Voto Spagna: i popolari in trionfo il voto ai tempi della crisi cancella il Psoe

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
angelico
00lunedì 14 novembre 2011 20:38
Spagna, la Destra spaventa i gay
Loro: “Si sposi chi può” Da due mesi è boom di matrimoni omosessuali. In vista delle elezioni legislative infatti, che vedono favorito il leader della destra Rajoy, si teme l'abolizione della legge ZapateroCi ha provato in tutti i modi, il candidato premier del Partito socialista Alfredo Pérez Rubalcaba. Nel faccia a faccia televisivo di lunedì scorso con il suo avversario Mariano Rajoy ha chiesto a più riprese di rassicurare i gay spagnoli, quelli che si sono già sposati e quelli che hanno intenzione di farlo in un prossimo futuro. Ma il leader popolare, lo sguardo perso tra i suoi foglietti di appunti, ha evitato accuratamente di dare una risposta. Se domenica prossima – come indicano tutti i sondaggi – sarà eletto presidente, nessuno è in grado di dire quale sarà il destino della legge che autorizza i matrimoni tra le persone dello stesso sesso varata dal governo Zapatero il 30 giugno del 2005.

È per questo che, da almeno due mesi, si è scatenata tra le coppie omosessuali una forsennata corsa contro il tempo. Una corsa all’insegna dello slogan “aiuto, si sposi chi può!”. Nozze-express, prima che sia troppo tardi. Sono state le stesse organizzazioni che difendono i diritti di gay e lesbiche a lanciare l’allarme sin dall’estate scorsa, quando il divario nei sondaggi tra le quotazioni del Pp e quelle dei socialisti cominciava ad assumere le dimensioni di una voragine. E i risultati si sono visti molto presto: a settembre, le richieste di matrimoni gay erano aumentate del 40 per cento rispetto ad agosto, soprattutto nelle principali città, da Madrid a Barcellona a Valencia. Il rischio, tuttavia, è che le lentezze della burocrazia possano mandare in fumo i programmi di parecchie coppie. Così la comunità gay ha accolto con grande entusiasmo l’iniziativa di José Antonio Rodríguez, socialista, sindaco di Jun, un piccolo Comune (appena 3500 abitanti) nella provincia andalusa di Granada: “Se conoscete qualche coppia gay che si voglia sposare prima del 20 novembre e abbia problemi nel suo municipio, li sposo rapidamente”.

È bastato che diffondesse, ai primi di ottobre, questo messaggio su Twitter per trasformarlo in un baleno nel quinto politico più seguito di Spagna sul social network, superato solo dal presidente basco Patxi López, da Rajoy, Rubalcaba e Zapatero: il suo twit è stato rilanciato, in appena 24 ore, da 190 mila internauti. E il suo Comune è stato subito ribattezzato come la nuova “Las Vegas rosa”. Più di sessanta le “ceremonias exprés” previste prima del fatidico 20 novembre, mentre finora, dal 2005 ad oggi, nella sala consiliare di Jun, erano state celebrate solo 11 nozze gay. La metà dei matrimoni si svolgono in questo fine settimana, con la presenza degli sposi in municipio. Il resto – ed è un’altra novità assoluta architettata dal sindaco – avverrà in videoconferenza.

Qualunque stratagemma va bene, pur di bruciare i tempi. Perché il timore degli omosessuali spagnoli è che, a partire dalla prossima settimana, tutto possa diventare molto più complicato. Nessuno dimentica che, nel 2005, il Pp non solo votò in Parlamento contro la legge, ma subito dopo – mentre i vescovi portavano in piazza la rabbia dei cattolici ultraconservatori – presentò anche un ricorso al Tribunale costituzionale. Che, sei anni più tardi, non ha ancora emesso il proprio verdetto. Resta da capire, nel caso in cui la norma dovesse essere abrogata, se verrà annullata anche la validità delle 24 mila nozze celebrate finora. Ma, forse, gli spagnoli stenterebbero a capire: i sondaggi dicono che il 70 % sono favorevoli al matrimonio gay.

