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MALASANITA':Palermo, uccisa da chemio letale condannata da uno zero in più

Ultimo Aggiornamento: 08/01/2012 02:38
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Loreto Mare, la carta igienica
viene usata come bendaggio
Un'anziana in barella si «medica» aiutata da una parente. Nell'ospedale i dipendenti sul piede di guerra

NOTIZIE CORRELATE
E nelle cantine del Loreto, caldaie all'amianto
NAPOLI — Le bandiere rosse dei sindacati in lotta sono la prima cosa che si nota quando si arriva al Loreto Mare. Ricoprono gran parte della facciata, affianco all’insegna del pronto soccorso. Pare quasi che siano lì per dire a chi arriva che il Loreto non è un ospedale come gli altri; è un presidio di prima linea, di trincea. Ed è proprio così che si sentono medici e infermieri: come dei soldati equipaggiati con armi scadenti che devono fronteggiare un nemico troppo numeroso. In effetti, appena dentro, il primo impatto lascia perplessi. L’anticamera del pronto soccorso è scura, piena di gente che aspetta di essere visitata. E, che si arrivi con le costole rotte o con un mal di testa, qui non c’è distinzione, se non quella affidata al buon senso del personale. Una specie di «triage» fai da te, perché quello ufficiale, e cioè la divisione dei casi a seconda della gravità, non è mai partito. Ad ogni modo, se l’emergenza ha i contorni dell’incubo, nei reparti non va certo meglio.

IN TANTI SULLE BARELLE - Al terzo piano, (Medicina generale) l’idea di essere al fronte torna con violenza. C’è così tanta gente che il corridoio è occupato da barelle su entrambi i lati. Uomini e donne assieme, parcheggiati alla meglio su letti di fortuna. Ciascuno con catetere che da sotto le coperte scende fino a terra, in una sacca trasparente piena di urina. Quasi un cordone ombelicale per quei figli reietti. Gli infermieri ce la mettono tutta, passano da un malato all’altro, ma è chiaro che la lotta è impari. I «feriti» sono troppi e le «armi» troppo poche. Così, nella confusione generale, colpisce una scena che ha addirittura dell’incredibile. Una signora anziana cerca di tamponare il sangue che le zampilla da una mano. L’ago della flebo le ha procurato una piccola ferita che a quell’età stenta a rimarginarsi. Niente di grave, sia chiaro, ma è difficile arrestare il sangue. Una donna al suo fianco, forse una figlia o una nipote, si china con fare sicuro e, cercando sotto la barella, dove c’è anche un vaso da notte e una bottiglia di detersivo, prende un rotolo di carta igienica. Un rotolo che la donna è costretta a usare come fosse garza sterile. Il gesto è perentorio, deciso. Lo è tanto da lasciar credere che non sia la prima volta che viene fatta l’insolita medicazione, e che quella non sia la vicenda più strana alla quale si possa assistere. Dal corridoio una vicina di barella accenna ad un consiglio: «chiama l’infermiere», ma la donna che sta fasciando l’anziana accenna ad una protesta. È chiaro che non vuole creare problemi, forse per la paura di perdere anche quel posto di fortuna. Proprio come se fosse in un ospedale da campo, dopo aver controllato la glicemia ad un malato, sostituito la flebo ad un altro e chiesto ad un gruppetto di parenti di lasciare almeno lo spazio minimo per garantire il passaggio, l’infermiere si accorge del problema e arriva anche dall’anziana. Cinque centimetri di nastro adesivi con un po’ di ovatta e via, pronto a correre dall’altro lato del corridoio. Niente di sconvolgente, non qui al Loreto.

RISSE AL PRONTO SOCCORSO - In fondo c’è di peggio. Ci sono le risse del pronto soccorso, dove familiari infuriati sfogano la propria frustrazione su chiunque indossi un camice; ci sono gli operai della Siram costretti a lavorare in una centrale dove c’è l’amianto, e ci sono gli uomini delle pulizie sul piede di guerra per stipendi non pagati, (situazione quest’ultima, che potrebbe portare ad uno sciopero già lunedì). Quindi, nessuno scandalo nell’arrangiarsi con della carta igienica usata al posto di una benda. D’altronde quando ci si trova al fronte, si sa, bisogna usare quel che si può. E poi, quelli che tengono duro, possono sempre sperare di conquistare un posto in un letto vero. Almeno lì, quando è ora di mangiare, non dovranno usare le lenzuola come tovaglie e le barelle come tavoli.

