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Politica e informazione: Editoria, per accedere ai contributi pubblici bisogna vendere il 30% delle copie distribuite

Ultimo Aggiornamento: 12/05/2012 09:47
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...come i partiti influenzano il quarto stato....
RAI
Garimberti a sorpresa: "Tg1 fazioso,
ma esiste anche un problema Tg3"
Il presidente della Rai risponde a una domanda del capogruppo Pdl Butti. E ammette: "I lanci del telegiornale della terza rete non sono sempre equilibrati". Sul telegiornale di RaiUno: "Con il direttore non parliamo da due anni". Berlinguer: "Sono stupefatta". Rizzo Nervo: "Presidente frainteso"
Lorenza Lei e Paolo Garimberti
ROMA - "Esiste un problema Tg3, lo ammetto...". Lo ha detto il presidente della Rai Paolo Garimberti durante l'audizione di oggi pomeriggio, insieme al direttore generale Lorenza Lei, in commissione di Vigilanza.
E' stato il capogruppo del Pdl Alessio Butti a 'provocare' la risposta di Garimberti, chiedendogli se "abbia notato o meno la faziosità del Tg3: "Non pretendiamo condizionamenti ma Garimberti esprima un giudizio sul Tg3. C'è o no un problema pluralismo anche lì, oppure salta quel canale quando fa zapping? E' forse solo una nostra fissa questa del Tg3?", ha chiesto Butti.

"Il problema esiste". La risposta del presidente è stata chiara, il problema esiste e l'ha ammesso. Ed ha raccontato che ieri sera ha telefonato al direttore della testata, Bianca Berlinguer, lamentando che "i lanci del Tg3 della sera prima non erano obiettivi". Garimberti ha successivamente spiegato che il problema è "in termini di distinzione tra opinioni e notizie ma non in termini di completezza di informazione". "Vedo tutti i Tg. Non solo il Tg1", ha spiegato il presidente della Rai, aggiungendo di aver telefonato ieri sera a Bianca Berlinguer per lamentarsi di come sono stati lanciati alcuni servizi del telegiornale.

"Il Tg1 di Minzolini non è pluralista". Garimberti si esprime anche sul Tg diretto da Augusto Minzolini: "Non è pluralista", ha detto il presidente di viale Mazzini, aggiungendo di aver visto i pezzi del 14 sera del Tg delle 20.00. Garimberti ha definito i servizi "tendenziosi per come erano costruiti e oltretutto attaccavano Fini ed erano senza contradditorio: non veniva data al presidente della Camera possibilità di rispondere".
Insomma, "il servizio è stato parziale e fazioso, una cosa che ho rimarcato anche durante il Consiglio di amministrazione". Minzolini, ha aggiunto Garimberti, "poi il giorno dopo, invece di dare una possibilità di replica, ha anche fatto un editoriale peggiorando la situazione".
Il presidente della Rai ha spiegato di non aver chiamato il direttore di Saxa Rubra al telefono "perchè da ormai due anni, da quando l'ho criticato, non mi parla più. Mi saluta soltanto nelle occasioni formali".

Berlinguer "stupefatta". Usa questo aggettivo Bianca Berlinguer, direttrice del Tg3, riferendosi alle parole del presidente Garimberti. "Sono stupefatta per le dichiarazioni del presidente della Rai. Da quando dirigo il Tg3, due anni, ho ricevuto una sola telefonata da Paolo Garimberti, quella di ieri sera", dice Berlinguer, spiegando che "Durante il colloquio mi è stato fatto notare che il conduttore delle 19.00 in due lanci non aveva adeguatamente distinto tra notizie e commento. Oggi, sorprendentemente, dopo aver affermato che non è in discussione 'la completezza dell'informazione offerta dal Tg3' il presidente ha tuttavia sostenuto che esisterebbe 'un problema Tg3'". La Berlinguer conclude rilevando: "Stupisce che si dica ciò di un telegiornale che ha dato sempre spazio a tutte le opinioni e a tutte le posizioni e che negli ultimi due anni ha visto crescere gli ascolti in tutte le sue edizioni".
Nella polemica interviene anche il consigliere Rai Nino Rizzo Nervo: "Sono portato a credere che il
presidente Garimberti sia stato frainteso. Equiparare il Tg3 al Tg1 sarebbe infatti una sortita ingiusta, infelice e improvvida".

(25 ottobre 2011)

www.repubblica.it/politica/2011/10/25/news/garimberti_esiste_un_problema_tg3-2...
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Ferrara occupa Rai Due, lo spazio
che fu di Annozero ora è suo Da gennaio l'Elefantino sarà in onda il giovedì in prima serata sulla seconda rete. "E' stata un'ispirazione, ho preso la cattedra di Enzo Biagi e ora il trono di Michele Santoro"Giuliano Ferrara è sportivo: “Che c’è? Sono impegnato. Ci sentiamo più tardi”. Richiama: “Volete sapere del mio nuovo programma? Bene, potete pure scrivere che sono cornuto, ma vi voglio dare una notizia”. Calma, prego: “Una mattina sfogliavo un giornale, leggevo gli ascolti di Rai 2 e di Gianluigi Paragone, stanco di manifestazioni, petizioni, appelli e un’ispirazione mi ha travolto”.

Che fare in quei momenti di vorace estrosità? Ferrara accende una sigaretta, prende la tastiera e scrive al direttore generale Rai: “Cara Lorenza…”. Non c’è bisogno nemmeno di arrivare al punto perché Lorenza Lei, entusiasta per l’offerta, ordina uomini, scalette, studi. E annuncia in Vigilanza: “A gennaio avremo un sostituto di Annozero su Rai 2”, tanto per far dimenticare il disastro di Star Academy e la scomparsa di milioni di euro in pubblicità.