da Il Fatto Quotidiano del 13 novembre 2011

www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/13/spagna-la-destra-spaventa-i-gay-loro-si-sposi-chi-pu...
angelico
00lunedì 14 novembre 2011 20:53
per la precisione, la Rajoy ha detto che prima di prendere qualsiasi iniziativa in merito aspetterà la decisione del tribunale costituzionale. E comunque pare che non sia in discussione l’istituto dell’unione tra persone dello stesso sesso, ma solo il nome da dargli: la Rajoy vorrebbe che non si chiamasse “matrimonio”, ma in un’altra maniera. come spesso accade in questioni di questo tipo, una questione di forma più che di sostanza.


Falso. Forma È anche sostanza. Cambiare il nome di una cosa è renderla differente, è non riconoscere che ci sia un nesso tra le due cose, o che siano la stessa cosa. C’è differenza, giuridica, sociale e morale, tra matrimonio e convivenza, per esempio. E anche se volessero lasciare intatti tutti i diritti (e i doveri) che il matrimonio comporta, cambiando semplicemente il nome (che ne so, qwerty), vorrebbe dire che una coppia gay non può sposarsi, può “qwertarsi” perchè, non essendo una coppia etero, la loro unione non merita questo appellativo. Inoltre, chiamare due cose (che dovrebbero essere la stessa cosa, a mio avviso) in modo differente è creare un antecedente pericoloso a livello legislativo. “Si certifica che … tutte le coppie sposate che…”: questa legge varrebbe per le coppie sposate, ma non per le “qwertate”, per esempio. Attenzione: le parole sono importanti, e riflettono una maniera di vedere il mondo e la società in cui viviamo.
angelico
00sabato 19 novembre 2011 14:34
La Spagna pronta alla svolta a destra
e sul voto l'incognita "indignados"
Il Paese domani alle urne per le legislative. Tutti i sondaggi prevedono una vittoria schiacciante del leader del partito popolare, Mariano Rajoy contro il candidato socialista Alfredo Perez Rubalcaba. I giovani tornano alla Puerta del Sol con un appello per le'astensione
Mariano Rajoy (ansa)
MADRID - La Spagna si prepara a chiudere l'era Zapatero con una svolta a destra. Domani il Paese va alle urne e tutti i sondaggi accreditano il leader del partito popolare, Mariano Rajoy, di una vittoria schiacciante nei confronti del socialista Alfredo Perez Rubalcaba. Resta da capire quanto peserà l'appello degli indignados che sono tornati in piazza a Madrid, alla Puerta del Sol, lanciando un appello a disertare le urne, a votare scheda bianca o a favore dei partiti minori o nuovi.

I "ribelli" spagnoli hanno convocato una "vigilia di riflessione" sulla piazza nella quale si erano accampati per oltre un mese fra maggio e giugno. Ieri notte alcune centinaia di persone per iniziativa del movimento Democracia Real Ya (Vera Democrazia Subito) hanno inscenato un "grido muto" collettivo: "La chiamano democrazia ma non lo è", lo slogan dei manifestanti. Oggi concentrazioni parallele sono previste in diverse città del Paese, fra cui Barcellona, Malaga, Santander, Oviedo, Valladolid, Almeria, Guadalajara, Badajoz. All'interno del movimento, c'è stato un tentativo di arrivare a una posizione unica con l'obiettivo fondamentale di
colpire il sostanziale bipartitismo, cristallizzato attorno a Partito popolare e Psoe.

Per settimane, i vari gruppi di lavoro del movimento 15M hanno fatto riunioni per spiegare ai cittadini la differenza tra astensione, voto nullo e voto in bianco. Mentre i due primi tipi di votazione non vengono conteggiati, il voto in bianco è considerato
un voto utile perché se ne tiene conto al momento della ripartizione dei seggi; per questo viene sconsigliato visto che rende più difficile che i partiti più piccoli accedano a uno scranno. Di qui la proposta di annullare la scheda, magari scrivendo il numero dei disoccupati nel Paese o infilandovi una fetta di prosciutto (anche se in questo caso c'è il rischio che la scheda venga considerata in bianco).