Raffaele Nespoli
29 ottobre 2011


corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/salute/2011/29-ottobre-2011/loreto-mare-carta-igienica-viene-usata-come-bendaggio--19019884715...
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Re:
angelico, 29/10/2011 23.59:

Loreto Mare, la carta igienica
viene usata come bendaggio
Un'anziana in barella si «medica» aiutata da una parente. Nell'ospedale i dipendenti sul piede di guerra

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E nelle cantine del Loreto, caldaie all'amianto
NAPOLI — Le bandiere rosse dei sindacati in lotta sono la prima cosa che si nota quando si arriva al Loreto Mare. Ricoprono gran parte della facciata, affianco all’insegna del pronto soccorso. Pare quasi che siano lì per dire a chi arriva che il Loreto non è un ospedale come gli altri; è un presidio di prima linea, di trincea. Ed è proprio così che si sentono medici e infermieri: come dei soldati equipaggiati con armi scadenti che devono fronteggiare un nemico troppo numeroso. In effetti, appena dentro, il primo impatto lascia perplessi. L’anticamera del pronto soccorso è scura, piena di gente che aspetta di essere visitata. E, che si arrivi con le costole rotte o con un mal di testa, qui non c’è distinzione, se non quella affidata al buon senso del personale. Una specie di «triage» fai da te, perché quello ufficiale, e cioè la divisione dei casi a seconda della gravità, non è mai partito. Ad ogni modo, se l’emergenza ha i contorni dell’incubo, nei reparti non va certo meglio.

IN TANTI SULLE BARELLE - Al terzo piano, (Medicina generale) l’idea di essere al fronte torna con violenza. C’è così tanta gente che il corridoio è occupato da barelle su entrambi i lati. Uomini e donne assieme, parcheggiati alla meglio su letti di fortuna. Ciascuno con catetere che da sotto le coperte scende fino a terra, in una sacca trasparente piena di urina. Quasi un cordone ombelicale per quei figli reietti. Gli infermieri ce la mettono tutta, passano da un malato all’altro, ma è chiaro che la lotta è impari. I «feriti» sono troppi e le «armi» troppo poche. Così, nella confusione generale, colpisce una scena che ha addirittura dell’incredibile. Una signora anziana cerca di tamponare il sangue che le zampilla da una mano. L’ago della flebo le ha procurato una piccola ferita che a quell’età stenta a rimarginarsi. Niente di grave, sia chiaro, ma è difficile arrestare il sangue. Una donna al suo fianco, forse una figlia o una nipote, si china con fare sicuro e, cercando sotto la barella, dove c’è anche un vaso da notte e una bottiglia di detersivo, prende un rotolo di carta igienica. Un rotolo che la donna è costretta a usare come fosse garza sterile. Il gesto è perentorio, deciso. Lo è tanto da lasciar credere che non sia la prima volta che viene fatta l’insolita medicazione, e che quella non sia la vicenda più strana alla quale si possa assistere. Dal corridoio una vicina di barella accenna ad un consiglio: «chiama l’infermiere», ma la donna che sta fasciando l’anziana accenna ad una protesta. È chiaro che non vuole creare problemi, forse per la paura di perdere anche quel posto di fortuna. Proprio come se fosse in un ospedale da campo, dopo aver controllato la glicemia ad un malato, sostituito la flebo ad un altro e chiesto ad un gruppetto di parenti di lasciare almeno lo spazio minimo per garantire il passaggio, l’infermiere si accorge del problema e arriva anche dall’anziana. Cinque centimetri di nastro adesivi con un po’ di ovatta e via, pronto a correre dall’altro lato del corridoio. Niente di sconvolgente, non qui al Loreto.

RISSE AL PRONTO SOCCORSO - In fondo c’è di peggio. Ci sono le risse del pronto soccorso, dove familiari infuriati sfogano la propria frustrazione su chiunque indossi un camice; ci sono gli operai della Siram costretti a lavorare in una centrale dove c’è l’amianto, e ci sono gli uomini delle pulizie sul piede di guerra per stipendi non pagati, (situazione quest’ultima, che potrebbe portare ad uno sciopero già lunedì). Quindi, nessuno scandalo nell’arrangiarsi con della carta igienica usata al posto di una benda. D’altronde quando ci si trova al fronte, si sa, bisogna usare quel che si può. E poi, quelli che tengono duro, possono sempre sperare di conquistare un posto in un letto vero. Almeno lì, quando è ora di mangiare, non dovranno usare le lenzuola come tovaglie e le barelle come tavoli.