Il direttore del Foglio ha spedito la lettera senza ricevuta di ritorno, ma avrà quel che chiede: “Non conosco l’esito. Non posso sapere i progetti di viale Mazzini”. Però, quel pezzo di palinsesto che fu di Santoro è un trofeo incustodito: “Ascolta con attenzione, mi spiace che il tono di voce sul giornale valga zero, ma senti il mio gusto: prima eredito la cattedra di Enzo Biagi, adesso il trono di Michele Santoro …”. Puntini sospensivi.

Manca soltanto Daniele Luttazzi e poi, ironia berlusconiana, l’editto di Sofia è completo. E Qui Radio Londra? “Ah, non ci rinuncio”. Anche se l’espatrio di Ferrara è un cerotto per fermare l’emorragia di ascolti su Rai 1: il monologo quotidiano è fiacco, il contratto triennale è intoccabile, meglio provare altrove. L’ex ministro di B. è pronto a infiltrarsi nel ciclone campagna elettorale, c’è persino il titolo: “Eccolo: L’esame. Perché vorrei che ci sia un confronto di opinioni, io non sono per la verità estrapolata come il molare dal dentista, io non sono la voce del popolo. Vorrei qualcosa di veloce e dinamico: pochi filmati, due mie interviste a due personaggi diversi, un gruppo di persone che giudica e consente al sondaggista Nando Pagnoncelli di fare le sue statistiche”.

Reduce dal balletto di piazza Farnese contro Nicolas Sarkozy, splendido il giro di valzer con Daniela Santanchè, l’ex comunista Ferrara è sempre fedele al Cavaliere. Rientra in quel gruppetto di giornalisti di destra che, senza chiedere permessi, può decidere quando e come lavorare per il servizio pubblico. Poi, il resto è protocollo. Stupida burocrazia. Lorenza Lei, arguta, detta tempi e modi: sede di via Teulada (la più centrale), periodo gennaio-giugno (si vota, magari), massima discrezione (l’operazione vale la riconferma). Per motivi intellettuali o politici, Ferrara è un fenomeno del genere: sarà l’unico giornalista che, fallito un esperimento di cinque minuti, viene promosso in prima serata per due ore. Il direttore è sincero: “Non mi aspetto cifre esplosive di share, vorrei concedere ai telespettatori due ore di sana e pacata riflessione”. Sana, vedremo. Pacata, chissà. Per l’azienda i numeri Auditel sono una categoria dello spirito, poco importa se un giorno Mediaset vince: non si litiga fra parenti.

da Il Fatto Quotidiano del 28 ottobre 2011

www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/28/ferrara-occupa-rai2-il-nuovo-annozero-lui...
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angelico, 28/10/2011 14.30:

Ferrara occupa Rai Due, lo spazio
che fu di Annozero ora è suo Da gennaio l'Elefantino sarà in onda il giovedì in prima serata sulla seconda rete. "E' stata un'ispirazione, ho preso la cattedra di Enzo Biagi e ora il trono di Michele Santoro"Giuliano Ferrara è sportivo: “Che c’è? Sono impegnato. Ci sentiamo più tardi”. Richiama: “Volete sapere del mio nuovo programma? Bene, potete pure scrivere che sono cornuto, ma vi voglio dare una notizia”. Calma, prego: “Una mattina sfogliavo un giornale, leggevo gli ascolti di Rai 2 e di Gianluigi Paragone, stanco di manifestazioni, petizioni, appelli e un’ispirazione mi ha travolto”.

Che fare in quei momenti di vorace estrosità? Ferrara accende una sigaretta, prende la tastiera e scrive al direttore generale Rai: “Cara Lorenza…”. Non c’è bisogno nemmeno di arrivare al punto perché Lorenza Lei, entusiasta per l’offerta, ordina uomini, scalette, studi. E annuncia in Vigilanza: “A gennaio avremo un sostituto di Annozero su Rai 2”, tanto per far dimenticare il disastro di Star Academy e la scomparsa di milioni di euro in pubblicità.

Il direttore del Foglio ha spedito la lettera senza ricevuta di ritorno, ma avrà quel che chiede: “Non conosco l’esito. Non posso sapere i progetti di viale Mazzini”. Però, quel pezzo di palinsesto che fu di Santoro è un trofeo incustodito: “Ascolta con attenzione, mi spiace che il tono di voce sul giornale valga zero, ma senti il mio gusto: prima eredito la cattedra di Enzo Biagi, adesso il trono di Michele Santoro …”. Puntini sospensivi.

Manca soltanto Daniele Luttazzi e poi, ironia berlusconiana, l’editto di Sofia è completo. E Qui Radio Londra? “Ah, non ci rinuncio”. Anche se l’espatrio di Ferrara è un cerotto per fermare l’emorragia di ascolti su Rai 1: il monologo quotidiano è fiacco, il contratto triennale è intoccabile, meglio provare altrove. L’ex ministro di B. è pronto a infiltrarsi nel ciclone campagna elettorale, c’è persino il titolo: “Eccolo: L’esame. Perché vorrei che ci sia un confronto di opinioni, io non sono per la verità estrapolata come il molare dal dentista, io non sono la voce del popolo. Vorrei qualcosa di veloce e dinamico: pochi filmati, due mie interviste a due personaggi diversi, un gruppo di persone che giudica e consente al sondaggista Nando Pagnoncelli di fare le sue statistiche”.