Oltre a quella di votare per un partito minore, un'altra opzione data a cittadini e simpatizzanti del movimento contempla un attacco diretto al sistema: al momento del voto, i cittadini dovranno presentare reclami "relativi ai meccanismi di voto e di scrutinio", chiedendo che il reclamo venga portato alla Giunta elettorale centrale e che sia pubblicate interamente sul web.

Quello che è chiaro è che, dopo due mandati al governo, il Psoe pagherà la crisi finanziaria che ha colpito la Spagna in particolare nel settore delle costruzioni che era stato protagonista del boom economico dello scorso decennio. La disoccupazione è salita oggi a oltre il 21,5%, che è il tasso più alto dei paesi industrializzati di tutto il mondo.

Gli ultimi sondaggi prevedono dunque per il Partito Popolare la maggioranza assoluta in parlamento, dando mano libera a Rajoy per le riforme del mercato del lavoro, del sistema fiscale e del settore finanziario. I socialisti avevano fin qui cercato di tamponare i problemi tagliando i salari dei dipendenti pubblici del 5%, congelando le pensioni e aumentando l'età pensionabile, provvedimenti che hanno causato dure proteste in piazza, spesso cavalcate proprio dai conservatori.

Neanche la virtuale sconfitta del terrorismo basco dell'Eta 1è valsa a riequilibrare la bilancia a favore di Rubalcaba. Comunque vada, le elezioni di questo 21 novembre segneranno l'addio alla politica di Josè Luis Rodriguez Zapatero, al termine di sette anni e mezzo passati alla guida del paese.

Di sicuro quella che si profila per la Spagna è una cura economica pesantissima. "Dovremo tagliare ovunque eccetto le pensioni - ha detto Rajoy in un'intervista al El Pais - , la Spagna deve dimostrare di saper prendere seriamente il problema del decifit pubblico". Annunci, ma niente dettagli. E anche il programma elettorale del partido popular è rimasto sul vago per timore di perdere consensi.

Per il resto, Rajoy dovrà vedersela con i nazionalisti baschi e catalani e con l'eredità delle riforme sociali promosse da Zapatero: divorzio "veloce", aborto, matrimoni gay, tutte questioni in cui la tentazione di fare marcia indietro sarà forte.

Gli aventi diritto al voto sono 36 milioni: in lizza 350 deputati e 208 senatori, con una legge elettorale piuttosto complicata - e che di norma agisce a favore dei partiti maggiori - che rende difficile tradurre immediatamente il numero dei voti in seggi. Le urne apriranno alle 9 del mattino per chiudersi alle 20.

(19 novembre 2011)

www.repubblica.it/esteri/2011/11/19/news/spagna_elezioni-2...
rossijack
00sabato 19 novembre 2011 23:14
Eppure all'inizio dell'era Zapatero la Spagna sembrava aver raggiunto un buon sviluppo economico e di modernizzazione,invece anche loro sull'orlo del baratro!
angelico
00lunedì 21 novembre 2011 10:05
Spagna, Rajoy e i popolari in trionfo
il voto ai tempi della crisi cancella il Psoe
Risultati definitivi: i conservatori avranno 186 seggi su 350. Il miglior risultato di sempre. I socialisti crollano al minimo storico. Un esito annunciato, effetto dell'alto prezzo pagato dal Paese alla recessione. Buona affermazione degli indipendentisti baschi
dal nostro inviato OMERO CIAI
Mariano Rajoy (lapresse)
MADRID - In Spagna ci sono solo due puntini rosa in una marea di azzurro: sono le province di Barcellona e Siviglia, le uniche dove, per un pelo, i socialisti sono ancora il primo partito. La nuova mappa politica è il risultato di una giornata che, per quanto prevista, ha la dimensione di svolta storica per un paese che ormai da mesi si dibatte in una crisi economica e finanziaria dirompente.

FOTO La gioia dei popolari 1 / Il crollo Psoe 2

Quello di Mariano Rajoy, presidente del partito popolare (centrodestra), è diventato un trionfo grazie ad una maggioranza assoluta (186 seggi, dieci in più del necessario) più ampia di quella che ottenne José Maria Aznar, il primo leader di destra a tornare al potere dopo la dittatura nel 1996.

