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Maranza, chi sono i giovani delle periferie che ispirano la moda: look, famiglie difficili e orgoglio per le origini

Ultimo Aggiornamento: 08/09/2023 22:41
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Ragazzi di prima e seconda generazione arrivati in Italia dal Nord Africa. Vivono nelle periferie e alcuni sono stati protagonisti di episodi di micro criminalità. Le scarpe sportive e l'immancabile borsello o marsupio


A sinistra l'illustrazione di Franco Portinari

Gli ultimi arrivati, moda dell’estate 2023, sono gli occhialoni da ciclista. Lenti a specchio dai colori cangianti. D’inverno si passa al «balaclava», passamontagna leggero. L’abbinata però è sempre la stessa, con marsupio (rigorosamente a tracolla sul petto) o meglio ancora la sacoche, il borsello. E poi scarpe Nike Tn squalo e in versione seral/estiva ciabattoni con rigoroso calzino a contrasto. La moda nasce dalla strada e oggi — dopo che anche Vogue s’è occupata del fenomeno «maranza» — molte griffe del lusso sfoggiano capi ispirati allo street style di questi ragazzi di prima e seconda generazione arrivati dal Nordafrica.

Furti e pestaggi
Loro sono giovani, giovanissimi, e rivendicano — migliaia i video sul social di riferimento TikTok — l’orgoglio maghrebino. Anche se a volte le loro vite raccontano storie di integrazione difficile. A Milano, come a Brescia e Torino, sono spesso l’incubo di negozianti, baristi e, soprattutto, ragazzini. Perché, anche se chi commette reati è solo una piccola minoranza, i maranza sono stati protagonisti di assalti, pestaggi e rapine a coetanei. Tra i Navigli, corso Como e l’Arco della Pace, il novanta per cento delle aggressioni a giovanissimi è opera loro. Nelle denunce la descrizione è sempre identica: un gruppo di ragazzini nordafricani che circonda la preda e, partendo dalla richiesta di una sigaretta, la colpisce con calci e pugni prima di scappare con cellulare, portafoglio o catenina.

Molti degli arrestati in questi mesi da polizia e carabinieri, hanno esperienze di disagio alle spalle: piccoli furti, fughe dalle comunità, carcere minorile, famiglie disagiate. O solo un posto letto in condivisione nell’appartamento dormitorio messo a disposizione da qualche lontano cugino. Non è un caso se solo il Comune di Milano ha in carico oltre 1.300 minori stranieri non accompagnati, l’ultima frontiera dell’immigrazione dal Mediterraneo.

Dalle periferie
Le compagnie sono miste: marocchini ed egiziani su tutti, ma anche tunisini e algerini. Alcuni hanno cittadinanza francese o spagnola, altri sono nati in Italia. Ma non è raro trovare nel melting pot slavi e sudamericani. Tutti uniti dall’unica vera esperienza comune: la periferia. Quando dopo il Covid ci sono state mega risse e «rivolte» aizzate da trapper emergenti, la polizia ha guardato preoccupata ai venti che si levavano dalle periferie milanesi. Analisi e studi hanno concluso una sola cosa: zero collanti politici o religiosi, nessun rischio banlieue, ma un disagio sociale ed economico in forte crescita.

Il termine e i riferimenti
Sull’etimologia del termine maranza ci sono scuole di pensiero diverse. I paninari degli anni Ottanta rivendicano la fusione tra «marocchino» e «zanza», piccolo ladruncolo in milanese. Il termine quindi è tutt’altro che nuovo e nasconde un certo razzismo. Loro però rivendicano con orgoglio l’essenza dell’essere maranza, nel bene e anche nel male (furti e rapine), tra video social con consigli d’abbigliamento, racconti di risse e balli sull’inno della generazione maranza: la canzone «Alicante» di Gambino, trapper magrebino di Marsiglia.

L’esplosione mediatica risale all’estate scorsa con il mega raduno di Peschiera del Garda lanciato via social. Ma basta guardare i video musicali degli ultimi tre anni per rendersi conto di quanto il maranza-style sia ormai più di una subcultura urbana. Oggi il taglio di capelli (rasato ai lati con riccioli di permanente sulla fronte) spopola anche tra i giovanissimi figli di papà milanesi. La contaminazione però si ferma alla moda. Le differenze economiche tagliano fuori i maranza da locali e divertimento. Così nella Milano d’agosto la movida è fai da te: serate con vista Darsena sui Navigli tra birre e amari comprati nei minimarket e una sempre rifornita scorta di hashish. La musica arriva dalle immancabili casse bluetooth: ritmi di trap, drill e musica araba. Come l’arabo è la lingua usata per comunicare, aspetto che crea un’ulteriore ghettizzazione.




milano.corriere.it/notizie/cronaca/23_agosto_22/maranza-chi-sono-i-giovani-delle-periferie-che-ispirano-la-moda-look-famiglie-difficili-e-orgoglio-per-le-origini-87919a5f-9a4d-4cdd-8d60-e2b8f8f27xlk.shtml?re...
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