Raffaele Nespoli
29 ottobre 2011


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Quello che le persone dall'esterno non sanno e' che alcuni ospedali vengono presi d'assalto ,altri sono vuoti.Il Cardarelli accoglie una platea di utenti da tutto il sud,perche' ottimo per medici e struttura e quindi in alcuni momenti ci si ritrova con le barelle nei corridoi...nella sanita' c'e' stata una ruberia enorme ed ora si ricorre a metodi di fortuna per sanare delle situazioni contingenti...noi dovremmo cacciare via tutti questi ladri che hanno prosciugato le nostre finanze e la nostra vita! [SM=g27994]


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NAPOLI OSPEDALE AL COLLASSO PER LO SCIOPERO DEGLI ADDETTI ALLE PULIZIE
«Rischi l'infenzione, se vuoi
operarti firma la liberatoria»
Loreto Mare, la sala operatoria è sporca: per andare sotto i ferri i medici chiedono il consenso scritto| Pdf


Il Loreto Mare

NAPOLI — L'ospedale è sporco, la sala operatoria altrettanto. Perciò se proprio il paziente intende operarsi deve firmare una liberatoria sul «rischio oggettivo aggiuntivo» rispetto al normale rischio di un intervento chirurgico. Un assenso da concedere, magari incrociando le dita, prima di andare sotto i ferri. Non siamo in un ospedale di Emergency in Uganda ma a Napoli, al Loreto Mare. Andiamo con ordine: due giorni fa il responsabile del centro di rianimazione del Loreto, Maurizio Postiglione, invia una lettera al direttore sanitario Maria Corvino. Oggetto: emergenza igienico-sanitaria derivante da oltre 10 giorni di sciopero delle ditte di pulizia. «Propongo — scrive Postiglione —, in mancanze di risposte adeguate (sulla pulizia degli ambienti, ndr) che ogni singolo paziente sottoposto ad intervento chirurgico firmi un esplicito consenso informato ad essere operato in condizioni di rischio oggettivo aggiuntivo per infezione».

CONSENSO INFORMATO - È quello che poi si è verificato, nel corso della stessa giornata di lunedì. Il Corriere del Mezzogiorno è in possesso della liberatoria sottoposta dall'anestesista a un paziente, in procinto di entrare in sala operatoria. In calce allo stampato, dopo l'ordinario «consenso informato all'anestesia» viene aggiunto a penna: «Il paziente viene informato che le condizioni igieniche dell'ospedale per la mancanza di pulizia degli spazi comuni lo espongono ad un rischio aggiuntivo per infezione». Segue la firma del paziente. La Regione rende possibile un incubo da medici in trincea. Finora è l'unico caso. La direzione sanitaria ha poi deciso di sospendere tutte le operazioni differibili. Sotto i ferri andranno solo quelli in pericolo di vita fino alla risoluzione del problema igienico.

«RISCHIO AGGIUNTIVO» - Ma perché parlare di rischio aggiuntivo? In effetti, anche in assenza delle ramazze degli addetti alle pulizie, i locali della rianimazione, pur riversando in uno stato imperfetto, vengono disinfettati. Un minimo di intervento viene garantito. È lo stesso responsabile del centro rianimazione che chiede alla direzione sanitaria di fornire detersivi a quei medici e infermieri che spontaneamente stanno effettuando la pulizia «degli ambienti e del reparto» in questi giorni di passione.È la postazione più sensibile della struttura ospedaliera e in qualche modo si tenta di preservarla dal degrado assoluto che invece aggredisce corridoi, stanze e altri spazi. Torniamo ora al rischio di infezione: in condizioni non ottimali, i batteri già presenti in maniera endemica nei contesti sanitari possono contribuire a rendere più complessa una situazione se a contatto con batteri «normali» dovuti alla sporcizia. È il caso dell'acinetobacter baumannii, sigla scientifica che gli addetti ai lavori conoscono bene perché nota causa di infezioni ospedaliere (alcune statistiche indicano l'1-3% dei casi). Si può allora pensare che al Loreto Mare si avverta una maggiore incidenza infettiva in mancanza di adeguata pulizia? Può darsi. In ogni caso, resta, certificata dai medici, la difficoltà di operare in simili condizioni, col rischio di infezione che incombe.

LO SCIOPERO DELLE DITTE - Come si arrivati a tanto? Semplice: sono due settimane che lo scandalo degli ospedali sporchi va avanti. Un braccio di ferro che non sembra ancora aver trovato uno sbocco. Oltre al Loreto Mare sono interessati anche Pellegrini, Ascalesi, Annunziata, Cto, San Paolo e San Gennaro. Degenerazione causata dallo stato di agitazione proclamato dagli addetti alle pulizie che da più di un mese sono senza stipendio. Se la Regione non offrirà garanzie e risposte concrete ai 1.200 lavoratori del comparto la situazione rischia di esplodere. Le aziende coinvolte sono quattro: Kuadra, Gesap, Epm e Samir. Insieme vantano circa 25 milioni di euro di stipendi ancora non corrisposti. Una cifra enorme. Nel frattempo, come abbondantemente scritto, gli ospedali cittadini si stanno trasformando in immondezzai. E l'oscar della sporcizia se lo aggiudicano il Pellegrini e il Loreto Mare, dove i rifiuti fanno brutta mostra di sé nelle scale e nelle sale d'attesa che conducono ai reparti. Degenti e familiari hanno un diavolo per capello. Infermieri e medici chiedono, almeno, uno Chanteclair.

