforma è stata certificata anche dall'Europa. Non è che adesso non va più bene, solo perché Sarkozy deve salvare settantadue banche francesi esposte ai titoli tossici».


Il fatto è che, nel gioco dello «scaricabarile» a Bruxelles, il premier italiano è più debole, e per la prima volta senza «un piano B». Resta da capire chi ne abbia uno alternativo, nella maggioranza come nell'opposizione. Se la crisi economica sfociasse in crisi politica, il conto sarebbe salato per tutti.

Francesco Verderami
25 ottobre 2011 09:05
© RIPRODUZIONE RISERVATA

www.corriere.it/economia/11_ottobre_25/verderami-berlusconi-bossi_2df3fbfc-fec8-11e0-b55a-a662e85c9d...
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Napolitano: "Verificherò larghe intese"

Il Capo dello Stato scende in campo in prima persona. Con una nota, Giorgio Napolitano apre, per la prima volta in modo esplicito, alla possibilità di istituire un governo di larghe intese riservandosi la verifica delle “condizioni per il concretizzarsi di tale prospettiva”. “Nell’attuale, così critico momento – si legge nel documento del Quirinale – il Paese può contare su un ampio arco di forze sociali e politiche consapevoli della necessità di una nuova prospettiva di larga condivisione delle scelte che l’Europa, l’opinione internazionale e gli operatori economici e finanziari si attendono con urgenza dall’Italia.

www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/01/crisi-il-governo-promette-accelleriamo-opposizione-basta-ora-governo-demergenza...
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Paniz: Berlusconi passi la mano a Gianni Letta

Un altro 'fedelissimo' di Silvio Berlusconi, l'on. Maurizio Paniz, prende le distanze dal premier - accusandolo d'aver sbagliato "a portare una commistione fra pubblico e privato" - e in un'intervista al sito 'Ilnordest.eu' candida Gianni Letta alla guida di un governo del centrodestra che traghetti il Paese alle elezioni del 2013. Paniz esclude peraltro che Berlusconi possa essere nuovamente candidabile nel 2013, aggiungendo di aver già espresso questo suo pensiero "a chi di dovere".

www.repubblica.it/economia/2011/11/02/dirette/crisi_2_novembre-24263372/?re...
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“La maggioranza non c’è più”. Letta, Bonaiuti, Alfano e Verdini avvertono il premier I vertici del Pdl accolgono Berlusconi di ritorno da Cannes con una comunicazione allarmata sui numeri della maggioranza in vista del prossimo voto di fiducia. Il coordinatore: "Siamo a 306, non c’è verso di riportarli indietro, forse se ci parli tu, ma io a questo punto ci conterei poco..”. Paradossalmente, a salvare il governo anche martedì, potrebbe essere l'effetto dell'appello di Napolitano sulla credibilità del Paese, che deve evitare di entrare in esercizio economico straordinarioQuattro giorni all’alba. Cioè, quattro giorni alla fine del ventennio berlusconiano. Roba da non crederci, tanto che ieri sera, tornato fresco da quello che lui considerava l’ennesimo successo internazionale a Cannes, credeva davvero di essere davanti a quattro matti che gli raccontavano di un incubo incomprensibile ai suoi occhi e alle sue orecchie: “Silvio, la maggioranza non c’è più”. Gliel’avesse detto un altro, al Cavaliere, che il suo tempo politico era finito, questione di ore più che di giorni, ecco lui l’avrebbe licenziato con il solito sorrisetto sardonico di chi ne sa di più. E, invece, sentirselo dire da Letta, Bonaiuti, dallo sguardo vitreo del delfino di cartone Angelino Alfano e, soprattutto, da Denis Verdini, è stato un colpo anche per Berlusconi.

Raccontano che ieri sera, a palazzo Grazioli, assenti i suoi “famigli” come Valentino Valentini e il neo deputato Luca D’Alessandro, entrambi maratoneti a New York, il Cavaliere sia rimasto silenzioso per qualche minuto a guardare nel vuoto, gesto quantomeno inusuale durante questi mini vertici della nomenklatura più stretta dove lui, di solito, detta la linea e gli altri stanno zitti e prendono appunti mentalmente. Invece, ha parlato Verdini. Lapidario. “Siamo a 306, non c’è verso di riportarli indietro, forse se ci parli tu, ma io a questo punto ci conterei poco..”.