Reduce dal balletto di piazza Farnese contro Nicolas Sarkozy, splendido il giro di valzer con Daniela Santanchè, l’ex comunista Ferrara è sempre fedele al Cavaliere. Rientra in quel gruppetto di giornalisti di destra che, senza chiedere permessi, può decidere quando e come lavorare per il servizio pubblico. Poi, il resto è protocollo. Stupida burocrazia. Lorenza Lei, arguta, detta tempi e modi: sede di via Teulada (la più centrale), periodo gennaio-giugno (si vota, magari), massima discrezione (l’operazione vale la riconferma). Per motivi intellettuali o politici, Ferrara è un fenomeno del genere: sarà l’unico giornalista che, fallito un esperimento di cinque minuti, viene promosso in prima serata per due ore. Il direttore è sincero: “Non mi aspetto cifre esplosive di share, vorrei concedere ai telespettatori due ore di sana e pacata riflessione”. Sana, vedremo. Pacata, chissà. Per l’azienda i numeri Auditel sono una categoria dello spirito, poco importa se un giorno Mediaset vince: non si litiga fra parenti.

da Il Fatto Quotidiano del 28 ottobre 2011

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la cosa tragica e' che dobbiamo mantenerli su tutti i fronti,questo prende i contributi statali per il suo Foglio ed ora chissa' quanto per quest'ennesimo talk,l'elefantino!Ah,no,devo mettere la maiuscola,e'il titolo della trasmissione! [SM=g27994]


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angelico, 28/10/2011 14.30:

Ferrara occupa Rai Due, lo spazio
che fu di Annozero ora è suo Da gennaio l'Elefantino sarà in onda il giovedì in prima serata sulla seconda rete. "E' stata un'ispirazione, ho preso la cattedra di Enzo Biagi e ora il trono di Michele Santoro"Giuliano Ferrara è sportivo: “Che c’è? Sono impegnato. Ci sentiamo più tardi”. Richiama: “Volete sapere del mio nuovo programma? Bene, potete pure scrivere che sono cornuto, ma vi voglio dare una notizia”. Calma, prego: “Una mattina sfogliavo un giornale, leggevo gli ascolti di Rai 2 e di Gianluigi Paragone, stanco di manifestazioni, petizioni, appelli e un’ispirazione mi ha travolto”.

Che fare in quei momenti di vorace estrosità? Ferrara accende una sigaretta, prende la tastiera e scrive al direttore generale Rai: “Cara Lorenza…”. Non c’è bisogno nemmeno di arrivare al punto perché Lorenza Lei, entusiasta per l’offerta, ordina uomini, scalette, studi. E annuncia in Vigilanza: “A gennaio avremo un sostituto di Annozero su Rai 2”, tanto per far dimenticare il disastro di Star Academy e la scomparsa di milioni di euro in pubblicità.

Il direttore del Foglio ha spedito la lettera senza ricevuta di ritorno, ma avrà quel che chiede: “Non conosco l’esito. Non posso sapere i progetti di viale Mazzini”. Però, quel pezzo di palinsesto che fu di Santoro è un trofeo incustodito: “Ascolta con attenzione, mi spiace che il tono di voce sul giornale valga zero, ma senti il mio gusto: prima eredito la cattedra di Enzo Biagi, adesso il trono di Michele Santoro …”. Puntini sospensivi.

Manca soltanto Daniele Luttazzi e poi, ironia berlusconiana, l’editto di Sofia è completo. E Qui Radio Londra? “Ah, non ci rinuncio”. Anche se l’espatrio di Ferrara è un cerotto per fermare l’emorragia di ascolti su Rai 1: il monologo quotidiano è fiacco, il contratto triennale è intoccabile, meglio provare altrove. L’ex ministro di B. è pronto a infiltrarsi nel ciclone campagna elettorale, c’è persino il titolo: “Eccolo: L’esame. Perché vorrei che ci sia un confronto di opinioni, io non sono per la verità estrapolata come il molare dal dentista, io non sono la voce del popolo. Vorrei qualcosa di veloce e dinamico: pochi filmati, due mie interviste a due personaggi diversi, un gruppo di persone che giudica e consente al sondaggista Nando Pagnoncelli di fare le sue statistiche”.

Reduce dal balletto di piazza Farnese contro Nicolas Sarkozy, splendido il giro di valzer con Daniela Santanchè, l’ex comunista Ferrara è sempre fedele al Cavaliere. Rientra in quel gruppetto di giornalisti di destra che, senza chiedere permessi, può decidere quando e come lavorare per il servizio pubblico. Poi, il resto è protocollo. Stupida burocrazia. Lorenza Lei, arguta, detta tempi e modi: sede di via Teulada (la più centrale), periodo gennaio-giugno (si vota, magari), massima discrezione (l’operazione vale la riconferma). Per motivi intellettuali o politici, Ferrara è un fenomeno del genere: sarà l’unico giornalista che, fallito un esperimento di cinque minuti, viene promosso in prima serata per due ore. Il direttore è sincero: “Non mi aspetto cifre esplosive di share, vorrei concedere ai telespettatori due ore di sana e pacata riflessione”. Sana, vedremo. Pacata, chissà. Per l’azienda i numeri Auditel sono una categoria dello spirito, poco importa se un giorno Mediaset vince: non si litiga fra parenti.

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angelico, 28/10/2011 14.30:

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che fu di Annozero ora è suo Da gennaio l'Elefantino sarà in onda il giovedì in prima serata sulla seconda rete. "E' stata un'ispirazione, ho preso la cattedra di Enzo Biagi e ora il trono di Michele Santoro"Giuliano Ferrara è sportivo: “Che c’è? Sono impegnato. Ci sentiamo più tardi”. Richiama: “Volete sapere del mio nuovo programma? Bene, potete pure scrivere che sono cornuto, ma vi voglio dare una notizia”. Calma, prego: “Una mattina sfogliavo un giornale, leggevo gli ascolti di Rai 2 e di Gianluigi Paragone, stanco di manifestazioni, petizioni, appelli e un’ispirazione mi ha travolto”.

