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Le manovre aeree della Nato lanciano segnali a Putin e Xi

Ultimo Aggiornamento: 14/06/2023 00:00
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La Nato ha in programma 12 giorni di manovre militari, dedicate alla difesa aere, tutte nelle zone di frontiera orientale dell’Alleanza atlantica. I segnali per Russia e Cina sono molteplici

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Dodici giorni di manovre militari della Nato, tutte dedicate alla difesa aerea, in sei basi militari tedesche con puntate verso Nord-Est fino alla Lituania e al Mar Baltico: la mobilitazione occidentale è la più vasta di questo genere dalla fine della guerra fredda.

I messaggi che lancia alla Russia sono molteplici: le esercitazioni aeree si svolgono tutte nelle zone di frontiera orientale della Nato. Ce n’è anche per la Cina, che negli ultimi anni ha continuato a rafforzare la sua cooperazione militare con la Russia.

Le manovre in corso — sono cominciate ieri — si chiamano Defender 2023 e dagli Stati Uniti sono arrivati 110 aerei con migliaia di avieri. Non sono in senso stretto una risposta all’aggressione di Vladimir Putin in Ucraina. O meglio, non sono una risposta a «questa» aggressione. Infatti la pianificazione di queste esercitazioni aeree, che per la loro dimensione richiedono tempi lunghi di preparazione, viene fatta risalire addirittura alle riflessioni politico-strategiche nel dopo-2014, cioè alla (lenta) presa di coscienza della minaccia russa dopo il primo attacco all’Ucraina che sfociò otto anni fa nell’annessione della Crimea.

Il primo messaggio inviato a Putin è di natura politica, ed è quello più facile da tradurre in mandarino all’attenzione di Xi: riguarda l’ampiezza delle alleanze occidentali. Russia e Cina possono vantare una bella schiera di partner commerciali e amici, in particolare nel Grande Sud globale. Non hanno però nulla che si avvicini alla Nato, un’alleanza formale con impegno alla difesa di ciascun membro in caso di aggressione esterna, e tre quarti di secolo di esperienza nel coordinamento operativo tra le forze armate degli Stati membri. Quest’alleanza si è allargata di recente e alle manovre aeree in corso partecipano il nuovo membro della Nato, la Finlandia, nonché il candidato all’ingresso che è la Svezia. Due regali di Putin all’Occidente, visto che fino a un anno fa entrambe i paesi erano neutrali.

Infine a queste manovre prende parte in qualità di osservatore il Giappone e questo è il segnale più direttamente rivolto a Xi Jinping: anche il riarmo nipponico va inserito nell’elenco dei danni geopolitici che gli autocrati di Pechino e Mosca hanno inflitto a se stessi, risvegliando le paure delle liberaldemocrazie.

Al messaggio politico ne va aggiunto uno più tipicamente militare. Fine dalle sue origini nel dopoguerra, la credibilità della Nato ha poggiato in modo determinante sulla sua superiorità aerea. Per un ragione semplice: l’America è il socio di gran lunga più grosso e più forte di questa alleanza e l’America sta dall’altra parte dell’oceano Atlantico; per mandare forze terrestri a difendere gli europei in caso di invasione ci metterebbe molto tempo. Sul piano terrestre il vantaggio di Mosca è sempre stato incolmabile. Oggi si tratta dunque di ribadire che grazie alla supremazia nei cieli la Nato è credibile nella sua garanzia di difesa di tutti gli Stati membri, inclusi quelli più vicini alla frontiera russa come i Paesi Baltici e la Polonia.

Nella dottrina strategica della Nato l’aggressione di Putin all’Ucraina nel febbraio 2022 ha provocato un’evoluzione: si è passati dalla teoria della deterrenza a quella della «negazione» o interdizione (traduco dall’inglese denial). La deterrenza imponeva di rendere credibile la promessa della Nato di venire in soccorso ad un paese membro attaccato, e di ricacciare l’invasore. La negazione o interdizione consiste nel mettere in campo un dispositivo di difesa talmente forte da scoraggiare l’invasione stessa. In questi termini la nuova dottrina è più «pacifista», nel senso che punta a prevenire la guerra anziché intervenire a posteriori per vincerla. Richiede però un riarmo notevole, perché attualmente le forze Nato schierate lungo le frontiere con la Russia sono sotto-dimensionate, risentono di trent’anni di smobilitazione.

