Tanto per ricordare chi è il personaggio, ho trovato questo articolo su Tiscali notizie:
Cè, il leghista duro e puro che lascia Bossi e "sposa" Di Pietro
di Claudio Sabelli Fioretti (http://www.sabellifioretti.it)
Il nome, o meglio il cognome, non è il massimo. Cè. Un invito ai giochi di parole. Cè o ci fa? Cè o non c’è? Non oso pensare che cosa doveva sopportare a scuola dove i giochi di parola sui nomi sono all’ordine del giorno. Alessandro Cè, dentista in Valtrompia, provincia di Brescia. Leghista che più leghista non si poteva. Uno che per i clandestini voleva i lavori forzati, come non bastassero quelli che già debbono sopportare raccogliendo pomodori dall’alba al tramonto. Uno che per dimostrare entusiasmo per il federalismo e odio per il centralismo disse che alle partite della nazionale di calcio tifava contro l’Italia. Uno duro e puro che al suo alleato Publio Fiori dette del fascista. Poi, due anni fa, l’abbandono. Basta Lega. Disse: “E’ diventato un partito di Palazzo che sta con i poteri forti”. Insulto peggiore non poteva inventare. E adesso l’annuncio a sorpresa. Il leghista duro e puro approda nel partito di Di Pietro. Sempre duro e puro ma insieme a quelli che una volta gli facevano un po’ schifo. Di Pietro non va tanto per il sottile. Ha imbarcato i meglio voltagabbana. Ha aperto le sue porte perfino a indagati e sospettati, proprio lui che tuona contro i condannati in Parlamento. Vuoi che dica di no ad un leghista?Io Cè l’ho conosciuto nel luglio del 2003, sei anni fa. Era capogruppo leghista alla Camera. Durante l’intervista ebbe parole pesanti per tutti, anche per quelli della sua parte. "Io devo rendere conto solo ai miei elettori", diceva. "Noi della Lega diciamo sempre quello che pensiamo. Non abbiamo paura di perdere il seggio come tanti nostri alleati. La differenza sostanziale tra noi e An e l'Udc è che noi siamo un po' matti". Un po’? Lui che aveva chiamato Ciampi populista, Fini traditore, che aveva urlato vergogna vergogna a Casini, che aveva accusato le reti Mediaset di razzismo perché la Gialappa’s lo aveva chiamato "europirla".Anche alle mie domande rispose con cattiveria e sincerità. Volonté aveva detto che Cè gli faceva venire il latte alle ginocchia. E lui: "Non credo che Volonté possa assurgere al ruolo di mio nemico. Preferisco nemici veri, quelli che mi aggrediscono con veemenza ma fanno politica in maniera sincera. Non sopporto gli ipocriti, gli arrivisti". Con Ignazio La Russa, va meglio? “Non stravedo nemmeno per lui. Simpaticone ma invadente. Uomo da gossip. Grande visibilità, mondanità, ma carente in politica”.Gli chiesi di dirmi la sua anche sulla "triade dell’adulazione", Vito, Schifani e Bondi. “Vito è un ottimo esecutore di una strategia ben stabilita dal Cavaliere. Ma non rientra nella categoria degli adulatori. Gli altri due sono più che altro dei portavoce che utilizzano toni addomesticati ed eteroguidati. Schifani è quello specializzato nell'esegesi del pensiero di Berlusconi. Bondi è la voce ecclesiastica di Berlusconi”. Non fu tenero nemmeno con Berlusconi. Era appena successo l’incidente Schulz al Parlamento europeo. "Berlusconi ha perso il controllo", mi disse Cè. "Un politico deve stare con i piedi piantatissimi per terra".Gli chiesi anche come facesse a convivere con degli statalisti come i finiani e con dei democristiani come quelli dell'Udc. Non si nascose dietro giri di parole o concetti ipocriti: "È il sistema bipolare. Siamo andati dalla parte del male minore". Gli chiesi come facesse ad approvare leggi che favorivano, ad personam, Silvio Berlusconi. Rispose: "È stato fatto un grosso errore rimandando alcune riforme fondamentali che si sarebbero dovute fare subito. Le leggi come la Cirami, condivisibili nella sostanza, sono apparse interessate. Sono stati sbagliati i tempi".Non mi apparve un tipo brillante né particolarmente simpatico. Mi sembrò serio, convinto, sincero. Gli chiesi chi gli piacesse a sinistra. Rispose, preveggente: "Pierluigi Bersani. È fra quelli che potrebbero rappresentare il futuro di un partito di centro-sinistra realmente alternativo, non trasformista come quelli della Margherita che potrebbero stare un giorno con loro e un giorno con il Polo". Gli feci notare che anche i loro democristiani potevano essere definiti trasformisti. Di nuovo preveggente: "È vero. Una parte dei democristiani nostri potrebbe stare con loro". E fece i nomi di Follini e di Casini. Gli contestai anche lo scarso peso del suo partito. Fa un po’ impressione rileggere oggi le sue risposte: "Siamo un partito che vale molto di più del 4 per cento". Quanto vale la Lega? "Almeno il doppio".Gli chiesi di parlare di Bossi. Ma cercando di fare uso di autonomia intellettuale. Ci provò, timidamente: "Bossi si fida troppo del suo intuito nell'organizzare il partito. Non dà fiducia a persone che potrebbero risolvergli molti problemi. È stato tradito troppe volte". Questa è una critica? "Una critica benevola, ma è una critica". Un'altra, allora. "Sottovaluta l’importanza della psicologia nei rapporti umani. Quando ruppe con Forza Italia, a Berlusconi fu facile convincere molti leghisti a passare con lui. Eravamo 120 alla Camera. Ne perdemmo la metà". Già meglio. Ma può dare di più. "No. Credo che Bossi sia il miglior talento politico che abbiamo oggi nel nostro Paese". Meglio di Berlusconi? "Politicamente sì. Nella cura dell’immagine Berlusconi vale molto di più. Ma come talento politico Bossi può insegnare molto a Berlusconi".Finii con il solito gioco della torre. Buttò Follini, Casini, Mentana, Costanzo, D'Alema, Cossutta. E si esibì nell’unica battuta di tutta l’intervista. "Tra Mastella e Cossiga butto Cossiga", mi disse. "Mastella serve vivo. E’ il nostro esempio negativo. Ci serve per poter dire a chi non ci piace: ‘Sei peggio di Mastella!". Ma intanto salvò Cossiga. "È un pezzo di Prima Repubblica traghettato nella Seconda. Un riciclo. Intelligenza inaudita. Però è un ciclotimico. Un giorno dice una cosa e il giorno dopo il contrario. E tutti a giustificarlo solo perché ha gli argomenti". Ha gli argomenti? "Ne ha tanti. Tutti chiusi in cassaforte". Questa, a dir la verità, fu una seconda battuta, migliore ancora della prima.Confuso da questo torrente in piena di ironia, mi dimenticai di chiedergli di Di Pietro. Peccato. Chissà che cosa mi avrebbe risposto. Anzi lo so. Mi avrebbe detto cose orrende di Di Pietro. Le stesse che dirà fra un po’ di mesi quando, inevitabilmente lascerà l’Italia dei Valori.
17 novembre 2009
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Una cosa che non l'articolista non dice è perché Cè si dimise da assessore regionale alla sanità della Lombardia, un paio di anni fa: sosteneva che Formigoni voleva andare verso la "privatizzazione" dei servizi del 118.
"Nonostante la loro tendenza a costruire Morti Nere, mi sono sempre considerato un tipo da Impero" - Sheldon Cooper, da The Big Bang Theory