Che fare in quei momenti di vorace estrosità? Ferrara accende una sigaretta, prende la tastiera e scrive al direttore generale Rai: “Cara Lorenza…”. Non c’è bisogno nemmeno di arrivare al punto perché Lorenza Lei, entusiasta per l’offerta, ordina uomini, scalette, studi. E annuncia in Vigilanza: “A gennaio avremo un sostituto di Annozero su Rai 2”, tanto per far dimenticare il disastro di Star Academy e la scomparsa di milioni di euro in pubblicità.

Il direttore del Foglio ha spedito la lettera senza ricevuta di ritorno, ma avrà quel che chiede: “Non conosco l’esito. Non posso sapere i progetti di viale Mazzini”. Però, quel pezzo di palinsesto che fu di Santoro è un trofeo incustodito: “Ascolta con attenzione, mi spiace che il tono di voce sul giornale valga zero, ma senti il mio gusto: prima eredito la cattedra di Enzo Biagi, adesso il trono di Michele Santoro …”. Puntini sospensivi.

Manca soltanto Daniele Luttazzi e poi, ironia berlusconiana, l’editto di Sofia è completo. E Qui Radio Londra? “Ah, non ci rinuncio”. Anche se l’espatrio di Ferrara è un cerotto per fermare l’emorragia di ascolti su Rai 1: il monologo quotidiano è fiacco, il contratto triennale è intoccabile, meglio provare altrove. L’ex ministro di B. è pronto a infiltrarsi nel ciclone campagna elettorale, c’è persino il titolo: “Eccolo: L’esame. Perché vorrei che ci sia un confronto di opinioni, io non sono per la verità estrapolata come il molare dal dentista, io non sono la voce del popolo. Vorrei qualcosa di veloce e dinamico: pochi filmati, due mie interviste a due personaggi diversi, un gruppo di persone che giudica e consente al sondaggista Nando Pagnoncelli di fare le sue statistiche”.

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Bruno Vespa contestato: «Venduto»
Critiche al giornalista mentre passeggiava nei pressi del teatro Valle di Roma. La replica: «Insultato alle spalle»



ROMA - Bruno Vespa è stato contestato e insultato davanti al Teatro Valle a Roma. È quanto documenta un video, messo in rete dagli stessi autori della protesta, che sta girando su Facebook e mostra il giornalista alle prese con un gruppo di persone inferocite che gli urla «venduto, la Rai è servizio pubblico». Contro il conduttore di Porta a Porta si sono levate parolacce, fischi e cori.

LA RICOSTRUZIONE - Secondo quanto riferiscono i lavoratori dello spettacolo che dal 14 giugno scorso stanno occupando il teatro Valle di Roma l'episodio è accaduto sabato sera verso 20.30 circa. A contestare Bruno Vespa, che stava passeggiando vicino lo storico teatro romano, sarebbero state una trentina di persone. Tutto sarebbe iniziato da una frase, appunto «La Rai è un servizio pubblico», indirizzata al conduttore di Porta a Porta e partita dalle persone in fila per assistere allo spettacolo serale del Valle. Da lì poi il coro di urla ed insulti è andato via via aumentando coinvolgendo gran parte degli spettatori in attesa fuori dal teatro, alcuni occupanti del Valle ed anche, secondo quanto si apprende, diversi commercianti della zona. Il video della contestazione è stato pubblicato alcuni minuti dopo l'accaduto sulla pagina Facebook del Teatro Valle occupato.


Un momento del faccia a faccia tra Bruno Vespa e alcune delle persone all'esterno del teatro Valle di Roma (Ansa)
LA REPLICA DEL GIORNALISTA - Lo stesso Bruno Vespa è intervenuto domenica sera sull'accaduto, facendo notare che «il video mostra soltanto gli ultimi secondi, quando io mi sono allontanato». «In realtà passando davanti al teatro Valle insieme con mia moglie - ha precisato - sono stato insultato alle spalle. Sono tornato indietro per affrontare chi mi insolentiva chiedendone le ragioni e dicendomi pronto a una franca discussione. Non è stato possibile e per almeno un quarto d'ora sono stato violentemente insultato da almeno una trentina di persone che urlavano come ossesse. Ci sono testimoni che possono confermarlo». Quanto a «chi mi diceva di essere venduto a Berlusconi - ha evidenziato il giornalista Rai - ho chiarito che io non gli devo niente e anzi sono io che ogni anno gli do una discreta paghetta con i miei libri come editore di Mondadori. Quando ho dovuto allontanarmi perchè alcuni ospiti ci aspettavano ormai da tempo in un ristorante vicino, mia moglie si è fermata altri venti minuti affrontando gli occupanti del Valle e alla fine, quando tutti se ne erano andati, ha dato agli ultimi il suo biglietto da visita del ministero della Giustizia invitandoli a chiamarla quando avessero voluto fare un dibattito». (con fonte Ansa)

Redazione Online
30 ottobre 2011(ultima modifica: 31 ottobre 2011 08:48)

www.corriere.it/cronache/11_ottobre_30/bruno-vestpa-contestato-strada-venduto_3733ef38-0346-11e1-8566-f96c33d241...
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No grazie, la stampa mi rende nervoso
Giornalisti insultati come 'rompicoglioni', 'mentecatti', 'terroristi'. Minacciati di botte dal ministro Bossi. Schiacciati dal ministro La Russa. Lasciati sistematicamente senza risposte, a partire da Berlusconi per arrivare al sindaco di Roma Alemanno. Ecco come la politica attacca e fugge l'informazione



