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Buoni fruttiferi postali, la Cassazione: lo Stato può cambiare il tasso di interesse quando vuole

Ultimo Aggiornamento: 13/03/2019 19:28
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La Corte di Cassazione ha stabilito che per i Buoni sottoscritti prima della legge del 1999 basta un decreto ministeriale perché il rendimento cambi, anche in modo retroattivo. E senza che l’investitore venga informato

di FEDERICO FORMICA
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12 Marzo 2019
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Buoni fruttiferi postali, la Cassazione: lo Stato può cambiare il tasso di interesse quando vuole
Cattive notizie in arrivo per chi ha investito in Buoni fruttiferi postali prima del 1999. Lo Stato infatti può cambiare le regole del gioco in corsa, anche in modo retroattivo. Giusto o ingiusto che sia, è una condotta che la Cassazione ha appena legittimato con una sentenza.

Fino a pochi giorni fa infatti, i risparmiatori potevano sentirsi protetti dallo “scudo” dei giudici di piazza Cavour. Ma oggi le cose sono cambiate. E in modo radicale. Il provvedimento dell’11 febbraio, emesso dalle Sezioni Unite della Cassazione, ha infatti smentito una sentenza dello scorso 2007. In quel frangente gli ermellini affermarono che sottoscrivere un buono (compreso il tasso di interesse) equivale, in tutto e per tutto, a firmare un contratto. E quell’accordo non può essere modificato in corsa.

“Oggi la Cassazione arriva alla conclusione opposta. E quel che è peggio, per il povero risparmiatore, è che lo fa affermando espressamente di non contraddire il proprio precedente” spiega Aldo Bissi del comitato scientifico di Ridare, portale di Giuffrè Francis Lefebvre che affronta tutte le tematiche in materia di risarcimento del danno e responsabilità civile.

Ecco cos’è successo. In origine, l’investimento in Buoni fruttiferi postali era regolato dall’articolo 173 del Codice Postale, risalente al 1973. Che però, spiega Bissi, è stato abrogato nel 1999 dal decreto legislativo 284. Quest’ultima legge ha precisato che i rapporti in essere, libretti e buoni fruttiferi postali, continuavano a essere regolati secondo le leggi anteriori. Cioè dal Codice Postale, che consente allo Stato di cambiare le carte sul tavolo. La Corte ha quindi messo una pietra tombale su chi ha acquistato i Buoni prima del 1999: per loro vale la vecchia legge.

Il risultato, sottolinea l’avvocato in modo sarcastico, “è un capolavoro”. Se il tasso di interesse viene cambiato a sfavore del consumatore, i suoi Buoni vengono considerati come “rimborsati” con il tasso stabilito in origine e “convertiti in titoli della nuova serie con il relativo tasso di interesse”.

Resta, però, la possibilità di recedere dal contratto, incassando quanto spetta secondo il tasso di interesse originario e più vantaggioso.

Il problema, secondo l’esperto di Ridare, è che dal 1973 a oggi le cose sono cambiate. “La Cassazione non ha dato alcuna rilevanza al fatto che oggi Poste Italiane è un soggetto di diritto privato, ritenendo invece di evidenziarne la discendenza storica da un’azienda autonoma dello Stato, diventata poi Ente pubblico economico”. Un aspetto tutt’altro che secondario: equiparando le Poste a un soggetto statale, infatti, la Cassazione giustifica l’entrata a gamba tesa sul piccolo investitore, visto che in questo caso “la disciplina a tutela dei consumatori è inapplicabile”, continua la Suprema Corte.

I cittadini che sottoscrivono i Buoni fruttiferi postali dovrebbero quindi tenere gli occhi bene aperti. Anche perché le Poste, secondo la Corte, non sono obbligate a fargli firmare un’informativa che spieghi in modo dettagliato dettagli e rischi dell’operazione (compreso il fatto che il tasso d’interesse potrebbe variare in modo retroattivo), ma sarà sufficiente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle norme che disciplinano la collocazione dei Buoni.


www.repubblica.it/economia/diritti-e-consumi/banche-e-assicurazioni/2019/03/12/news/buoni_fruttiferi_postali_la_cassazione_lo_stato_puo_cambiare_il_tasso_di_interesse_quando_vuole-221043004/?ref=RHPPBT-VE-I0-C6-P22...
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