In questa discussione si è affermato che il marxismo (e per estensione il movimento anticapitalista) ha esaurito ogni sua funzione, e che il futuro della nostra civiltà sarà sempre più caratterizzato dalla dialettica tra neoliberismo e socialdemocrazia (ideologie alternative ma basate entrambe sull’accettazione del capitalismo e dell’economia di mercato).
Ammetto la legittimità di questo punto di vista (che ovviamente non condivido), così come ammetto che la mia capacità di giudizio in merito può essere “offuscata” dalla faziosità.
Dunque, il comunismo è senz’altro il grande sconfitto del XX secolo, sia perché il socialismo reale, non riuscendo a costruire una forte alternativa al capitalismo, ha oltretutto partorito alcune delle esperienze politiche più tragiche del nostro secolo, sia perché il marxismo in senso stretto chiaramente non è più un’ideologia attuale, dal momento che rispondeva ad una realtà sociale e politica che non esiste più da decenni.
Ma d’altra parte, per come la vedo io, anche le grandi famiglie ideologiche del libero mercato (intendo con questo i movimenti e le correnti di pensiero politico che si sono proposte di ‘imbrigliare’ le forze del mercato in un apparato ideologico e istituzionale che avesse uno scopo, un principio cardine, vuoi la garanzia del benessere per tutti i cittadini, vuoi la ricerca della massima libertà economica per la ricchezza dello stato) hanno dimostrato in tempi recenti tutte le loro debolezze e sono incorse in un sostanziale fallimento.
La socialdemocrazia ha avuto come suo obiettivo, e successivamente come sua grande vittoria storica, il welfare state… in linea di principio, dietro l’accettazione del capitalismo, è stato il tentativo di costruire uno Stato la cui ragion d’essere fosse la garanzia del benessere economico dei cittadini. Il fallimento di questo esperimento si riscontra nel fatto che gli apparati dello stato assistenziale, nel periodo di recessione globale che stiamo attraversando ormai da anni, vengono progressivamente cancellati per snellire le spese dello stato (in Italia per fare due esempi è stata prima cancellata la scala mobile e adesso stiamo assistendo ad una graduale precarizzazione e svalutazione del lavoro). La figlia della socialdemocrazia, la tanto osannata Economia Sociale di Mercato, ci sta morendo sotto gli occhi; magari, passato il periodo di vacche magre, tornerà un bel giorno la scala mobile (comunque la veggo buia…), ma è evidente che il progetto di uno stato che, agendo nella prospettiva di un’economia capitalista, abbia come prima preoccupazione la difesa economica del popolo, resta su un piano puramente ideale.
Per quanto riguarda l’altra faccia della medaglia, il neoliberismo, il grande sogno clintoniano del WTO, il naufragio di questa esperienza è più recente e ben più rovinoso (vi consiglio un testo particolarmente illuminante in materia, scritto dal mio prof di storia contemporanea, si chiama “mappamondo postglobale”, di Alessandro Volpi)… l’ingresso dei giganti asiatici è stato un colpo durissimo per il mercato globale, ed ha scatenato una serie di effetti economici che hanno portato in sostanza ad un affossamento delle trattative interne al WTO: la stipulazione di accordi commerciali è tornata ad essere sempre più materia di accordi bilaterali tra gli Stati, la maggior parte delle potenze economiche ha iniziato a chiudersi (e a proteggersi) in sistemi regionali relativamente autonomi (ad esempio l’UE in europa e il Mercosùr in america latina), le singole nazioni favoriscono sempre di più i propri colossi nazionali pubblici o almeno solo parzialmente privati (ad esempio la Gazprom) con imponenti sovvenzioni, tornando ad essere attori principali del gioco economico, per la costernazione degli stimatori e degli ideologi del libero scambio e dell’economia globale.
Per farla breve, ogni tentativo di accostarsi al sistema economico capitalista per governarlo, moderarlo, imbrigliarlo come ho detto prima, ha dovuto fare i conti con una vecchia e consolidata realtà del capitalismo: il primato dell’economia sulla politica.
Dove ci sono in ballo gli interessi dei "poteri forti" (scusate se uso questa espressione che sa troppo di frase fatta) non ci può semplicemente essere politica, questi interessi o vengono assecondati o li si deve abbattere.
È quindi secondo me più che mai necessario che continui a rimanere in vita un punto di vista anticapitalista, quantomeno per una questione di testimonianza: del tipo “noi ci siamo ancora, un altro mondo è possibile”, in attesa di un momento in cui all’odierno assetto politico-economico venga a mancare almeno in parte il consenso culturale e sociale che è riuscito a consolidare in secoli di radicamento.
Ribadisco, fare una discussione su questo argomento impone al comunista di fare i conti con le terribili mazzate che la storia ci ha rifilato, e per questo la mia capacità di analisi può essere stata seriamente minata
[Modificato da ..SpartaK.. 26/08/2008 03:40]