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Foggia, presa la banda dei serial killer in manette anche due minorenni

Ultimo Aggiornamento: 03/02/2013 10:49
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Foggia, presa la banda dei serial killer
in manette anche due minorenni
Quattro omicidi in cinque mesi: una ragazzina e altri tre incensurati tra le sette persone arrestate. A capo del gruppo un trentenne con piccoli precedenti
di PIERO RUSSO
Lo leggo dopo
Il dirigente della Mobile Alfredo Fabbrocini
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Manfredonia, le intercettazioni della banda dei serial killer
Giovanissimi, incensurati. E assassini seriali a sangue freddo. C'è anche una ragazzina tra i presunti killer fermati all'alba dalla polizia a Manfredonia. In manette per aver commesso quattro omicidi in cinque mesi è finita una banda di sette persone, tra cui due minorenni, smascherata dagli agenti del commissariato di Manfredonia guidati da Luciano Di Prisco e da Alfredo Fabbrocini e i suoi uomini della squadra mobile di Foggia. Alle indagini hanno preso parte anche i carabinieri. Per i cinque maggiorenni l'ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata chiesta dai sostituti procuratori foggiani Alessandra Fini, Rosa Pensa e Giuseppe Riccio, mentre per i due minorenni dal pm Carla Spagnuolo, della Procura per i minorenni di Bari.

VIDEO: "I killer al telefono"

Per la banda una serie di accuse. Due delle persone coinvolte nell'inchiesta erano già detenute per alcuni degli agguati. Sei indagati sono responsabili a vario titolo degli omicidi, mentre uno è accusato di detenzione di droga. A capo del gruppo ci sarebbe Francesco Giannella, 30 anni, che ha un precedente per rapina commessa nel 2007. La sequenza di omicidi è iniziata il 5 giugno con l'agguato a Siponto contro Francesco Saverio Castriotta e Antonio Balsamo. Quest'ultimo fu colpito con quattro proiettili alla testa e al torace mentre era alla guida della sua auto. A pochi metri, in un campo di sterpaglie, fu trovato il cadavere semicarbonizzato di Castriotta.

Il 5 novembre, invece, durante una rapina nel suo appartamento, fu ucciso Matteo Di Bari, 59 anni, ex Lsu ed operaio edile nella città sipontina, che ebbe la sventura di riconoscere i suoi rapinatori e quindi pagò con la morte. Fu ritrovato senza vita, con mani e piedi legati con scotch, il cranio sfondato con un oggetto contundente e un profondo taglio alla gola. Gli erano stati sottratti una collana e 700 euro, oltre ad attrezzi e a una tanica di gasolio. Per quell’omicidio furono arrestati tre giovani, Leonardo Salvemini, Francesco Giannella e Ilario Conoscitore. Durante la cattura, pare che Giannella avesse anche cercato di convincere gli amici ad uccidere gli agenti di polizia.

Dalle indagini per la morte di Di Bari si venne a capo di un altro efferato omicidio, quello di Cosimo Salvemini, il ventunenne di Manfredonia che il 18 luglio 2012 era scomparso. Quel giorno, Cosimo aveva accompagnato a casa, alle 21, la fidanzata con il suo Piaggio Liberty bianco. Lo scooter fu trovato tre giorni dopo in località Acqua di Cristo con le chiavi inserite nel quadro comandi e il casco poggiato sul sellino. A dicembre il suo corpo fu ritrovato nei pressi dell’aeroporto militare di Amendola tra Foggia e Manfredonia, ridotto oramai a scheletro.

“Quel che ci ha più colpito – ha detto il commissario Di Prisco – è la grande omertà con cui conviviamo a Manfredonia. Le nostre indagini non sono scaturite da ‘soffiate’ o dall’aiuto di amici e conoscenti delle vittime, ma solo dalla grande professionalità e dalla conoscenza del territorio dei miei uomini”.

(02 febbraio 2013) © RIPRODUZIONE RISERVATA


bari.repubblica.it/cronaca/2013/02/02/news/banda_di_assassini_a_sangue_freddo-5...
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L'orrore dei serial killer
"Ridevano dopo i delitti"
Le intercettazioni choc della banda incastrata dopo aver commesso quattro omicidi tutti per futili motivi. Nel gruppo anche due minorenni
di MARA CHIARELLI
Lo leggo dopo

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Dall'omicidio allo spaccio
la lunga rete di imputazioni

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Manfredonia, le intercettazioni della banda dei serial killer
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Foggia, presa la banda dei serial killer
in manette anche due minorenni
GELOSIA, facile guadagno, ma soprattutto smania di potere, ottenuto con violenza e ferocia. Ha le caratteristiche di un disinibito boss di provincia, senza scrupoli, Francesco Giannella, trentenne capo della banda che in cinque mesi ha seminato sangue e terrore a Manfredonia. Quattro gli omicidi attribuiti a lui, da maggio a novembre scorsi, e tutti per futili motivi.

