TENTATIVI DI REPRESSIONE

Jon Konneri
00lunedì 21 giugno 2010 21:53
Frattanto il regime non è stato a guardare. Si teme un complotto clerico-nazionalista di ma­trice croata, che va stroncato sul nascere. Il 27 giugno i veggenti vengono interrogati dalla Milizia di Citluk, sede del comune di Bijakovi­ci, quindi sottoposti ai primi esami medico­psichiatrici. Il dottor Ante Vujevic li dichiara sani di mente. Alle 18 sono di nuovo liberi e si affrettano al Podbrdo, in tempo per il loro incontro. Il 29 si va di mano pesante. I sei giova­ni sono condotti nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Mostar, il capoluogo dell'Erze­govina. Vengono rinchiusi fra i malati di mente e fra i cadaveri dell'obitorio, dove il puzzo è reso insopportabile dal caldo estivo. I ragazzi fanno scudo a ogni intimidazione: «Sappiamo che dobbiamo morire e siamo pronti». L'équipe di dodici medici che li prende in carico ha a capo un osso duro, la psichiatra Muli­ja Dzudza, che oltretutto è musulma­na. Ma alla fine dovrà arrendersi: «Non sono pazzi i ragazzi, ma è paz­zo chi li ha condotti qui!». In seguito la Dzudza relazionerà ai servizi segreti sul co­raggio del piccolo Jakov: «Si sente protetto dal­la Madonna in cui rimette la fiducia e la sua vita. Gli davo del bugiardo cercando di terro­rizzarlo, ma sarebbe morto per le sue convin­zioni. Ha solo dieci anni e non siamo riusciti a spaventarlo. Così gli altri. Se sono manipolati, io non ho potuto smascherarli». Le sue parole valgono la resa del regime sul fronte medico-scientifico. Si tenta allora la carta della dissuasione. Il 30 del mese due giovani collaborazioniste, di nome Ljubica e Mirjana, invitano i veggenti per una gita. I ragazzi, pro­vati più per la pressione delle folle (domenica 28 in 15.000 hanno invaso Medjugorje) che dall'esperienza sconvolgente che stanno vi­vendo, sono lieti di questo diversivo. La missione prevede che i giovani non siano a Bijakovici per l'ora dell'apparizione. Ma dal Podbrdo la Madon­na li raggiunge in un grande cono di luce fin là dove si trovano. Ljubica e Mirjana devono aver visto la luce, a ogni modo assistono all'estasi e non si metteranno più al servizio dell'autorità. Il l° luglio si muove direttamente la po­lizia: in tre riescono a scamparla, ma Ivanka, Marija e Vicka sono prese e portate via. E l'apparizione avviene nel furgone: la Madonna sorride e invita le giovani a non temere di nul­la; lei non abbandonerà i suoi ragazzi. Gli agenti, turbati, li consegnano ai frati in parrocchia. Intanto Ivan, Jakov e Mirjana hanno avuto la visita della Gospa, ciascuno nella propria casa. L'ultima carta che resta al governo di Belgrado è la chiusura dell'accesso al colle. Ma tale divieto, che diventa stabile dall'agosto 1981, non potrà scoraggiare le appa­rizioni, ma solo dimostrare, come già reso evi­dente nei fatti del 30 giugno e del l° luglio, che esse non sono legate al luogo, ma agli strumen­ti che la Madonna si è scelta: dove essi si trova­no, là ella viene. E la conseguenza, davvero curiosa sotto un regime ateo che non colorava neppure il Natale, è che la gente da quel giorno si trasferì in chiesa, là dove la Madonna ha sem­pre detto di volerci tutti portare.
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