Certo, che schiaffo. Vedere la propria condanna firmata da quelli che lui ha sempre considerato mezzecalze, gente di poco conto, buoni solo per la propaganda e ad obbedir tacendo, quelli che si sono fatti belli in tv (Stracquadanio, per esempio) solo perché lui ce li ha mandati a difendere la sua immagine. Oppure una come la Bertolini, uno come Mazzuca, incapaci di qualunque azione autonoma. Prima di oggi, prima di ieri.

Insomma, il regno crolla. Verdini li ha contati e ricontati. Ha provato – senz’altro – con il solito sortilegio del denaro, dell’offerta, dell’incarico di privilegio, ma niente da fare; i numeri parlano chiaro. Da una maggioranza di 316 dell’ultima fiducia del 14 ottobre, si è passati di schianto a quota 306, per colpa di questi “maiali” , li ha chiamati Cicchitto – ma pare che il suggerimento del vocabolo sia direttamente del Cavaliere – che visto il baratro “preferiscono rifarsi una verginità subito – sempre parola di Cicchitto – per paura di essere travolti e non riemergere più”.

Adesso si va allo show down, quindi. Martedì, in aula, ripassa per la seconda volta il rendiconto dello Stato, quello già bocciato l’11 ottobre scorso “per una svista”, si è sempre detto nel Pdl, perché erano tutti alla bouvette a bere il caffè e il governo è andato sotto sull’articolo 1. L’hanno riscritto, lo hanno fatto ripartire velocemente dal Senato e martedì 8 novembre sarà di nuovo lì, alla Camera. Tutti vorrebbero vederla questa scena di Berlusconi che assiste al tramonto del suo regime mentre il tabellone dell’Aula impetosamente sancisce che no, la Camera non approva. Ma c’è qualcosa che, paradossalmente, anche stavolta gioca a suo favore. Ed è il Quirinale. Perché bocciare ancora il rendiconto generale dello Stato significa certo far cadere il governo, ma anche mettere il Paese in esercizio economico straordinario (succede quando la legge finanziaria, ovvero il rendiconto, viene bocciato) e in un momento in cui l’Italia “non è credibile” agli occhi del mondo, come è stato ricordato in mille modi durante il G20 di Cannes, ecco questo Napolitano proprio non può permetterlo. Certo, il Capo dello Stato non interverrà direttamente sui singoli deputati per far capire loro che, in questo caso, andrebbe fatto uno sforzo e che a far cadere Berlusconi si potrà pensare un po’ più avanti, casomai sulla legge di Stabilità quando ariverà alla Camera, questione prevista per la fine del mese. Ma di sicuro un tentativo di moral suasion su alcuni sarà fatto. Come andrà a finire, tuttavia, è un’incognita. A cui Napolitano, ovviamente, guarda con grande apprensione.

E’ da settimane, d’altra parte, che al Colle si lavora, sottotraccia, per dare forma ad un nuovo esecutivo e ad una maggioranza solita che possa traghettare il Paese a fine legislatura (o anche solo fino a giugno) in modo da portare a termine le misure che l’Europa (e anche il mondo, a questo punto) hanno chiesto con grande forza all’Italia “commissariata dal Fmi” . Nei giorni scorsi, per esempio, Napolitano ha visto Mario Monti. Con il professore varesino il Capo dello Stato ha un’antica consuetudine, ma l’incontro dei giorni scorsi non è passato ovviamente inosservato. Pare che, nell’occasione, Napolitano abbia chiesto a Monti persino un elenco di nomi di possibili ministri, trovando un interlocutore già molto preparato sulla materia, ma il colloquio si è poi fermato lì: ad un nuovo governo serve anche una maggioranza che lo sostenga. E, in questo caso, non si può fare i conti senza la Lega. Ecco perché, alla fine, il nome che pià circola in queste ore come possibile successore a tempo di Berlusconi è quello di Gianni Letta. L’unico, si sostiene in ambienti della maggioranza, a cui il Cavaliere proprio “non potrebbe dire di no”, che garantirebbe la permanenza di Maroni al Viminale e una sorta di continuità politica dell’esecutivo uscito dalle urne del 2008. Nessun ribaltone, nessun governo istituzionale, solo un passo indietro del Cavaliere, “il vero problema di tutto”. La questione è sul tavolo in queste ore. Ore drammatiche, durante le quali si dovrà capire se Berlusconi, per una volta almeno, darà ascolto ai suoi e farà un passo indietro prima di martedì, oppure accetterà la sfida dei numeri sperando nel fatto che nessuno si vorrà prendere la responsabilità politica di portare l’Italia in esercizio straordinario in pieno tsunami finanziario. Ancora una volta, forse, la sua temerarietà potrebbe dargli ragione. Ma di certo sarà l’ultima.

