Bologna, l'intervento nel 2016 alla casa di cura Villa Erbosa: per il giudice le complicazioni che hanno portato alle amputazioni derivano da analisi preparatorie lacunose. Condannate anche due strutture sanitarie lombarde
villa erbosa
Da un’operazione per correggere l’alluce valgo all’amputazione di piede e gamba. La vicenda, risale al novembre 2016 e vede protagonista un lombardo di 77 anni e tre diverse strutture ospedaliere, tra cui Villa Erbosa di Bologna. Per le tre istituzioni ieri è arrivata la condanna, da parte di un giudice di Bologna, al risarcimento per i danni procurati.
Analisi preparatorie lacunose
A determinare l’amputazione del piede sinistro e della gamba destra della vittima 77enne sono state alcune patologie pregresse ma non riscontrate nelle visite di preparazione all’intervento. Se scoperte per tempo, queste patologie avrebbero portato a una controindicazione dell’operazione. Inoltre, in sala operatoria l’uomo ha contratto una infezione che ha portato a delle complicazioni ulteriori. Il giudice bolognese che ha emesso la sentenza si è avvalso di una consulenza tecnica di ufficio, secondo la quale l’operazione, avvenuta a Villa Erbosa, sia stata eseguita senza svolgere prima i «necessari e doverosi accertamenti angiologici». Inoltre, l’infezione contratta dal paziente non è stata «adeguatamente e tempestivamente curata dai sanitari».
Le altre strutture
Le altre due strutture ospedaliere coinvolte sono entrambe lombarde. All’Istituto Humanitas Mater Domini di Castellanza, in provincia di Varese, il giudice ha contestato di aver individuato il quadro settico (cioè relativo all’infezione) troppo tardi e di aver proceduto al ricovero del 77 enne solo quando la situazione era già grave, dopo un accesso al Pronto soccorso. «L’evoluzione negativa delle condizioni del paziente in seguito registratasi — ha scritto il giudice —, culminata dapprima con l’amputazione del piede sinistro e poi della gamba destra, trova dunque origine nelle condotte negligenti attuata dalle due strutture». È qui che entra in gioco il terzo ospedale, l’ex San Gerardo dell’Asst di Monza, oggi Fondazione San Gerardo dei Tintori. Anche alla struttura monzese viene contestata la tempistica di intervento, in ritardo e inadeguata. Il paziente, infatti, era stato dimesso dalla struttura. Secondo il giudice, un intervento più veloce avrebbe permesso di evitare dell’aggravarsi del decorso clinico e, quindi, di salvare l’altro arto. L’uomo è stato quindi costretto a rivolgersi a un quarto ospedale, dove però gli è stata spiegata la gravità della situazione e dove si è pertanto proceduto all’amputazione.
Risarciti anche i figli
Il risarcimento è stato sancito sia alla vittima che ai suoi due figli, in particolare per quello che lo ha assistito più da vicino che ha visto le sue condizioni di vita peggiorare per via di questa vicenda. Secondo il loro avvocato, Giuseppe Badolato, che nell’iter giudiziario è stato assistito dal medico legale Roberto Molteni, si tratta di una «vittoria di Pirro», anche se fortemente voluta dal 77enne e dai famigliari. Nella sua relazione il giudice ha sottolineato come nessuno dei tre ospedali si sia presentato al tentativo di mediazione, «determinandone il fallimento, senza addurre alcun giustificato motivo che non può essere ravvisato nella ritenuta infondatezza della domanda» avanzata dall’uomo, rimasto invalido e segnato, oltre che da un danno biologico, anche dalla sofferenza morale che ne consegue.
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