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La Russia può sopravvivere a Putin? Ecco i timori dell'Occidente

Ultimo Aggiornamento: 05/10/2022 19:26
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La Russia può sopravvivere a Putin? Ecco i timori dell'Occidente (pensando alla Cina)
di Enrico Franceschini
I think tank si interrogano sulla possibilità che in caso di sconfitta in Ucraina l'enorme paese possa frantumarsi come già era accaduto all'Urss. Una ipotesi che potrebbe far gola a Pechino

05 OTTOBRE 2022
AGGIORNATO ALLE 15:10
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LONDRA – L’ipotesi di un collasso dell’esercito russo impegnato in Ucraina viene discussa sempre più concretamente nelle capitali occidentali. Un analista dell’Atlantic Council prevede che la disfatta militare porterebbe alla deposizione di Vladimir Putin. Vari esperti ritengono che nemmeno il ricorso a un’arma nucleare tattica, ammesso che il capo del Cremlino voglia e possa davvero usarla, può cambiare a questo punto le sorti del conflitto. Ma la perdita del potere da parte del leader russo che lo ha detenuto sempre più con metodi autoritari per oltre vent’anni apre scenari che vanno al di là dell’identità e dell’atteggiamento di chi potrebbe sostituirlo. Una delle possibilità considerate dalla Nato è che la Russia non sopravviverebbe alla caduta del suo dittatore, dividendosi in differenti entità statali indipendenti, come accadde trentun anni fa con il crollo dell’Unione Sovietica. Ecco quali sono i problemi e le prospettive di una simile svolta.

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La fine dell’Urss
L’Unione delle Repubbliche Socialista Sovietiche scompare nel dicembre 1991, dopo sconfitte militari (in Afghanistan), caos economico e spinte separatiste nei sei anni precedenti sotto la leadership di Mikhail Gorbaciov. Al posto delle quindici repubbliche sovietiche sorgono quindici nazioni indipendenti, tre delle quali (Lituania, Lettonia, Estonia) entrano presto a fare parte dell’Unione Europea e della Nato. La più grande delle quindici repubbliche sovietiche, e l’erede dell’Urss dal punto di vista degli armamenti nucleari e del ruolo di membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, è la Russia, che per un decennio continua sotto la presidenza di Boris Eltsin, pur tra errori e corruzione, la transizione alla democrazia avviata in tutta l’Unione Sovietica dal suo predecessore Gorbaciov. Ma con l’avvento di Putin, particolarmente a partire dal 2008 dopo i suoi primi due mandati presidenziali (al termine dei quali avrebbe dovuto ritirarsi), Mosca abbandona gradualmente la democrazia sul piano interno trasformandosi in un’autocrazia e conduce una politica di crescente aggressione ed ostilità verso l’Occidente.

La composizione della Russia
L’Urss era il più grande Paese del mondo, occupando circa un quarto delle terre emerse del globo. Ma anche dopo la dissoluzione dell’Urss, la Russia rimane il Paese più esteso della terra; e, come l’Urss, è a sua volta divisa in numerose repubbliche e regioni dotate almeno sulla carta di poteri autonomi, oltre che connotate da forte identità etnico-religiosa. Al suo interno convivono 200 nazionalità diverse attraverso 11 fusi orari, dal confine con la Ue a ovest fino a quello con la Cina a est. È probabile che la disfatta in Cecenia e la crisi politica innescata dalla caduta di Putin scatenerebbe una corsa all’indipendenza in almeno alcune di queste regioni, così come gli interessi di altre nazioni, a cominciare da Pechino, a conquistare nuove zone di influenza o addirittura ad annettere territori.