www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/05/la-maggioranza-non-ce-piu-letta-bonaiuti-alfano-e-verdini-avvertono-il-premier...
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Pd: "Berlusconi via o mozione di sfiducia"
Premier: "Ho i numeri". Ma lascia anche Carlucci
Pisanu alla Convention del Terzo Polo. Casini: "Serve personalità indipendente". Fini: "Il Cavaliere è attaccato al pallottoliere". Franceschini: "Il presidente del Consiglio bluffa con i numeri". Il Cavaliere: "Non credo ai governi tecnici o agli esecutivi di transizione". Un'altra deputata in fuga verso l'Udc
Pier Luigi Bersani
ROMA - All'indomani della manifestazione di San Giovanni 1 il Pd affonda il colpo: "Berlusconi vada via o puntiamo sulla mozione di sfiducia". Ma il premier, nonostante le voci di defezioni nel Pdl si rincorrano, non arretra: "Non credo a esecutivi tecnici con un premier fantoccio e nemmeno alle larghe intese. Ho verificato, abbiamo la maggioranza". Per Dario Franceschini è un bluff. E in serata arriva la notizia di un addio di Gabriella Carlucci al Pdl per entrare nell'Udc. A rivelarlo sono fonti della stessa maggioranza. Intanto il Terzo Polo si riunisce e Casini risponde positivamente al patto tra moderati e progressisti lanciato da Bersani dal palco di San Giovanni. E l'attenzione si sposta a martedì quando la Camera dovrà votare il Rendiconto.

Pd. "Il problema non è il voto di martedì sul rendiconto nè quello che avverrà nelle prossime ore. Berlusconi non ha più la maggioranza alla Camera, o si dimette o presto i parlamentari che vogliono un governo di emergenza per salvare il Paese voteranno la sfiducia per poterlo far nascere" dice il capogruppo del Partito Democratico alla Camera, Dario Franceschini. Che al premier che si dice certo di avere i voti in Aula replica secco: "Bluffa nell'ultimo disperato tentativo di salvarsi". Poi parla Bersani: "Daremo l'occasione in Parlamento di dire, a chi lo pensa, che così non si può continuare. Non so se accadrà martedì ma discutiamo con l'opposizione e valutiamo se un voto su un provvedimento o su un documento". Una mozione di sfiducia? "Tutta l'opposizione ci sta ragionando. Sceglieremo la strada migliore. Se si risolve prima non c'è bisogno di mozione di sfiducia". Poi un passaggio sul voto sul Rendiconto in programma martedì alla Camera: "Io non cosa succede martedì. Ma nostro compito è creare un momento di verità. Noi daremo l'occasione parlamentare perchè chi pensa che non si può andare avanti così, lo dica chiaramente avanti al Paese". E per il futuro "abbiamo bisogno di figure che nell'immediato diano un messaggio credibile al mondo e all'Europa della nostra intenzione di rimetterci in marcia".

Il Pd, invece, dice no ad un esecutivo guidato da Gianni Letta o Renato Schifani: "Sarebbe un esecutivo di centrodestra e non si vede come potrebbe fare quello che non ha fatto il governo Berlusconi" dice Pier Luigi Bersani. Mario Monti? "Lascio la parola a Napolitano.

Berlusconi. "Non credo a esecutivi tecnici con un premier fantoccio e nemmeno alle larghe intese. Nonostante le defezioni che io continuo a ritenere possano rientrare, noi siamo ancora maggioranza in parlamento". Berlusconi, nel corso di un collegamento telefonico con una convention organizzata da Silvano Moffa, torna ad ostentare fiducia sulla tenuta dell'esecutivo. "Abbiamo verificato in queste ore, con numeri certi che la maggioranza c'è - annuncia il Cavaliere - La volontà popolare non può essere commissariata e non possiamo lasciare l'Italia a Bersani, Vendola e Di Pietro". Minimizzazione assoluta anche sulla richiesta di una certificazione da parte del Fondo monetario: "E' venuta da noi e possiamo ritirarla quando vogliamo".