La sua personalità e le responsabilità degli altri componenti la banda sono contenuti nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per cinque persone e in istituti di pena per due minorenni, emessa dai giudici Elena Carusillo e Patrizia Famà. Le indagini, condotte dagli agenti della Squadra mobile di Foggia e del commissariato di Manfredonia, con l’ausilio dei carabinieri, hanno fatto emergere uno spaccato criminale degno della migliore fiction televisiva, nel quale giovani incensurati e figli di gente perbene, ammazzano per capriccio.
La risata di Giannella, intercettata dalle microspie della polizia mentre racconta di aver ucciso Francesco Castriotta e Antonio Balsamo, fa rabbrividire e dà la misura del personaggio. Castriotta è stato freddato per portargli via due chili di hashish, Balsamo solo perché testimone dell’omicidio.

E, un’ora dopo averli ammazzati, in auto con la sua fidanzatina diciassettenne e con un altro ragazzino, di ritorno dalle campagne dove sono state ripulite le tracce del duplice delitto, prende in giro il ragazzino che, in silenzio, si prepara uno spinello.
Qualche tempo dopo lo racconta ridendo a un altro componente la banda, Leonardo Salvemini: «Quando me ne sono andato, l’amico mio non parlava più... La ragazza tutta contenta rideva, scherzava. Dopo non mi ricordo cosa ho chiesto all’amico mio, gli ho detto, e non parlava, dopo ha fatto “ah? Dimmi Francesco”. E io gli ho fatto “oh!”. Mi è venuta così proprio, ci siamo messi a ridere forte, ho detto “Che è morto qualcuno?”, ci siamo messi a ridere forte».

Giannella, orfano di padre e con la mamma che lavora come badante, non digerisce che qualcuno abbia attenzioni per la sua fidanzata. E così quando lei gli racconta che Cosimo Salvemini, con il quale aveva avuto in precedenza
una relazione, qualche giorno prima l’ha invitata a casa sua, le ha offerto una canna e poi ci ha provato, lui decide di punirlo.

Lei, studentessa all’istituto magistrale, mamma casalinga e papà che lavora in un ristorante, glielo dice per farlo ingelosire e pareggiare il conto dopo aver saputo che si è fatto vedere in giro, nella sua Alfa 145 rossa, con un’altra. E il 18 luglio 2012 partecipa, con freddezza e determinazione al piano per ucciderlo: si veste carina, fa credere a Salvemini che ci sta, lo invita a fumare insieme nel box dell’altro diciassettenne, nella zona conosciuta come “i cento box”.

Una volta all’interno, entrano in azione Giannella, Ilario Conoscitore ed Emmanuele Biondi che prima lo accompagnano a casa e si fanno consegnare due chili di hashish, poi lo picchiano e lo rinchiudono nel bagagliaio dell’auto. Ed è inutile lo sguardo di aiuto che il ragazzo rivolge alla sua ex, che gli risponde: «Sta Franco, non posso fare niente».

Salvemini cerca di scappare e gli spaccano il naso, poi lo portano in campagna dove gli sparano e lo finiscono a colpi di vanga. Il suo corpo sarà ritrovato il 10 dicembre 2012, sotterrato in una vasca di raccolta acque nei pressi dell’aeroporto militare Amendola, dove era stato spostato.

Giannella diventa feroce anche quando, il 5 novembre, dopo aver deciso di rapinare Matteo Di Bari, averlo seguito fino al garage, averlo picchiato, imbavagliato e bloccato con lo scotch, e avergli trovato in casa solo 700 euro, due telefoni cellulari e alcuni attrezzi agricoli, si sente rispondere: «Vi
avevo detto che non ho niente».

Matteo Di Bari viene ucciso a colpi di cric e con un taglio di coltello alla gola. In quel garage di Manfredonia, oltre a Giannella, ci sono la giovane fidanzata, Ilario Conoscitore e Leonardo Salvemini.

È violento anche quando il 30 novembre rapina con Salvemini e Conoscitore il distributore di benzina Basile, sulla statale 89 tra Manfredonia e Foggia. I preparativi vengono registrati, nell’Alfa 145, dalle microspie della polizia: «Spegnete i telefoni», «Alzati il bavero, togli la sciarpa, alzati il bavero che si vedono solo gli occhi». All’interno, Salvemini e Giannella sparano contro una bottiglia, terrorizzando i due anziani titolari, poi scappano con 700 euro.
Ma fuori ci sono già i poliziotti, guidati dal capo della Squadra mobile Alfredo Fabbrocini che avevano seguito tutto in diretta. I tre vengono bloccati e poi divisi: da una parte Giannella, nell’Alfa gli altri due che, ignari di essere intercettati, commentano l’arresto. Conoscitore chiede al suo amico: «Franco a te cosa ti ha detto prima che ti prendevano?».

E Salvemini risponde: «In poche parole che dovevamo sparare agli sbirri». Conoscitore commenta: «Sparare agli sbirri, come se fosse facile, era pieno di sbirri».


(03 febbraio 2013)


bari.repubblica.it/cronaca/2013/02/03/news/l_orrore_dei_serial_killer_ridevano_dopo_i_delitti-51836049/?ref...
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