Assieme all'ipertensione e all'età sono il fattore
di rischio più forte per lo sviluppo di aritmie
MILANO - Il cuore “palpita” un po' troppo nel petto e ogni tanto sembra proprio scalpitare senza freno? Attenzione a ritrovarsi a soffrire di aritmie: secondo dati raccolti dal Tromsø Study, pubblicati sull'European Journal of Preventive Cardiology, le palpitazioni sarebbero, assieme all'ipertensione e all'età, fra i fattori di rischio più consistenti per lo sviluppo di fibrillazione atriale, una delle aritmie più pericolose perché aumenta di addirittura cinque volte la probabilità di un ictus e di tre volte quella di scompenso cardiaco.
STUDIO – Il Tromsø Study da cui arriva l'allarme è un'ampia ricerca condotta su tutti gli abitanti della regione omonima, in Norvegia: nel 1994-1995 sono stati coinvolti tutti gli adulti con più di 25 anni (poco meno di 23mila persone) che poi sono stati seguiti in media per oltre 11 anni valutando man mano elementi come altezza, peso, pressione arteriosa, frequenza cardiaca, colesterolo totale e HDL ma anche la presenza di palpitazioni. I dati sono stati quindi confrontati con le diagnosi di fibrillazione atriale, ictus, malattie cardiovascolari e con la mortalità. Dall'analisi è emerso che il 3 per cento delle donne e il 4,2 per cento degli uomini ha sviluppato l'aritmia nel corso dello studio: l'età, la presenza di ipertensione e le palpitazioni riferite dai pazienti sono risultati i fattori di rischio principali per lo sviluppo di fibrillazione atriale. E se sui primi due elementi non ci sono di fatto grossi dubbi, per le palpitazioni si tratta della prima volta sul banco degli imputati: aumenterebbero la probabilità di aritmia del 62 per cento nelle donne e del 91 per cento negli uomini.
PALPITAZIONI – I ricercatori, per assicurarsi che palpitazioni e fibrillazione non condividano fattori di rischio che “confondono le acque”, hanno valutato tutti i parametri associati con l'una e l'altra condizione, scoprendo che mentre per la fibrillazione atriale i fattori predisponenti sono biologici (età, pressione, indice di massa corporea, diabete), per le palpitazioni sono in realtà legati più allo stile di vita (consumo di alcol, fumo). «Perciò, nonostante ci siano elementi a comune predisponenti come la presenza di una coronaropatia, riteniamo che le palpitazioni possano avere un ruolo causale nel provocare fibrillazione – osserva Audhild Nyrnes, il coordinatore dello studio –. Non ne abbiamo la certezza, naturalmente, ma i dati raccolti indicano che non si debba escludere questa eventualità. Le palpitazioni del resto sono il termine soggettivo con cui il paziente descrive la sensazione di battiti più veloci o irregolari ed è verosimile che una quota di queste palpitazioni sia da ascrivere a reali irregolarità di battito, che sono la caratteristica principale della fibrillazione atriale. Anche uno studio statunitense ha mostrato che è possibile diagnosticare un'aritmia in circa il 40 per cento dei pazienti che arrivano in pronto soccorso lamentando palpitazioni». Va anche detto che le palpitazioni di per sé sono del tutto innocue nella maggior parte dei casi: «La sfida è capire quali sono i pazienti in cui questo sintomo nasconde una tendenza reale a sviluppare fibrillazione atriale – osserva Nyrnes –. Peraltro, sappiamo che modificare lo stile di vita riducendo per esempio il consumo di alcol e sigarette diminuisce la probabilità di palpitazioni, ma è presto per dire se ciò può avere un effetto anche sul rischio di fibrillazione atriale. Ciò che si conferma senza più alcun dubbio, invece, è la correlazione fra l'ipertensione e la fibrillazione atriale: avere la pressione alta può raddoppiare il rischio di aritmia, curarla e tenerla sotto controllo è perciò davvero importante».
Elena Meli
23 giugno 2012 | 14:26
www.corriere.it/salute/cardiologia/12_giugno_23/palpitazioni-rischio-aritmie_3b16d190-b3a6-11e1-a52e-4174479f1c...