Terzo Polo. Nei giorni del governo in bilico si apre a Roma la convention del Terzo Polo. Casini, Rutelli e Fini sfilano l'uno accanto all'altro. Ma la presenza più significativa è quella del senatore del Pdl Beppe Pisanu. "A Berlusconi - dice il senatore Pdl che non annuncia l'addio al Pdl, ma mette un piede in casa del Terzo Polo - chiediamo di contribuire con il suo peso politico a contribuire a un governo di unità e salvezza nazionale. Non si può attribuire a lui e alla maggioranza l'esclusiva responsabilità della crisi che investe l'Occidente e non è solo politica, ma che in Italia è notevolmente politica". "La chiave della soluzione - scandisce l'ex ministro dell'Interno - è nelle mani del presidente del Consiglio. Più si arrocca nella fortezza del Pdl e più cresceranno le sue reponsabilità per l'inasprimento della crisi. Ma continuo a confidare nella sua intelligenza e nella coerenza politica di quei tanti colleghi del Pdl che non si rassegnano al peggio e mettono avanti a tutto l'interesse dell'Italia. Noi non siamo traditorI, semmai traditi".

Da Casini arriva una risposta all'appello lanciato da Bersani per un patto tra moderati e progressisti 2: "Senza il Pd non si ricostruisce l'Italia. Noi siamo nel Ppe, da sempre antagonisti della sinistra ma dobbiamo essere onesti, ragazzi: la sinistra ieri ha detto, quando potrebbe avere un interesse elettorale a chiedere solamente le elezioni, che sono disponibili. E allora pensare a un governo che emargini una parte del mondo politico più direttamente rappresentativo del mondo operaio e sindacale significherebbe essere irresponsabili". "Non si fanno sacrifici - avverte ancora Casini - agitando la contrapposizione sociale o dividendo i lavoratori, perchè quelle forze vanno coinvolte. Sarebbe autolesionista cercare divisioni. Nè si può fare un governo di risanamento nazionale senza la destra che ha vinto le elezioni". Ed ancora: "A 48 ore dalla scadenza del rendiconto, io non possono credere che il Pdl sia così miope e autolesionista da non raccogliere la disponibilità a un esecutivo di emergenza avanzata dalle opposizioni". Un governo guidato "da una personalità indipendente e seria, riconosciuta a livello internazionale".

Fini. L'appello al passo indietro arriva anche da Gianfranco Fini: "Berlusconi è avulso dalla realtà e attaccato al pallottoliere. Rinnovo l'appello a fare almeno un passo di lato se non vuole sentirsi dire di farne uno indietro. Visto che l'uomo ama il calcio, capita anche ai grandi campioni di essere sostituiti se questa è l'esigenza della squadra e ora quello che serve alla squadra Italia è un altro presidente del Consiglio che verifichi chi sacrifica l'interesse di parte e non difende solo quelli personali".

Rutelli. "La sinistra non è in grado di avanzare una proposta alternativa di governo - dice il leader dell'Api, Francesco Rutelli - Il dibattito a sinistra - ha sottolineato - è su un governo per una patrimoniale di scopo o un governo per reagire alla macelleria sociale di Trichet. Questo dimostra che l'Italia nel suo versante di sinistra ha la sola prospettiva di buttare giù Berlusconi ma non di dare una prospettiva alternativa". ". Rutelli preferisce invece guardare al Colle per dire che "allora, su indicazione del Capo dello Stato si faccia un governo che abbia la convergenza del massimo delle forze parlamentari, incluso il Pdl".

Pdl. Da Claudio Scajola, a capo della pattuglia dei cosidetti frondisti del Pdl, arriva un messaggio per il ministro dell'Economia Giulio Tremonti: "Se non condivide le scelte del governo del quale fa parte dovrebbe andarsene". Mentre il segretario del Pdl Angelino Alfano attacca: "'Quando si parla di governi tecnici o di responsabilita' nazionale sono tutti sinonimi di "ribaltoni" altre espressioni per dire sempre la stessa cosa: mandare a casa chi ha vinto le elezioni e far governare chi ha perso".

