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I Bitcoin sono tassati? Come inserire le attività in Dichiarazione dei redditi: le novità

Ultimo Aggiornamento: 23/10/2023 18:14
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Le criptovalute vanno dichiarate
A questo giro non si scappa. Le criptovalute detenute al 31 dicembre 2022 devono essere dichiarate nel quadro RW del modello dei redditi. La Legge di Bilancio 2023 è chiara al riguardo e al comma 129 dell’articolo 1 prevede espressamente che tutte le cripto-attività siano inserite nella dichiarazione dei redditi. E non ci sono soglie di esenzione, come per esempio quella dei 15mila euro, che riguarda esclusivamente i depositi e i conti correnti esteri. «C’è chi, paragonando gli exchange a conti correnti esteri, ritiene che se le cripto-attività hanno una valorizzazione inferiore ai 15mila euro non debbano essere inserite in dichiarazione. Ma è un’interpretazione che non ha alcun fondamento legale e che non è mai stata avallata dall’Agenzia delle Entrate», commenta Francesco Avella, partner dello Studio Avella e Associati, che ricorda come la mancata dichiarazione esponga il detentore di cripto-attività a una sanzione, per ogni anno di omissione, pari al 3% dell’importo che andava dichiarato. Importo che, secondo le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate, deve corrispondere al valore di mercato dei crypto-asset al 31 dicembre 2022, anche se tecnicamente l’importo da indicare sarebbe più propriamente quello del costo di acquisto.

Asset esteri inseriti nel quadro RW
«Il quadro RW ha delle regole precise, contenute in un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate – precisa Avella –. Nello specifico il provvedimento recita che gli asset esteri vanno inseriti nel quadro RW al valore su cui si applicherebbe l’Ivafe (l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero, ndr) anche laddove l’Ivafe non è applicabile. Secondo le norme che regolano l’Ivafe, solo gli asset scambiati su un mercato regolamentato devono essere indicati al valore di mercato. E le cripto-attività non hanno un mercato regolamentato. Proprio per questo il criterio di valorizzazione non può essere quello di mercato. E non può essere neanche quello del valore di rimborso o del valore nominale, che le cripto-attività non hanno. Resta quindi esclusivamente il criterio residuale del costo di acquisto. Ma per non esporsi al rischio di obiezione da parte dell’Agenzia delle Entrate, potrebbe convenire adeguarsi alle indicazioni di prassi e portare i crypto-asset in dichiarazione al valore di mercato a fine 2022».


I documenti necessari
Per adempiere correttamente ai propri obblighi fiscali, Avella consiglia come prima cosa di scaricare gli estratti conto bancari da cui sono stati trasferiti i fondi per investire in cripto-attività ed il resoconto delle proprie posizioni dalla piattaforma (o dalle piattaforme) su cui si detengono le cripto-attività (che sia un intermediario, un broker o exchanger), «per poi verificare se il controvalore massimo delle cripto-attività possedute abbia superato o meno il limite dei 51.645,69 euro nel corso dell’anno. Solo in tal caso, infatti, in virtù della normativa fiscale sulle criptovalute vigente fino al 31 dicembre dello scorso anno, le eventuali plusvalenze realizzate nell’anno fiscale 2022 dovranno essere assoggettate a una tassazione del 26%. In caso contrario, invece, ci si dovrà preoccupare esclusivamente dell’adempimento informativo del quadro RW».


Le scadenze
E se per inviare il quadro RW al Fisco c’è tempo fino al 30 novembre, i tempi per decidere se rivalutare o meno le proprie cripto-attività al valore dell’1 gennaio 2023 sono più stretti; bisognerà decidere entro il prossimo 30 settembre. In pratica, sfruttando l’opportunità concessa dall’ultima Legge di Bilancio, chi dovesse optare per la strada della rivalutazione assumerebbe il valore di mercato di inizio anno come base di calcolo per il calcolo delle eventuali plusvalenze realizzate negli anni successivi, versando però subito al Fisco il 14% di tale valore. Per fare un esempio pratico, il bitcoin all’1 gennaio 2023 aveva un valore di mercato di circa 15.427 euro. Assumendo di possedere 1 bitcoin, scegliendo la strada della rivalutazione bisognerà pagare all’Erario una imposta di 2.160 euro (il 14% di 15.427 euro) per poi utilizzare il valore di 15.427 euro come base di calcolo per determinare i potenziali redditi futuri. «Una strada opzionale che ha convenienza a percorrere solo chi ha in carico cripto-asset a prezzi molto bassi (inferiori a 7.120 euro nel caso del bitcoin, ndr) e tali che le imposte ordinarie (al 26%, ndr) calcolate sulla differenza tra il valore all’1 gennaio 2023 e l’effettivo prezzo di carico siano più basse rispetto al valore della sanatoria al 14%», puntualizza Avella.




Ravvedimento operoso
Per i periodi di imposta precedenti al 2022, e nello specifico quelli che vanno dal 2018 al 2021, la Legge di Bilancio 2023 (commi 138-142 dell’art. 1) prevede la possibilità di regolarizzare le proprie posizioni indicando, attraverso un ravvedimento operoso, sia le posizioni in criptovalute detenute alla fine di ogni anno sia le eventuali plusvalenze realizzate e assoggettabili a ritenuta fiscale. Chi non ha realizzato redditi può regolarizzare la propria posizione presentando istanza secondo il modello dell’Agenzia delle Entrate e versando la sanzione per omessa dichiarazione pari allo 0,5% (per ciascun anno) del valore delle attività non dichiarate. Chi ha realizzato dei redditi, invece, dovrà pagare un’ulteriore imposta sostitutiva del 3,5% del valore delle attività detenute al termine di ciascun anno o al momento del realizzo.











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