INTERROGAZIONE DI MARCIANO (PD) A CALDORO - Sulla spinosa vicenda il consigliere regionale del Pd, Antonio Marciano, presenterà oggi un'interrogazione urgente. A Stefano Caldoro, governatore e commissario alla Sanità, Marciano chiede quali iniziative urgenti la Regione ha intenzione di intraprendere per ripristinare le necessarie condizioni igienico-sanitarie e per garantire l'incolumità fisica del personale medico e dei pazienti del Loreto Mare. Il tutto tenuto conto, appunto, che «almeno in un caso è stata chiesta la sottoscrizione del consenso informato di rischio aggiuntivo cui il paziente è soggetto sottoponendosi ad operazioni chirurgiche nell'ospedale».

Alessandro Chetta
16 novembre 2011

corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2011/16-novembre-2011/rischi-infenzione-se-ti-vuoioperare-firma-prima-19021896538...
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PALERMO - L'errore sta tutto in una cifra: 90 milligrammi di farmaco invece di 9. Uno zero in più che è stato letale per Valeria Lembo, la trentaquattrenne morta dopo una seduta di chemioterapia eseguita al Policlinico "Paolo Giaccone". Alla donna, colpita da un tumore alla gola, sarebbero state iniettate quindici fiale di vinblastina: una dose dieci volte superiore a quella necessaria. Per due volte l'infermiera avrebbe chiesto al medico se la terapia fosse corretta, ma le sarebbe stato ordinato di andare avanti. Sono i particolari che emergono dall'indagine interna condotta dai vertici della struttura, dopo la tragedia per la quale sono finiti sotto inchiesta cinque tra medici e infermieri. L'istruttoria non è ancora chiusa ma i contorni della vicenda si tingono di giallo.

Il primo nodo da sciogliere è stabilire chi ha prescritto la dose. Secondo i primi riscontri, sarebbe stata una dottoressa ufficialmente in servizio in un altro reparto ma operativa in Oncologia. Ecco perché, nelle carte, non compare il suo timbro, ma quello di un medico specializzando presente con lei la mattina del 7 dicembre, quando Valeria Lembo si è recata in reparto per la prima seduta del quarto ciclo di chemio. Quel giorno Sergio Palmeri, il professore che aveva in cura la ragazza e responsabile della sua cartella clinica, non c'era. Anche lui, nominato primario a metà dicembre, è indagato dalla Procura.

Come accertato dai vertici aziendali, l'infermiera che ha somministrato il chemioterapico avrebbe consultato per ben due volte la dottoressa. Quella dose così alta non l'aveva mai data a nessuno. Le sue cautele, però, non sarebbero state prese in considerazione. Nella flebo sono finite 15 fiale da 6 milligrammi di vimblastina. Il personale sanitario avrebbe persino avuto difficoltà a reperirle tutte. La posologia del farmaco è 6 milligrammi ogni metro quadrato di superficie corporea: la dose corretta sarebbe stata 9 milligrammi e non 90. Secondo quanto accertato finora dai vertici aziendali, però, non si sarebbe trattato di un errore di calcolo, ma di un errore materiale: uno zero in più digitato per sbaglio.

Dopo il trattamento la ragazza si è sentita subito male. Il giorno successivo è stata richiamata dal personale del Policlinico. I medici - ha riferito a Repubblica la madre della donna - l'hanno ricoverata col "pretesto" di una gastroenterite. Solo qualche giorno dopo avrebbero ammesso l'errore. A quel punto i familiari hanno deciso di trasferirla all'ospedale Cervello, dove è stata ricoverata in camera sterile nel reparto di Ematologia. I medici hanno tentato il tutto per tutto per salvarla e l'hanno messa in lista d'attesa per un trapianto di midollo osseo. Ma il chemioterapico le aveva ormai bruciato tutti i globuli bianchi e rossi e aveva intaccato tutti gli organi. Il 29 dicembre Valeria se n'è andata, lasciando il marito Tiziano, operaio della Fincantieri, e un bambino di 7 mesi.
(07 gennaio 2012)

palermo.repubblica.it/cronaca/2012/01/07/news/palermo_uccisa_da_chemio_letale_condannata_da_uno_zero_in_pi-2...
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