Di Pietro. Il leader dell'Idv si mostra cauto sulla mozione di sfiducia: "Prima dobbiamo avere i numeri e poi presentare la mozione di sfiducia. In questo momento non è tanto in discussione la mozione di sfiducia del centrosinistra ma la presa d'atto dello sfaldamento del centrodestra"

www.repubblica.it/politica/2011/11/06/news/via_alla_convention_del_terzo_polo_anche_pisanu_con_fini_casini_e_rutelli-24530269/?ref...
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Ferrara: "Berlusconi si dimette"


Governo sempre più in bilico
Ferrara: "Berlusconi si dimette"
Il direttore del Foglio: "Questione di ore, forse minuti". Domani il voto a Montecitorio. Voci di nuove defezioni nel Pdl. Sullo sfondo la legge di Stabilità e gli equilibri cambiati in commissione bilancio. Cicchitto: "Passo indietro di Berlusconi? Fantasie"
Silvio Berlusconi (ansa)
ROMA - "Che Berlusconi stia per cedere il passo ormai è una cosa acclarata. Si tratta di ore, qualcuno dice perfino di minuti" scrive Giuliano Ferrara nell'edizione on line de 'il Foglio'. Si tratta dell'ultima, autorevole, conferma che il governo Berlusconi potrebbe essere arrivato al capolinea. Poco prima il vicedirettore di 'Libero', Franco Bechis, aveva annuncia: "Ho notizie certe, Berlusconi si dimette entro domattina. Il Pdl gli aveva chiesto di farlo oggi, lui ha detto no perchè ha appuntamenti privati a Milano". Secondo quanto si apprende da fonti Pdl, Berlusconi potrebbe tentare oggi in extremis di "riacciuffare" qualcuno dei dispersi e, qualora non ce la facesse, tra stasera - quando tornerà a Roma - dimettersi domani. Magari dopo il passaggio del voto sul rendiconto previsto domani a Montecitorio, che anche senza maggioranza passerebbe grazie all'astensione delle opposizioni.

La giornata. Dopo il vertice notturno a palazzo Grazioli Silvio Berlusconi lascia Roma a va a Milano. Lo fa con un governo sempre più in bilico e con una settimana che si apre e che potrebbe essere fatale per il Cavaliere. A peggiorare la situazione, oltre alla crisi economica che si fa più virulenta 1, quell' " inutile accanirsi, è finita 2" pronunciato dal ministro leghista Roberto Maroni. Senza contare le nuove defezioni all'interno del Pdl. L'ultima, clamorosa, è quella di Gabriella Carlucci, passata dal Pdl all'Udc. 3

VIDEO: MARONI: "E' FINITA" 4

Sul tavolo del Cavaliere restano poche opzioni: affrontare l'Aula con rischio di veder certificata la dissoluzione della maggioranza, anticipare i tempi e salire al Quirinale; oppure chiedere al Parlmento di approvare le misure anticrisi promettendo però che una volta varato il pacchetto il premier andrà al Colle per dimettersi. Per il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto sono "fantasie" le voci di pressioni su Berlusconi 5 per un passo indietro e, in una nota, annuncia che "Berlusconi e il Pdl si ripromettono di sviluppare una iniziativa politica in più direzioni".

Rendiconto. L'attenzione, adesso, si sposta a domani e al voto sul Rendiconto. Partendo dai numeri: con il passaggio tra i centristi della Carlucci, il governo torna virtualmente sotto la maggioranza assoluta alla Camera. E' a 314, sotto di due voti rispetto alla soglia dei 316 che Berlusconi ostenta con le persone con cui parla. Ma che la situazione sia fluida lo si capisce anche da un'altra cifra: almeno 15/20 deputati non hanno ancora idea di che fare. E non sono esclusi nuovi cambi di casacca nelle prossime 48 ore. Al punto che la maggioranza potrebbe scendere ulteriormente. O, addirittura, trovarsi battuta in Aula per una ventina di voti. A tutto questo va aggiunta la possibilità che l'opposizione metta in pista la mozione di sfiducia (ma solo se i numeri saranno certi). Per scongiurare questi scenari, il premier vedrà molti degli 'scontenti' tra oggi e martedì. Cosa che stanno facendo anche i centristi. Mentre Gianni Letta, parlando degli aiuti alle zone colpite dal terremoto dell'Aquila, dice: ""Nel passaggio da un governo all'altro - non è che lo stia auspicando - gli impegni assunti non cambiano, continuano: si chiama principio della continuità amministrativa".

