L'autogol del candidato solo
Solo Barroso è in corsa per succedere a Barroso. Nemmeno i socialisti sfidano la sua nomina. E' il torpore della politica europea?
Fra meno di due mesi il Consiglio europeo, ovvero il conclave dei capi di stato e di governo Ue, indicherà l'uomo destinato a guidare la Commissione dal 2010 e per cinque anni. Sul tavolo c'è solo nome, quello del presidente uscente, Josè Manuel Durao Barroso, portoghese, 52 anni, maoista agli esordi e poi sempre in casacca popolare, abile mediatore, grande accentratore, pragmatico quanto basta per non scontentare quasi mai nessuno. Lo sostengono gli ex colleghi premier cristanodemocratici e, altrettanto apertamente, sono con lui parecchi leader della sinistra, come Zapatero e Brown. Il fronte è compatto. Ci vorrebbe un colpo di scena per far saltare la riconferma.
E' una notizia inquietante, anche se il problema non è il portoghese di ritorno, quanto il fatto che non abbia rivali. Quando c'è un solo candidato, vuol dire che qualcosa non va. Ne occorre sempre almeno un altro, a maggior ragione se la casella da colmare è figlia della politica, luogo che per definizione è animato da confronto. Se manca il duello, al di là delle capacità del singolo, è segno che il sistema è sulla china di un intorpidimento, stato pericoloso in tempi di crisi. Da settimane non si parla della questione. Tace anche Sarkozy che avrebbe fatto volentieri a meno di un Barroso-bis. Poi ha cambiato idea per amore di compromesso e s'è portato dietro una Merkel mai del tutto convinta. Berlusconi col presidente dell'eurogoverno si è scontrato e rappacificato. Accordo fatto per la continuità. Il presidente garantisce una navigazione tranquilla. Perché cambiare?
Tutto normale se non fosse che ai socialisti è rimasto in tasca il portabandiera. Hanno pensato a Poul Nyrup Rasmussen e non hanno schierato né l'ex premier danese né qualcun altro che potesse disturbare il candidato unico. Margot Wallström, socialista svedese, numero due della Commissione, trova che sia «indice d'una preoccupante mancanza di vitalità». In realtà c'è di peggio.
Il sonno dell'eurosinistra è legato alla consapevolezza che in giugno le urne confermeranno il primato dei popolari. A ciò si aggiunge la voglia di perpetuare l'accordo che divide la legislatura a metà e spartisce la presidenza del parlamento fra i due gruppi maggioritari. Il Ppe avrà subito lo scranno più alto (l'italiano Mauro?) e il Pse andrà in scena nel secondo tempo con Martin Schulz, staffetta che per lui val bene un Barroso-bis. Che poi molti elettori europei abbiano l'impressione che Bruxelles è solo un altro suk in fondo non sembra interessare a nessuno.
purtroppo la situazione è proprio questa, negli ultimi anni (quelli della commissione barroso) l'avanzamento istituzionale e/o politico dell'Unione si è impaludato, mentre la politica usa prende la strada di un grande rinnovamento.
Purtroppo la mancanza di un vertice realmente propositivo o cmq di poteri di indirizzo politico impedisce all'europa non solo di tramutare il vantaggio economico in potere sulla scena internazionale (e vabeh), ma non permette neanche di utilizzare appieno le proprie potenzialità nei confronti degli europei.
Per questo occorre una maggiore partecipazione da e degli stessi cittadini, a partire dall'informarsi e non finendo esclusivamente nel voto di giugno.
il sonno della ragione genera mostri
caro m'è il sonno, e il più l'esser di sasso
mentre che 'l danno e la vergogna dura
Non veder, non sentir m'è gran ventura.
però non mi destar; deh, parla basso!
Ne plurimi valeant plurimum (Cicero)