a cura di Giulia Santerini

video.repubblica.it/copertina/no-grazie-la-stampa-mi-rende-nervoso/798...
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La paura dei deputati? Lo zoom dei fotografi
E partono le contromisure per neutralizzarli Domani l'Ufficio di presidenza di Montecitorio esaminerà due proposte di Pdl e Lega per oscurare l'obiettivo dei fotoreporter: si punta a limitare a mezz'ora la loro presenza in aula o a proibirla del tuttoIl foglietto con gli appunti scritti da Berlusconi durante il voto alla Camera I tempi cambiano, e tocca adeguarsi. Per esempio, se fotografi e cameraman s’infiltrano nei palchi parlamentari per cogliere dettagli imbarazzanti – dimostrando peraltro uno scarsissimo senso delle istituzioni e un disastroso amor di patria –, sarà meglio inventarsi un modo per tenerli alla larga. E infatti domani, dopo che Mario Monti sarà andato in giro a convincere l’Europa che siamo diventati un Paese tanto adulto e responsabile, l’Ufficio di Presidenza della Camera affronterà di petto lo spinoso argomento: come bloccare zoom selvaggio? Alle ore 11, 30, primo punto all’ordine del giorno, ecco due proposte da esaminare con la dovuta attenzione.

Secondo l’agenzia Dire, una è stata depositata del Pdl e messa a punto dall’onorevole Gregorio Fontana: dirette a parte, concesse solo in occasioni eccezionali, l’accesso ai fotoreporter dovrebbe essere garantito solo per una mezzoretta, giusto il tempo di qualche scatto d’ordinanza e poi via libera a smanettoni e grafomani. L’idea della Lega, firmata Giacomo Stucchi, va giù con la roncola: niente più obiettivi supersensibili in aula onde evitare la diffusione di zoommate su pizzini, giochini e messaggini indebitamente sottratti alla faticosa vita parlamentare.

Può infatti l’onorevole deputato tollerare che il suo girovagare sui siti di escort (“per sbaglio”, come ebbe a dire Simeone Di Cagno Abbrescia, Pdl) o a tweettare (vedi Roberto Menia, Fli) o ancora a inviare disponibili inviti cartacei al neopremier (vedi Enrico Letta, Pd) sia disturbato da invadenti mezzi che moltiplicano via web e giornali l’indecorosa aggressione popolare? Ennò, caspita, si trovi subito una soluzione. Un giusto freno all’eccesso di curiosità che segnò anticipatamente l’uscita di scena di Silvio Berlusconi quando una lente biricchina colse quell’appunto sugli “8 traditori” che non votarono per il bilancio consuntivo.

Galeotto fu il foglietto: vergato con ira funesta dal premier, segnò la fine materiale della maggioranza, e subito giunsero le truppe cammellate a proporre un sano rimedio, le due ipotesi in discussione domani. Perché, fin quando il fotografo coglie amorosi bigliettini alle belle deputate, si può anche strizzare l’occhio. Ma se ci va di mezzo la contabilità delle poltrone, che di qui a fine legislatura diventerà scienza e arte sempre più raffinata, è opportuno stendere un pietoso copriobiettivo. E chissà come reagirà il trasparente Pd dopo la figuraccia di Enrico Letta. Dario Franceschini, capogruppo alla Camera, parte soft: “Penso vadano introdotte delle regole. Anche un deputato ha diritto alla privacy”. Anche nelle aule dove si lavora in nome del popolo italiano?

da Il Fatto Quotidiano del 22 novembre 2011

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Ballarò, Romani contro i sondaggi di Pagnoncelli: ''Sono fatti a casa sua''
Scambio di battute in diretta su RaiTre tra l'ex ministro allo Sviluppo economico e attuale assessore al comune di Monza in quota Pdl, e il sondaggista di Ballarò, Nando Pagnoncelli, difeso dal conduttore Giovanni Floris: "Sono fatti a casa sua, ma sono fatti bene"

video.repubblica.it/dossier/crisi-italia-2011/ballaro-romani-contro-i-sondaggi-di-pagnoncelli-sono-fatti-a-casa-sua/81400?video=&ref...
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Ascolti, crolla il Tg1: share 16%
Stacco record dal Tg5. Vola il Tg3
Poco più di quattro milioni di spettatori davanti all'edizione delle 20 di ieri. Il notiziario dell'ammiraglia Mediaset al 20,41% con 5 milioni 295 mila spettatori. Mai un distacco così pesante. Le opposizioni: "Il direttore Minzolini si deve dimettere". Il cdr del tg: "Emergenza dovuta a una linea politica faziosa e schierata". Boom per il Tg3: l'edizione delle 19 quasi al 18%, il dato più alto dei tg Rai
Augusto Minzolini
ROMA - Dopo un calo di ascolti pressoché costante, ieri sera il Tg1 diretto da Augusto Minzolini è stato protagonista di un crollo: l'edizione delle 20 ha ottenuto uno share del 16% pari a 4 milioni 178 mila spettatori. Il confronto con il Tg5 è pesante: l'edizione delle 20 ha registrato uno share del 20,41% con 5 milioni 295 mila spettatori, quasi cinque punti in più rispetto al notiziario dell'ammiraglia Rai. Prima di oggi il distacco non era mai stato così pesante. Da registrare il buon risultato del Tg di La7: l'edizione delle 20 ha ottenuto il 6,23% di share media con oltre 1,6 milioni di telespettatori. Il cdr del Tg1: "Emergenza dovuta a una linea politica faziosa e schierata". Ma quel che più colpisce è il risultato del Tg3: l'edizione delle 19, con il 17, 69%, ha raggiunto lo share più alto di tutti i telegiornali nazionali della Rai della serata. Ottimo il risultato anche in termini di telespettatori: quasi 3 milioni e 700 mila. Buono anche il risultato dell'edizione delle 14.20 con il 12,91% e quasi 2 milioni e mezzo di telespettatori.