Quanto alle strategie d'Aula, le opposizioni decideranno con ogni probabilità domani se sul rendiconto astenersi in blocco (inclusi i Radicali). Con loro si asterrebbero anche quattro firmatari della lettera al premier (Gava, Destro, Antonione e Pittelli, ma non Stracquadanio e Bertolini). Di sicuro Sardelli e forse Milo e Gianni. E poi altri pidiellini: si parla tra gli altri di Cazzola, Stradella, Mazzucca, Pianetta.E nonostante l'ex ministro Scajola abbia detto di essere pronto a votare "sì", non sono altrettanto chiare le intenzioni dei suoi fedelissimi. E Isabella Bertolini avverte: "Se domani non ci saranno numeri, ci sarà grande fuga dal Pdl".

In ogni caso, anche se il Rendiconto dovesse passare, il problema si aprirà un minuto dopo. In commissione bilancio il centrodestra ha perso la maggioranza. Petr questo la legge di Stabilità, che contiene le misure chieste dall'Europa, quando tornerà dal Senato a Montecitorio (entro la fine di novembre) sarà appesa alla volontà delle opposizioni. Dovrà passare prima in commissione Bilancio e non potrà arrivare in aula senza l'assenso del Pd o del Terzo Polo, che avranno un deputato in più. Resta in piedi, inoltre, l'ipotesi della nascita di un gruppo parlamentare autonomo (c'è chi parla di 22 deputati). Un appuntamento per discuterne è fissato per martedì sera. Un nuovo gruppo che potrebbe essere il luogo dove far affluire i parlamentari Pdl pronti a sostenere un governo di larghe intese. Semmai dovesse nascere.


(07 novembre 2011)

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io farei fare a berlusconi un passo indietro in prossimita di un burrone....


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Il dirigente Pdl: ''Doveva dimettersi subito'', ecco la telefonata
Sul profilo Facebook e Twitter di Franco Bechis, vice direttore di Libero, la telefonata nella quale un dirigente Pdl confermerebbe le dimissioni del Presidente del Consiglio, annunciate a Omnibus


video.repubblica.it/politica/il-dirigente-pdl-doveva-dimettersi-subito-ecco-la-telefonata/80183?video=&re...
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Poco prima del voto, Berlusconi scrive su foglietti: “Prendo la fiducia oppure lascio?” Chi passa per Palazzo Grazioli racconta che il premier sta considerando tutti gli scenari, anche quello di mollare. E li disegna sulla carta per valutarne meglio le conseguenze. Nella cena di ieri ad Arcore i figli si sarebbero divisi: Marina e Pier Silvio gli consigliavano di resistere, mentre Barbara, Eleonora e Luigi premevano per l'abbandonoA pochi minuti dal voto alla Camera decisivo per la sorte del governo Berlusconi, i “malpancisti” che arrivano a palazzo Grazioli trovano il Cavaliere che maneggia un foglietto. Uno schema a tutta pagina con alcuni punti interrogativi in evidenza. “Prendo la fiducia? Lascio? Governo tecnico? Reincarico?”. A ogni domanda il Cavaliere ha inserito sul foglio una risposta, un percorso, evidenziando – riferisce chi è stato in via del Plebiscito – i pro e i contro delle ipotesi in campo.

Dal Pdl riferiscono che ieri sono state affrontati tutti gli scenari possibili e il presidente del Consiglio ha continuato a ripetere di avere intenzione di andare avanti. Anche oggi il premier ha ribadito di voler andare alla conta: devono avere la forza per buttarmi giù, mi devono far cadere, non sono uno che si arrende dall’oggi al domani, è il ragionamento del Capo dell’esecutivo che in questi giorni sta ascoltando tutti i ‘fedelissimi’ per poi trarre le conclusioni. I vertici di via dell’Umiltà sono convinti che si supererà l’asticella dei 310 voti. Il timore, però, è che il Quirinale possa tornare a invocare garanzie di governabilità.

Agli ospiti ricevuti, Berlusconi dice di fidarsi ancora di Giorgio Napolitano che, a suo dire, si è comportato sempre correttamente. L’obiettivo è sempre quello di superare lo scoglio della Camera e porre poi la fiducia al Senato sulla lettera della Bce. Ieri a confortare il premier è stato in particolar modo la figlia Marina, mentre – sostengono fonti ben informate – gli altri figli, e soprattutto Eleonora, Barbara e Luigi, avrebbero chiesto al premier di evitare lo scontro a tutti i costi. In ogni caso il Cavaliere è ancora convinto di farcela.

