L'orrore dei serial killer
"Ridevano dopo i delitti"
Le intercettazioni choc della banda incastrata dopo aver commesso quattro omicidi tutti per futili motivi. Nel gruppo anche due minorenni
di MARA CHIARELLI
Lo leggo dopo
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GELOSIA, facile guadagno, ma soprattutto smania di potere, ottenuto con violenza e ferocia. Ha le caratteristiche di un disinibito boss di provincia, senza scrupoli, Francesco Giannella, trentenne capo della banda che in cinque mesi ha seminato sangue e terrore a Manfredonia. Quattro gli omicidi attribuiti a lui, da maggio a novembre scorsi, e tutti per futili motivi.
La sua personalità e le responsabilità degli altri componenti la banda sono contenuti nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per cinque persone e in istituti di pena per due minorenni, emessa dai giudici Elena Carusillo e Patrizia Famà. Le indagini, condotte dagli agenti della Squadra mobile di Foggia e del commissariato di Manfredonia, con l’ausilio dei carabinieri, hanno fatto emergere uno spaccato criminale degno della migliore fiction televisiva, nel quale giovani incensurati e figli di gente perbene, ammazzano per capriccio.
La risata di Giannella, intercettata dalle microspie della polizia mentre racconta di aver ucciso Francesco Castriotta e Antonio Balsamo, fa rabbrividire e dà la misura del personaggio. Castriotta è stato freddato per portargli via due chili di hashish, Balsamo solo perché testimone dell’omicidio.
E, un’ora dopo averli ammazzati, in auto con la sua fidanzatina diciassettenne e con un altro ragazzino, di ritorno dalle campagne dove sono state ripulite le tracce del duplice delitto, prende in giro il ragazzino che, in silenzio, si prepara uno spinello.
Qualche tempo dopo lo racconta ridendo a un altro componente la banda, Leonardo Salvemini: «Quando me ne sono andato, l’amico mio non parlava più... La ragazza tutta contenta rideva, scherzava. Dopo non mi ricordo cosa ho chiesto all’amico mio, gli ho detto, e non parlava, dopo ha fatto “ah? Dimmi Francesco”. E io gli ho fatto “oh!”. Mi è venuta così proprio, ci siamo messi a ridere forte, ho detto “Che è morto qualcuno?”, ci siamo messi a ridere forte».
Giannella, orfano di padre e con la mamma che lavora come badante, non digerisce che qualcuno abbia attenzioni per la sua fidanzata. E così quando lei gli racconta che Cosimo Salvemini, con il quale aveva avuto in precedenza
una relazione, qualche giorno prima l’ha invitata a casa sua, le ha offerto una canna e poi ci ha provato, lui decide di punirlo.
Lei, studentessa all’istituto magistrale, mamma casalinga e papà che lavora in un ristorante, glielo dice per farlo ingelosire e pareggiare il conto dopo aver saputo che si è fatto vedere in giro, nella sua Alfa 145 rossa, con un’altra. E il 18 luglio 2012 partecipa, con freddezza e determinazione al piano per ucciderlo: si veste carina, fa credere a Salvemini che ci sta, lo invita a fumare insieme nel box dell’altro diciassettenne, nella zona conosciuta come “i cento box”.
Una volta all’interno, entrano in azione Giannella, Ilario Conoscitore ed Emmanuele Biondi che prima lo accompagnano a casa e si fanno consegnare due chili di hashish, poi lo picchiano e lo rinchiudono nel bagagliaio dell’auto. Ed è inutile lo sguardo di aiuto che il ragazzo rivolge alla sua ex, che gli risponde: «Sta Franco, non posso fare niente».
Salvemini cerca di scappare e gli spaccano il naso, poi lo portano in campagna dove gli sparano e lo finiscono a colpi di vanga. Il suo corpo sarà ritrovato il 10 dicembre 2012, sotterrato in una vasca di raccolta acque nei pressi dell’aeroporto militare Amendola, dove era stato spostato.
Giannella diventa feroce anche quando, il 5 novembre, dopo aver deciso di rapinare Matteo Di Bari, averlo seguito fino al garage, averlo picchiato, imbavagliato e bloccato con lo scotch, e avergli trovato in casa solo 700 euro, due telefoni cellulari e alcuni attrezzi agricoli, si sente rispondere: «Vi
avevo detto che non ho niente».
Matteo Di Bari viene ucciso a colpi di cric e con un taglio di coltello alla gola. In quel garage di Manfredonia, oltre a Giannella, ci sono la giovane fidanzata, Ilario Conoscitore e Leonardo Salvemini.
È violento anche quando il 30 novembre rapina con Salvemini e Conoscitore il distributore di benzina Basile, sulla statale 89 tra Manfredonia e Foggia. I preparativi vengono registrati, nell’Alfa 145, dalle microspie della polizia: «Spegnete i telefoni», «Alzati il bavero, togli la sciarpa, alzati il bavero che si vedono solo gli occhi». All’interno, Salvemini e Giannella sparano contro una bottiglia, terrorizzando i due anziani titolari, poi scappano con 700 euro.
Ma fuori ci sono già i poliziotti, guidati dal capo della Squadra mobile Alfredo Fabbrocini che avevano seguito tutto in diretta. I tre vengono bloccati e poi divisi: da una parte Giannella, nell’Alfa gli altri due che, ignari di essere intercettati, commentano l’arresto. Conoscitore chiede al suo amico: «Franco a te cosa ti ha detto prima che ti prendevano?».
E Salvemini risponde: «In poche parole che dovevamo sparare agli sbirri». Conoscitore commenta: «Sparare agli sbirri, come se fosse facile, era pieno di sbirri».
(03 febbraio 2013)
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