Le opposizioni commentano i dati d'ascolto chiedendo le dimissioni del direttore del Tg1. E la questione potrebbe tornare all'ordine del giorno il 6 dicembre, data in cui il giudice per le udienze preliminari Francesco Patrone dovrà decidere sull'autorizzazione a procedere nei confronti dello stesso Minzolini sulla

vicenda delle note spese 1 che lo vede coinvolto.

E arriva una nota del comitato di redazione: "Con Augusto Minzolini - si legge - il Tg1 ha perso credibilità e ora l'appello è ai vertici perché prendano provvedimenti immediati per il rilancio della testata". Nella nota, il cdr parla di "un delitto annunciato" né "si nasconde il problema del traino, la rete ci ha lasciato al 9%", ma il problema che il cdr denuncia "da sempre, inascoltato, è che ormai la principale edizione del principale tg pubblico si è attestata appena sopra il 20%. Da tempo il cdr ha detto basta, è ora che l'azienda ci ascolti e non nasconda più la testa sotto la sabbia. Quella del Tg1 è un'emergenza dovuta certo a una linea politica, più che editoriale, faziosa e schierata, impressa dal direttore Minzolini che ha fatto perdere al nostro tg una credibilità che deve essere assolutamente recuperata. Così come devono essere recuperate - continua il comunicato - professionalità importanti messe ai margini. E ancora: denunciamo i ritardi colpevoli nel rinnovamento dei mezzi tecnici e produttivi. L'azienda non si nasconda dietro un temporeggiare che significa solo sperperare soldi pubblici e mettere a rischio posti di lavoro in un momento di crisi. Facciamo di nuovo appello al presidente e al direttore generale perché prendano provvedimenti immediati per rilanciare quello che vogliamo continui a essere il primo telegiornale italiano".

La notizia del vistoso calo di ascolti del Tg1 non sorprende. Dopo una stagione, quella passata, caratterizzata dalla perdita di spettatori oltre che dalle polemiche su pluralismo e faziosità 2 del telegiornale diretto da Minzolini, già a luglio il direttore generale della Rai 3, Lorenza Lei, aveva chiesto una "riflessione comune" annunciando che sul tavolo del consiglio d'amministrazione che si sarebbe svolto pochi giorni dopo, alla metà del mese, la questione sarebbe stata esaminata a fondo. Un problema che in quella circostanza il presidente della Rai, Paolo Garimberti, aveva definito "molto serio", animando una polemica con lo stesso Minzolini il quale aveva replicato che Garimberti avrebbe fatto meglio "a occuparsi di tutta RaiUno", citando un calo complessivo di ascolti per la Rete.

Diffusi i dati relativi a ieri, le reazioni non si fanno attendere. "Da tempo immemorabile denuncio la situazione disastrosa in cui versa quella che una volta era la testata 'ammiraglia' della televisione italiana, pubblica e privata - commenta il cinsigliere d'amministrazione Rai, Nino Rizzo Nervo - ormai sull'orlo di una crisi senza ritorno. Sinora il vertice Rai si è cucito gli occhi, ma spero ancora in un sussulto di dignità e orgoglio aziendali. E' sempre meglio tardi che mai". Non parla di crisi di ascolti ma di "tracollo" in senatore Pd Vincenzo Vita, che nei dati ravvisa "il manifesto del definitivo disastro di quella che fu la più importante testata della televisione italiana" e per il quale "è evidente che così la Rai non può andare avanti, non c'entra più niente la discussione politica, si tratta di prendere atto di ciò che è accaduto e di intervenire sul problema della direzione, che non può ritenersi né estranea né incolpevole".

"Squadra che perde si cambia", è il monito dell'Italia dei Valori. Il distacco record da parte del Tg5, osserva il capogruppo in commissione di Vigilanza Rai, Pancho Pardi, "è l'emblema della gestione fallimentare del direttore Minzolini: un'emorragia che ha raggiunto livelli senza precedenti e che impone le sue immediate dimissioni". Sul circuito dell'informazione giornalistica, continua il senatore, il Tg1 "non solo è stato sorpassato, ma addirittura doppiato dalla concorrenza e continua a perdere ascolti perché gli utenti non hanno più voglia di ascoltare notizie pilotate, omesse o edulcorate 4. I vertici Rai si attivino per invertire la rotta, sostituendo il direttorissimo con un professionista capace, indipendente ed equilibrato in grado di restituire credibilità al servizio pubblico televisivo".Un appello all'intervento dei vertici Rai anche da Riccardo Milana,senatore di Alleanza per l'Italia e altro componente della Vigilanza: "In caso contrario, le responsabilità non saranno solo del direttore".

"Siamo stanchi di ripetere sempre la stessa cosa - aggiunge la deputata di Fli, e membro della Vigilanza Rai, Flavia Perina - ma dopo i dati sullo share del Tg1 non possiamo che tornare a chiedere un intervento dei vertici Rai sulla direzione del principale telegiornale della tv pubblica, visto che Minzolini di dimettersi non sembra averne proprio voglia. Mi domando a questo punto se il direttore del Tg1 non stia aspettando di raggiungere il traguardo record dello 0% di share".
(28 novembre 2011)

www.repubblica.it/politica/2011/11/28/news/ascolti_il_tg5_supera_il_tg1_quasi_cinque_i_punti_di_distacco-25724553/?ref...
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Solidarietà è stata espressa dal Tg5 ad Augusto Minzolini per gli attacchi a cui è sottoposto. E' appena ovvio, quando gli ricapita uno così?


www.repubblica.it/rubriche/dekoder/2011/12/02/news/gruber_carelli-2...
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Ieri il notiziario di La7 ha toccato punte del 12,11% di share. La rete è la terza in prime time con una media dell'8,66% di share
Enrico Mentana
ROMA – A passi da gigante. Il Tg La7 di Enrico Mentana guadagna punti di settimana in settimana. In qualche caso, anche da un giorno all’altro. L’edizione delle 20 di ieri, venerdì 9 dicembre, ha realizzato il 10,56% di share media con quasi 2 milioni 700 mila spettatori (2.678.840) e oltre 4 milioni di contatti (4.021.479). E alle 20.30 il notiziario ha toccato un picco di oltre 3 milioni di spettatori (3.166.673) e del 12,11% di share. Solo il giorno prima si era parlato di ascolti lusinghieri: l’edizione delle 20 di giovedì 8 dicembre aveva ottenuto l’8,87% di share media con 2 milioni 165 mila 32 spettatori; il picco alle 20.27 con più di due milioni 400 mila spettatori e il 9,70% di share.