Ieri ad Arcore c’è stata anche una prima riunione sull’eventualità di un voto anticipato: sono stati prenotati gli spazi elettorali, sono spuntati i primi bozzetti con la scritta ‘Italia sempre’ e ‘Italia viva’, con logo e colori che si ispirano a quelli della vecchia Fi. La prima data utile per le elezioni è quella del 20 febbraio, sostengono fonti parlamentari del Pdl. “Questi malpancisti – dicono alcuni parlamentari di via dell’Umiltà – non hanno capito che così facendo accelerano il voto anticipato”.

Oggi Umberto Bossi ha detto pubblicamente di aver chiesto un passo indietro al premier per far posto ad Angelino Alfano. Ieri sera a palazzo Grazioli si è discusso anche di un tandem Monti-Letta, ma il premier ha preso tempo. In serata ha ripetuto il suo disappunto per chi si appresta a non votare il rendiconto generale, annunciando prima di lasciare Arcore di avere un appuntamento con i Radicali. Secondo i calcoli fatti anche dal Pdl, una ‘maggioranza politica’ non c’è più. Se fosse questo il riscontro del voto di oggi bisognerà capire le intenzioni del Quirinale.



www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/08/berlusconi-disegna-foglietti-prendo-fiducia-oppure-lascio...
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Berlusconi: "Mi dimetto dopo legge di stabilità"



"Il Presidente del Consiglio ha manifestato al Capo dello Stato la sua consapevolezza delle implicazioni del risultato del voto odierno alla Camera; egli ha nello stesso tempo espresso viva preoccupazione per l'urgente necessità di dare puntuali risposte alle attese dei partner europei con l'approvazione della Legge di Stabilità, opportunamente emendata alla luce del più recente contributo di osservazioni e proposte della Commissione europea". È quanto si legge nella nota diffusa dal Quirinale dopo l'incontro tra il capo dello Stato Giorgio Napolitano e il premier Silvio Berlusconi. "Una volta compiuto tale adempimento, il Presidente del Consiglio rimetterà il suo mandato al Capo dello Stato, che procederà alle consultazioni di rito dando la massima attenzione alle posizioni e proposte di ogni forza politica, di quelle della maggioranza risultata dalle elezioni del 2008 come di quelle di opposizione", conclude la nota.

www.repubblica.it/politica/2011/11/08/dirette/voto_rendiconto-24625105/?re...
[Modificato da angelico 08/11/2011 20:26]
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Pecorella: “E’ finita l’era Berlusconi”Dopo il voto sul rendiconto, la maggioranza non c’è più. “Qualsiasi altro presidente del consiglio sarebbe un impostore, voto subito”, dice Daniela Santanchè. Gaetano Pecorella, ex avvocato di Berlusconi e deputato Pdl, è lapidario: “E’ finito Napoleone, è finito Cesare, dopo 17 anni la storia cambia”.
Di Manolo Lanaro


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" La crisi finanziaria a Berlusconi gli costa il suo lavoro!"

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SILVIO BERLUSCONI
GLI ANNI DEL POTERE 1993-2011, diciannove anni di Italia sotto il segno del cavaliere. Tutti gli articoli, le inchieste, i documenti multimediali e interattivi di Repubblica, per ripercorrere la storia dell'uomo politico intrecciata a quella dell'imprenditore, tra azione di governo, periodi all'opposizione, scandali e risvolti giudiziari. Un periodo a cavallo di due secoli che ha profondamente modificato il Paese, segnando l'inizio e la fine della seconda Repubblica


www.repubblica.it/static/speciale/2011/caduta-di-berlusconi-fine-di-un-epoca/in...
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"Gli italiani stanno preparando fuochi d'artificio in attesa delle dimissioni di Silvio Berlusconi da primo ministro. Ma il suo dominio sulla vita pubblica italiana per gran parte degli ultimi 20 anni è stato tale che i loro festeggiamenti saranno in sordina per paura di non averne ancora visto la fine". Lo scrive in Financial Times on line, osservando che in Italia "c'è un certo rimorso perché non sono stati gli elettori a cacciarlo, ma anonime forze di mercato".

