00 13/07/2008 00:00
Monadologia di G. W. Leibniz

a cura di:
Rossella Fabbrichesi Leo
Università degli Studi di Milano


La Monadologia, redatta da Leibniz nel 1714 e pubblicata postuma nel 1720, fu composta su sollecitazione dell’amico Rémond e di un circolo poetico parigino che voleva mettere in versi il sistema monadologico. Il suo titolo originario era Principi di filosofia. Composta da 90 tesi, essa è un perfetto compendio della filosofia dell’autore e rivela, secondo Heidegger, “l’impalcatura della metafisica occidentale”. Il suo elaborato richiama un altro testo coevo e dalle identiche finalità: i Principi razionali della natura e della grazia Considereremo le idee centrali di entrambi, utilizzando per il primo l’abbreviazione M, per il secondo PNG.



1) Le monadi, che costituiscono il mondo attuale, sono le uniche sostanze semplici. Sono sostanze individuali presenti in numero infinito nell’universo, caratterizzate dalla capacità di agire (PNG 1). Hanno natura totalmente spirituale e sono dunque i veri atomi della natura: essi entrano nelle cose composte, che sono solo ammassi di Semplici (M 1-2).

2) Le monadi non hanno parti, non sono divisibili, non hanno estensione, né figura (PNG 1; M.3). Inoltre, differiscono solo per qualità e non per quantità.

3) Non essendo composte, possono essere create solo attraverso “fulgurazioni” divine e morire per annichilazione. Sono cioè imperiture e intemporali. Da ciò consegue che non vi è mai un primum in senso naturale, una generazione dal nulla, né una fine in senso assoluto (M.4,5,6; PNG 6). Gli animali né sorgono, né periscono, si trasformano soltanto. Leibniz aderisce così ad una concezione vitalista e organicista che lo conduce a vedere l’universo come un tutto animato, per cui in ogni particella dell’universo è contenuto un mondo di infinite creature e “si trova che vi è una quantità prodigiosa di animali in una goccia d’acqua imbevuta di polvere e se ne possono far morire milioni in un solo colpo” (Cfr. M.66-77). ”Ogni porzione di materia può essere concepita come un giardino pieno di piante, o come uno stagno pieno di pesci. Ma ciascun ramo delle piante, ciascun membro dell’animale, ciascuna goccia dei loro umori, è a sua volta un tale giardino o un tale stagno” (M.67). L’universo va dunque concepito come un Pieno, dove regna sovrano il principio di continuità (sùmpnoia pànta) (PNG.3, M 61).

4) Nelle monadi non vi è mutamento o alterazione per opera di qualche altra creatura, essendo esse prive di parti. Le monadi non hanno finestre attraverso cui qualcosa possa entrare o uscire (M.7).

5) Le monadi, pur essendo semplici unità, soggiacciono a continue serie di stati, di variazioni (anche se in realtà non subiscono accrescimento o diminuzione) (M.13, PNG.2). Questo principio, che determina la varietà della sostanza semplice, è detto percezione, e il passaggio da uno stato all’altro, è l’appetizione (M.14-15).

6) Ogni monade è uno specchio vivente dell’universo, e ne disegna una diversa prospettiva; ogni monade esprime tutte le altre, e gli spiriti riflettono direttamente la Divinità (PNG. 12, M.83).

7) Ogni monade ha scritte in sé le tracce di tutta la sua storia e, dunque, di tutta la storia dell’universo (tout se tiéns) (PNG 13).

8) Si danno tre tipi di monadi: monadi semplici, che hanno percezioni molto confuse (gli esseri naturali di grado inferiore); anime, in cui la percezione è accompagnata da memoria (gli animali) ; spiriti, in cui l’anima si innalza alla ragione ed è dotata di coscienza o appercezione (M. 20-30; PNG 4). Ogni monade va comunque concepita come entelechia, cioè come dotata di una forma sostanziale (M.18) che le imprime perfezione e autosufficienza e la spinge ad attuare il proprio fine interno.

9) I ragionamenti umani si fondano su due grandi principi: quello di non contraddizione e quello di ragion sufficiente; così le verità possono essere razionali o fattuali (M 31-33). Ma la ragione ultima delle cose deve trovarsi in un Ente necessario, fuori dalla catena dei “dettagli delle contingenze”. Questo ente è Dio, la cui verità è dimostrata a priori e a posteriori.

10) Il corpo non agisce direttamente sull’anima causando la conoscenza, né lo spirito sul corpo dando vita al movimento, ma vi è tra i due, e tra le varie monadi, un’armonia prestabilita che permette loro di essere in relazione senza influenzarsi direttamente (M.78). “L’influsso di una monade su un’altra è solo ideale” (M 51). L’anima non si dà per altro mai senza il corpo, che è il suo punto di vista sull’universo (M 62); l’ultimo Leibniz pensa anche ad una sorta di vinculum substantiale tra i due che risolva il problema dell’organismo, cioè ad un legame sostanziale tra monade dominante e corpo organico (là dove nel primo Leibniz il corpo era puro fenomeno rappresentato dalla monade spirituale).

11) Le anime agiscono secondo le leggi delle cause finali, i corpi secondo le leggi delle cause efficienti: come vi è armonia tra di essi, vi è armonia tra il regno fisico della Natura e il regno morale della Grazia (M.87; PNG 15).


da:http://www.swif.uniba.it/lei/filosofi/schedeopere/leibniz.htm





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