Passi da gigante, si diceva. E si era intuìto fin dal primo anno di vita del telegionale di quello che viene ormai considerato a tutti gli effetti il terzo polo televisivo. A giugno del 2010 il Tg La7 aveva registrato una media del 3,45% di share con 624 mila 410 telespettatori, ed esattamente un anno dopo, a giugno 2011, lo share era diventato del 10,99% con due milioni 148 mila 839 spettatori in valore assoluto. Mentana ne aveva preso le redini a luglio 2010. Numeri triplicati, insomma. In soli dodici mesi.

Gli ottimi risultati del telegiornale si sommano anche agli altri numeri realizzati dalla rete nell’arco della giornata. Grazie ai quali ieri il network LA7 (La7 e La7d) ha ottenuto il 5,81% di share media nel totale giornata (la sola La7 è al 5,42%), l’8,95% in prime time e più di 14 milioni (14.191.125) di contatti nelle 24 ore. Il circuito La7 Web ha registrato 80 mila browser unici e 672mila pagine viste. La7 è terza rete in prime time con l’8,66% di share media. Nell’access prime time allargato de La7, ovvero il tg delle 20 e “Otto e mezzo”, la rete ha realizzato l’8,68% di share media, con oltre 2,3 milioni di telespettatori (2.318.081) e poco meno di 5,6milioni di contatti complessivi (5.590.401).

Intanto sul fronte Rai i vertici di viale Mazzini lavorano alla sostituzione del direttore del Tg1, Augusto Minzolini, dopo il rinvio a giudizio per peculato in merito alla vicenda delle spese pagate con la carta di credito aziendale. Il dg Rai Lorenza Lei ha proposto al consiglio di amministrazione Rai, per la direzione ad interim del Tg1, il nome di Antonio Maccari (già vice di Mimun, ora alla guda della Tgr). Il nome appare nella documentazione inviata in vista del cda straordinario di martedì mattina, che dovrebbe procedere alla nomina del nuovo direttore della testata.

Tornando a La7, vediamo nel dettaglio i risultati di ieri. In access prime time “Otto e mezzo” di Lilli Gruber ha raggiunto una share media del 7,05%, con quasi 2 milioni di ascoltatori nel minuto medio (1.974.730) e oltre 4,2 milioni di contatti (4.280.171). La puntata, che ospitava l’attore e scrittore Fabio Volo e il giornalista Aldo Cazzullo ha raggiunto picchi di oltre 2,1 milioni di telespettatori (2.180.954 alle 20:47) e dell’8% di share (7,97% alle 20:41).

In prima serata Maurizio Crozza con “Italialand – Nuove Attrazioni” ha fatto registrare il 9,44% di share media con oltre 2,5 milioni di telespettatori (2.584.771), quasi 6,8 milioni di contatti (6.795816) con picchi del 10,99% di share (alle 22:07) e di 3,1 milioni di telespettatori (3.177.860 alle 21:37). La diretta web del programma su La7.it è stata seguita da 8.200 contatti, +16% rispetto alla media stagionale.

A seguire, “Italialand – Antiche Attrazioni” ha ottenuto una share media del 6,63% con oltre 1,2 milioni di telespettatori (1.253.325) e quasi 2,5 milioni di contatti (2.456.831). Il programma ha toccato (alle 23.31) i propri picchi di massimo ascolto con quasi 1,4 milioni di telespettatori (1.385.685) e con l’8,21% di share (alle 23.40). “G’ Day”, il preserale condotto da Geppi Cucciari, ha ottenuto il 3,30% di share media con 700mila telespettatori (697.661), quasi 1,3 milioni di contatti (1.280.357) e un picco del 3,92% di share e di 879mila telespettatori (alle 19.47).

In mattinata, il contenitore d’informazione “Omnibus” ha realizzato una share media del 4,17% con più di 1,4 milioni di contatti (1.466.435) e un picco di massimo ascolto del 5,83% (alle 9:31). Il Tg La7 delle 7.30 ha fatto registrare il 4,54% di share media con picco del 5,20% (alle 7.44). A seguire. “Coffee Break” ha totalizzato il 4,02% di share media con picco del 4,87% (alle 10:22). “L’aria che tira”, con Myrta Merlino, ha ottenuto il 3,24% di share media, con un picco del 4,14% (alle 10.52). L’edizione meridiana del Tg La7 ha totalizzato il 6,81% di share media, con più di 1,2 milioni di telespettatori (1.241.427) e più di 2 milioni di contatti (2.053.829). Alle 13.45 il tg ha raggiunto un picco del 7,77% di share. Infine, 4,03% di share media con quasi 2,2 milioni di contatti (2.199.442) per il film d’avventura del pomeriggio “Viaggio al centro della Terra”, che alle 16.14 ha raccolto un picco del 6,76% di share.