www.repubblica.it/politica/2011/11/11/dirette/monti_la_prima_volta_in_parlamento_al_senato_voto_sulla_legge_di_stabilit-24822577/?re...
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''Vergognati, vai a casa!'', la folla contro Berlusconi
Una piccola folla è rimasta assiepata su corso Rinascimento in attesa che finisse la riunione dei senatori del Pdl con Silvio Berlusconi. Quando il premier è uscito dal portone principale di palazzo Madama alcuni hanno urlato "vergogna vergogna" e "vai a casa"

video.repubblica.it/dossier/crisi-italia-2011/vergognati-vai-a-casa-la-folla-contro-berlusconi/804...
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Migliaia di cittadini in festa sotto i palazzi
del potere. Berlusconi al Colle alle 20.30 Giornata cruciale per il Paese: mentre Montecitorio approva il ddl, sul tavolo della politica gli scenari del post Berlusconi. D'Alema: "Governo Alfano? Assolutamente no". Tosi: "Passo indietro arriva troppo tardi"Mario Monti Con 380 voti favorevoli, la Camera dei deputati ha approvato il ddl Stabilità, che ora a tutti gli effetti è diventato l’ultima legge del governo Berlusconi. Il premier ha riunito il suo ultimo consiglio dei ministri, poi, dopo l’ufficio di presidenza del Pdl, alle 20.30 salirà al Colle per consegnare la sua lettera di dimissioni nelle mani del capo dello Stato. In quel momento, il quarto esecutivo Berlusconi diventerà un ricordo e si aprirà la fase di avvicinamento al governo di Mario Monti. Giorgio Napolitano domattina darà il via alle consultazioni ed entro la sera dovrebbe assegnare all’ex commissario dell’Ue il compito di formare il nuovo esecutivo. Che sarà tecnico e non istituzionale o politico. Lo dicono le indiscrezioni sui nomi che circolano nel totoministri: Guido Tabellini (professore di economia presso l’università Bocconi al dicastero di via xx settembre), Carlo Secchi al ministero dello Sviluppo, Lorenzo Ornaghi (il rettore della Cattolica) all’Istruzione, Lanfranco Senn alle Infrastrutture, Cesare Mirabelli alla Giustizia, Giuliano Amato agli Esteri, Enzo Moavero sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Solo tecnici, quindi: nessun politico, d’accordo con il presidente della Repubblica.

A prescindere dai nomi dei futuri ministri, Mario Monti ha presentato la lista della ‘sua’ squadra al suo predecessore, durante la colazione di lavoro che hanno avuto oggi a Palazzo Chigi, dove – lo dicono fonti della maggioranza – il premier avrebbe dato il via libera al professor Monti ad una sola condizione: che nel nuovo esecutivo ci sia spazio per il suo fedelissimo Gianni Letta. Gli stessi nomi, poi, Berlusconi li ha sottoposti all’ufficio di presidenza del Pdl riunito a Palazzo Grazioli. Il Popolo della Libertà, da par sua, non ha ancora deciso il da farsi. Nonostante gli inviti di Berlusconi a sostenere il governo tecnico, la Lega rimane intransigente: “Staremo all’opposizione, noi non cambiamo idea” hanno detto Maroni e Bossi; all’interno dei berlusconiani, invece, ci sono varie anime: gli ex An accetterebbero la fiducia a Monti, a patto che si vada al voto in tempi rapidi e per questo dovrebbero sottoporre al premer un documento ad hoc; gli scajoliani, invece, sarebbero per un governo tecnico nel più breve tempo possibile. Una posizione comune, a quanto pare, dovrebbe uscire proprio dall’ufficio di presidenza del partito.

All’interno delle opposizioni, invece, tutto come previsto: Pd e Terzo Polo sono per la fiducia incondizionata al governo Monti, mentre l’Italia dei Valori ha annunciato che voterà a favore dell’esecutivo presieduto dall’ex commissario Ue non al buio e solo se è composto da tecnici e non da politici, specie se provenienti dal Pdl. Linea, ad ora, che sembra coincidere con le volontà dello stesso Monti.

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Ricorda per sempre il 12 Novembre
Il giorno in cui il regno del triste bassotto
Nel massimo sdegno fu infine interrotto
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Re:
angelico, 08/11/2011 20.24:










AMEN!!!!!che amarezza pero'!c'e' poco da gioire,adesso c'e' da rimboccarsi le maniche,la situazione e' disastrosa!


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