I popolari hanno ottenuto il 44,5% dei voti e 32 seggi in più del 2008 mentre il Psoe crolla sotto il 30% (28,6) e si ferma a 110 seggi, perdendo 59 seggi e quattro milioni di voti rispetto a tre anni e mezzo fa quando Zapatero fece il bis proprio contro Rajoy.

Il resto del quadro politico è più mosso. Tutti i partiti minori sono cresciuti e la Spagna è un po’ meno bipolare nonostante

la legge elettorale punisca i piccoli. Izquierda Unida, approfittando del “desencanto” degli elettori verso il Psoe, passa da 2 a 11 deputati. Il partito di Rosa Diez, una ex socialista critica, da 1 a 5. Mentre nei Paesi Baschi, gli independentisti radicali di Amaiur ottengono per la prima volta più seggi (7) dei moderati del Partito nazionalista basco (5).

IL RITRATTO Chi è Mariano Rajoy, 'il tenace' 3

Appena eletto Rajoy ha parlato dalla sede storica del suo partito in calle Genova, centro di Madrid, sottolineando che governerà “nella più delicata congiuntura degli ultimi 30 anni” e che i suoi unici nemici saranno “la disoccupazione e la crisi del debito”.

VIDEO Rajoy: "Sforzo comune contro la crisi" 4

“Umiltà, compromesso, iniziative comuni, sforzo solidario”, le altre parole chiave di un discorso molto moderato teso a rassicurare tutti. Mentre il suo avversario, Alfredo Perez Rubalcaba, dall’altra sede storica, quella del Psoe in calle Ferraz, si è presentato da solo davanti alle telecamere (video 5) e dopo aver riconosciuto la netta sconfitta, al di là delle previsioni, ha chiesto un Congresso anticipato del suo partito.

Il dato che colpisce di più l’osservatore esterno è la mobilità del voto. L’astensione rispetto al 2008 è salita di 2 punti, dal 26 al 28%, ma quattro milioni di voti hanno abbandonato il Psoe per dirigersi nell’arca del Partito popolare e, a sinistra, nel movimento neocomunista di Izquierda Unida. Una emorragia senza precedenti e, per i socialisti, il peggior risultato elettorale dalle prime elezioni democratiche del 1977 quando ottennero 118 seggi, fino ad ora il loro minimo storico.

La soglia di galleggiamento che avrebbe permesso a Rubalcaba di diventare segretario al posto di Zapatero era stata fissata in 125 seggi. Ora, è ovvio, s’aprirà la guerra interna per il controllo del partito nei prossimi quattro anni. Ma nessuno ha le carte in regola. Perché anche Carme Chacon, la “zapaterista” ministro della Difesa, che nel Psoe contende la premiership a Rubalcaba, esce menomata dal terremoto elettorale. Nella sua Catalogna i socialisti hanno perso 11 seggi (da 25 a 14) e sono retrocessi a secondo partito.

Per vincere Mariano Rajoy non ha fatto praticamente nulla, neppure dal punto di vista delle proposte concrete, delle ricette politiche per affrontare la crisi del debito, i cinque milioni di disoccupati e le difficoltà di migliaia di famiglia a pagare il mutuo della casa. Il suo programma è ciò che di più vago un leader politico può mostrare agli elettori. Ha solo atteso con tenacia che la crisi maciullasse Zapatero, per offrirsi come alternativa senza neppure entrare nel campo di gioco.

Ora dovrà farlo e, con la riapertura dei mercati, sapremo anche a quali condizioni. La transizione post elettorale del nuovo governo è lenta. I tempi costituzionali prevedono almeno un mese prima che il nuovo esecutivo entri ufficialmente in carica. Ma forse questa volta tutti faranno uno sforzo per accelerare il passaggio dei poteri.

(20 novembre 2011)

www.repubblica.it/esteri/2011/11/20/news/spagna_elezioni-2...
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 07:16.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com