(10 dicembre 2011)
www.kataweb.it/tvzap/2011/12/10/vola-il-tg-di-mentana-picco-di-oltre-3-milioni...
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Il pastone da telegiornale non muore mai. Minimo sforzo, massimo guadagno in visibilità per i politici nei vari telegiornali Mediaset e Rai. L’informe servizione, il pastone appunto, che riassume la giornata politica con igli esponenti di tutti gli schieramenti in Parlamento pronti a dire la loro sul tema del giorno. Il telespettatore ne esce quasi sempre disorientato, senza mai capire chi abbia ragione e chi no. Visto che i giornalisti, in primis quelli parlamentari, da tempo hanno abdicato al loro ruolo. Mai una domanda, mai un incalzare i politici. Così alla Camera, come al Senato, si è istituzionalizzato quello che è un siparietto (con tanto di scenografia) dei nostri rappresentanti con tanto di espressioni di circostanza per i loro soliloqui davanti alle telecamere. Tanto, come dimostrano questi due esempi, “giornalisti che fanno domande non ci sono, decide lei onorevole”, dichiara un cameraman all’onorevole del Pd, Cesare Damiano. (Non ce ne vogliano i deputati Colaninno e Damiano, questo capita con chiunque, come dimostrano altri filmati de ilfattoquotidiano.it)
di Paolo Dimalio e Manolo Lanaro



www.youtube.com/watch?v=hNSwlqSuC-4&feature=player_embedded
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Per accedere ai contributi pubblici i quotidiani nazionali devono vendere almeno il 30% delle copie distribuite (per i quotidiani locali è il 35%). I costi ammessi sono solo quelli fondamentali di produzione e l'azienda deve essere in regola con il fisco. È la novità prevista dal decreto legge varato dal Consiglio dei ministri che riordina i contributi all'editoria. Iol provvedimento ridisegna l'accesso per le imprese editrici di quotidiani e periodici ai finanziamenti pubblici.

Contributi pubblici più trasparenti
La parola d'ordine è razionalizzare, semplificare, rendere trasparenti e migliorare la qualità dei contributi pubblici destinati all'Editoria, tenendo conto di tre esigenze: contribuire al conseguimento del pareggio di bilancio pubblico; indirizzare le imprese verso l'innovazione e verso comportamenti aziendali coerenti con la trasformazione del mercato; realizzare in pieno l'obiettivo di tutela del pluralismo e sostegno alla effettiva fruizione di prodotti editoriali reali.

Rimodulati i requisiti di accesso ai contributi
I requisiti di accesso al contributo, che verrà erogato nel 2014, vengono rimodulati aumentando il rapporto tra distribuzione e vendita. Per le testate nazionali (quelle cioè distribuite in almeno 5 regioni, con una percentuale di distribuzione in ciascuna non inferiore al 5% della distribuzione complessiva) il rapporto è aumentato dal 15% al 30 per cento. Per quelle locali dal 25% al 35 per cento. Si cerca in questo modo di spingere le imprese a rendere più efficiente la propria rete distributiva.
In ogni caso, il contributo per ciascuna azienda non può superare quello calcolato in misura piena per l'anno 2010.

Paletti ai costi ammissibili
Arrivano da subito - fin dai contributi erogati nel 2013 - alcuni limiti ai costi ammissibili per calcolare l'importo del contributo statale. I costi ammessi sono solo quelli fondamentali di produzione e quelli relativi ai livelli effettivi di vendita. Il contributo "variabile" viene calcolato esclusivamente sulle copie vendute. Escluse dal computo le copie diffuse in blocco e tramite "strillonaggio". Non sono più ammessi al calcolo del contributo le spese per materiali di consumo e promozionali e, in particolare, consulenze e "service". Saranno rimborsati nella misura del 50% i costi relativi a giornalisti, personale, stampa, distribuzione. Per accedere al contributo, inoltre, l'impresa deve risultare in regola con gli adempimenti tributari verso lo Stato. I nuovi criteri per il calcolo dei contributi si applicano anche ai giornali organi di partito e assimilati. Le imprese che hanno già ricevuto i contributi possono passare alla pubblicazione digitale, anche in via non esclusiva.

Sostegno biennale per la diffusione solo online
Le imprese editrici che diffondono esclusivamente online possono usufruire di un sostegno di durata biennale, a condizione che rispettino effettivamente la propria periodicità e siano accessibili (in digitale) anche a titolo oneroso. Il contributo consiste nella copertura del 70% dei costi e nella corresponsione di 0.10 euro per ciascuna copia venduta in abbonamento.

Credito d'imposta per i punti di vendita che aderiranno alla rete informatica
Previsto anche un credito d'imposta di cui beneficeranno i punti di vendita che aderiranno a una rete informatica che consentirà, tra l'altro, una maggiore efficienza delle imprese editoriali, attraverso la tracciabilità delle vendite e delle rese dei giornali. Il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della presidenza del Consiglio dei ministri assicurerà il coordinamento degli spazi dedicati alla pubblicità istituzionale, anche per una maggiore razionalizzazione della spesa complessiva.

Una delega per l'editoria digitale
Ulteriori novità arriveranno nel 2014 per l'editoria digitale. Il Consiglio dei ministri ha, infatti, anche approvato un disegno di legge delega che prefigura un nuovo sistema di sostegno all'editoria, a partire dal 2014, che tenga conto della strutturale trasformazione legata al diffondersi dell'editoria digitale. Ecco i criteri: configurare una gamma di possibili incentivi coerenti con l'attuale situazione del mercato editoriale: sostenere l'innovazione, e in particolare le start up e le iniziative editoriali che puntano alla multimedialità, al fine di modernizzare e sviluppare il settore: sarà anche istituita una Commissione per ridefinire i soggetti editoriali meritevoli di sostegno pubblico, in particolare alto valore culturale, politico-sociale, e tradizione a livello locale: istituito anche un Registro delle riviste di alta cultura; sarà anche favorita, con attività di comunicazione e promozione, la diffusione della lettura, soprattutto tra i giovani.

www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-05-11/editoria-accedere-contributi-pubblici-1534...
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