Il fatto che il paese ospite di queste manovre aeree sia la Germania, e che il comandante capo di queste esercitazioni sia il generale dell’aviazione tedesca Ingo Gerhartz, ricorda quanto sia cruciale il ruolo della Germania. Sulla carta, per dimensione di popolazione e ricchezza della sua economia, la Germania dovrebbe essere la seconda potenza militare nella Nato dopo gli Stati Uniti. Nella realtà è un nano militare, in conseguenza del suo status geopolitico post-bellico. Il cancelliere Olaf Scholz ha promesso una «svolta storica» dopo la presa di coscienza della minaccia russa. Ma per adesso i 100 miliardi di euro di investimenti tedeschi annunciati per la difesa sono ancora virtuali, e l’obiettivo del 2% di Pil dedicato alla sicurezza non sarà raggiunto prima del 2025.

Il passaggio dalla dottrina della deterrenza a quella della negazione-interdizione si collega in vari modi all’invasione dell’Ucraina nel 2022.

Con il senno di poi, molti pensano che Putin sia stato incoraggiato a invadere l’Ucraina 16 mesi fa perché la risposta Nato alle sue prime aggressioni (Georgia 2008, Crimea 2014) fu troppo blanda. I messaggi dello stesso Joe Biden alla vigilia dell’aggressione russa nel febbraio 2022 erano ambigui e contraddittori. Il dispositivo Nato a Est non era stato rafforzato in modo tale da intimorire Putin. Il gran parlare di soluzioni diplomatiche, le processioni di leader europei alla corte dello Zar fino al febbraio 2022, per lui furono altrettanti segnali di debolezza dell’Occidente. Sono lezioni apprese tardi, ma cominciano a maturare.

Fin dal febbraio dell’anno scorso una delle richieste che Vladimir Zelensky rivolse alla Nato fu quella di istituire una no-fly zone: l’interdizione dello spazio aereo ucraino all’aviazione russa. Zelensky sapeva bene che Putin gode di una superiorità aerea e missilistica. I leader della Nato, Biden in testa, hanno sempre rifiutato la no-fly zone perché comporterebbe il rischio di uno scontro diretto fra le superpotenze nucleari, America e Russia. Questo ha significato che da 16 mesi il conflitto si svolge in un quadro asimmetrico: non solo l’Ucraina ha mezzi inferiori per difendersi dall’attacco russo, non solo gli aiuti militari Nato le vengono forniti a condizione che non li usi contro il territorio della Russia, ma non può neppure ambire ad una parità nel proprio spazio aereo. Questa asimmetrìa è andata riducendosi, tardi e molto gradualmente. Le forniture (in quantità limitatissima) di batterie anti-missili Patriot hanno un po’ rafforzato la difesa ucraina.

In certi casi Kiev ha spinto le sue ritorsioni fino al territorio russo, ignorando i limiti posti da Washington.

Infine si è arrivati all’annuncio della fornitura di F-16: questi cacciabombardieri americani arriveranno col contagocce, ma segnalano che la Nato guarda al lungo termine. Punta non solo ad aiutare l’Ucraina a difendersi oggi, ma vuole darle anche degli strumenti di negazione-interdizione che la rendano più sicura in futuro.

Questo è un tassello delle varie garanzie di sicurezza che la Nato potrebbe fornire a Kiev, anche in assenza di una sua formale adesione, per la quale non sono mature le condizioni.

13 giugno 2023, 19:01 - modifica il 13 giugno 2023 | 19:02




www.corriere.it/oriente-occidente-federico-rampini/23_giugno_13/manovre-aeree-nato-segnali-putin-xi-58dc2980-0a09-11ee-bee7-ee379b110155.shtml?re...
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