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“Liste d’attesa troppo lunghe e strutture a 100 km di distanza: pazienti costretti al privato o a rinunciare alle cure”

Ultimo Aggiornamento: 30/04/2024 17:14
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La situazione delle liste d’attesa nel Servizio sanitario nazionale non mostra segni di miglioramento: tempi troppo lunghi, strutture ospedaliere lontane, difficoltà con i Centri unici di prenotazione e agende di prenotazione bloccate. E’ la fotografia che emerge da un sondaggio condotto da Altroconsumo: su oltre 1.100 cittadini intervistati in 950 hanno avuto difficoltà nel prenotare una visita o un esame nel corso dell’ultimo anno. Molti si vedono costretti a rivolgersi ai privati con costi elevati oppure a rinunciare alle cure.
Per 2/3 degli intervistati, le attese sono troppo lunghe, spesso oltre le urgenze indicate sulla ricetta, ma per tanti anche le strutture ospedaliere sono troppo lontane. Circa 1/4 dei cittadini che hanno avuto problemi, per avere l’appuntamento nei tempi prescritti dal medico, avrebbero dovuto recarsi in una struttura scomoda, talvolta lontana anche 100 km o più da casa, perché nella loro provincia il primo posto sarebbe stato diponibile solo dopo molti mesi. Questo accade perché i cosiddetti “ambiti territoriali di garanzia”, in cui i Cup possono prenotare le prestazioni, possono essere vasti. Seppur lecito, per molti è un disagio molto forte, se non un ostacolo alle cure, e questa pratica disattende il rispetto di quel “principio di prossimità e raggiungibilità” che viene citato dal Piano nazionale di governo delle liste d’attesa. Gran parte dei problemi è stata registrata con le visite specialistiche (per 2/3 delle segnalazioni ricevute): in particolare, le visite più citate sono quella oculistica (circa 180 segnalazioni) e dermatologica (circa 100, per lo più riguardanti il controllo dei nei). Tra gli esami più segnalati ecografie soprattutto a addome, tiroide, mammella e spalla (circa 150), risonanze magnetiche, Tac (circa 100) e gastroscopie (circa 25).

Il problema delle attese eccessive riguarda la grande maggioranza degli intervistati; è impossibile per tanti fare visite ed esami nei tempi suggeriti dal medico, anche quando c’è un’urgenza indicata sulla ricetta (117). La situazione non migliora sul fronte ricoveri. Dei 1.100 intervistati, in circa 300 hanno detto di essere stati inseriti in lista d’attesa per un ricovero negli ultimi due anni. Poco più della metà dei cittadini è stata ricoverata nei tempi previsti; circa 100 invece non sono stati così fortunati e circa 50 sono ancora in attesa di sapere quando verranno chiamati. Fra i motivi dei ritardi riscontrati: la mancanza di medici, di letti e l’assenza dell’agenda dei prossimi mesi.

Un quadro confermato anche dal sondaggio Ipsos, realizzato in collaborazione con la Fimmg (Federazione italiana dei medici di medicina generale), in occasione della Giornata mondiale della salute. Secondo la rilevazione, tre cittadini su quattro hanno rinunciato a curarsi nel Servizio sanitario nazionale ma due su tre sperano ancora in una sanità totalmente pubblica”. In particolare, “ben il 74% del campione ha dovuto rinunciare almeno una volta ad una prestazione del Ssn a causa dei tempi di attesa (è accaduto più frequentemente al 65% dei cittadini). Si aggiunga – continua la nota della Fimmg – che il 57% degli intervistati ha dovuto rinunciare perché la prestazione non era erogata nella propria zona. Il dato è più preoccupante nelle regioni del centro nord e del centro sud, ma si tratta di un fenomeno diffuso in tutto il Paese”. Come osserva la Federazione, “l’80% dei cittadini che hanno rinunciato a curarsi nel Ssn ha avuto comunque la possibilità di rivolgersi a un servizio privato per ottenere la prestazione, mentre il 16% ha del tutto rinunciato alle cure, una percentuale che tende a raddoppiare tra le fasce della popolazione più in difficoltà economiche e socialmente più marginali”.

Nonostante queste evidenti lacune, il 64% del campione sostiene che la sanità debba essere esclusivamente pubblica ‘ad ogni costo’ (metà dell’intera popolazione accetterebbe anche un aumento delle tasse se finalizzate a sostenere il Ssn) mentre il 26% accetterebbe un sistema misto pubblico-privato. “L’offerta specialistica risente in tutto il Paese di una insufficiente disponibilità di risorse economiche ed organizzative per garantire i livelli essenziali di assistenza – sottolinea Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimmg – e a questo si aggiunge la difficoltà per molti cittadini di raggiungere il luogo in cui la prestazione viene offerta, spesso troppo lontana dai luoghi di vita delle persone. La medicina generale si riconferma ancora una volta l’unico vero baluardo del Servizio sanitario nazionale strutturalmente adeguato a fornire ai cittadini un’assistenza di prossimità, gratuita e accessibile a tutte le fasce socio-economiche, trasversalmente in tutto il Paese. L’accesso alle prestazioni indifferibili dal proprio medico non prevede liste di attesa, mentre le visite programmate vengono effettuate entro pochi giorni. Per questi motivi i cittadini non rinunciano alle prestazioni del proprio medico di famiglia, a differenza di quello che accade in altri ambiti. La difesa del servizio sanitario pubblico – conclude Scotti – passa attraverso la difesa della medicina generale, che è ancora oggi espressione compiuta dei principi che ne hanno ispirato l’istituzione”.


www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/29/liste-dattesa-troppo-lunghe-e-strutture-a-100-km-di-distanza-pazienti-costretti-al-privato-o-a-rinunciare-alle-cure/7...
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