I ribelli del Caucaso
La prima ad approfittare di una vuoto di potere a Mosca potrebbe essere paradossalmente la regione che in questi anni è stata il più fedele alleato di Putin: la Cecenia. Il suo leader, Ramzan Kadyrov, è in certa misura una creatura di Putin, ma viene da una famiglia che ha combattuto fieramente contro l’Urss nella prima guerra di Cecenia e ha già criticato più volte l’establishment russo per il modo secondo lui troppo morbido con cui ha condotto l’offensiva in Ucraina. Inoltre la Cecenia è ricca di petrolio, da cui produce l’1 per cento del fatturato totale della Russia: abbastanza per trasformare questa piccola regione montuosa, con una popolazione di appena 1 milione e 400 mila abitanti, in una sorta di emirato caucasico. La fede nell’Islam sarebbe un altro motivo di distacco da Mosca, che nella sua opposizione all’Occidente si presenta oggi sempre di più come la più pura potenza cristiana. Il tentativo ceceno di riprendere la lotta per l’indipendenza riaprirebbe contenziosi analoghi in altre repubbliche autonome, come il Daghestan, che ha a sua volta combattuto contro il potere centrale sovietico, e il Tatarstan, una regione con una fiera identità etnica, anch’essa musulmana, legata alla minoranza dei Tatari di Crimea e vista spesso con sospetto da Mosca.

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Le ambizioni della Russia centrale ed asiatica
La vasta regione degli Urali, che segna il confine geografico tra la Russia europea e la Russia asiatica, ha manifestato ambizioni al separatismo nei primi anni Novanta: è una sorta di cintura tra due continenti, ricca di legnami e altre risorse naturali, con una grande città, Ekaterinburg, che potrebbe aspirare a diventarne la capitale. Allo stesso modo la Siberia potrebbe desiderare di staccarsi dalla Russia europea, confidando sul fatto che tutte le maggiori ricchezze del sottosuolo russo sono dislocate nel suo immenso spazio: petrolio, gas, oro, diamanti. Infine ci sono almeno due regioni della Russia asiatica, quella di Vladivostok e quella di Khabarovsk, nell’Estremo Oriente del Paese, che hanno più commerci, interessi e scambi con la Cina e altri paesi asiatici che con Mosca: è verosimile che, davanti al disfacimento della Russia, il governo di Pechino cercherebbe di prenderle nella sua orbita, facendone degli alleati, se non di assorbirle attraverso un’annessione in piena regola.

Il maggior pericolo per l’Occidente
La preoccupazione numero uno per l’America e i suoi alleati della Nato, nel caso di un crollo e di uno smembramento della Russia, riguarderebbe il possesso degli arsenali nucleari di Mosca: più di 7 mila armi atomiche di ogni tipo, che rischierebbero di venire suddivise tra le nuove entità territoriali, creando nuove potenze nucleari, o potrebbero finire in mano a gruppi estremisti e terroristi, esponendo il mondo a una minaccia senza precedenti.

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L’espansione della Cina
Il secondo pericolo dipende dalle conseguenze che un collasso della Russia avrebbe sull’espansionismo cinese. Da un lato, moltiplicando il numero di nazioni tra la Cina e l’Europa, il frazionamento della Russia aumenterebbe l'instabilità ai confini cinesi. Dall’altro, indebolendo il suo vicino di casa russo, il crollo di Mosca potrebbe permettere alla Cina di conquistare nuovi territori e di influenzarne altri in tutta l’ex-Asia centrale sovietica. Come ha più volte ribadito l’ex-segretario di Stato americano Henry Kissinger, autore della storica apertura dell’America alla Cina negli anni ’70, il modo più sicuro di contenere la Russia è utilizzare i rapporti economici occidentali con Pechino per impedire che le due autocrazie diventino partner e alleate contro Stati Uniti ed Europa. Ma è un Grande Gioco rischioso e lo diventerebbe ancora di più se crollasse la Russia.

Il vero obiettivo dell’Occidente
Per tutti questi motivi l’obiettivo discusso già oggi alla Casa Bianca, secondo le indiscrezioni e le analisi di centri studi come l’Atlantic Council e il Carnegie Endowment for International Peace, è l’esatto opposto di quello paventato da Putin nel suo delirante discorso sul “satanismo occidentale” di qualche giorno fa. Anche mentre contrasta militarmente la Russia in Ucraina e cerca di costringerla a ritirarsi, la Nato si preoccupa dei futuri rapporti che dovrà e vorrà avere con la Russia: se non con una Russia pienamente democratica, perlomeno con una Russia, preferibilmente ma non necessariamente post-Putiniana, stabile e disposta a rispettare l’ordine internazionale, cooperando con l’Occidente nelle questioni chiave del nostro tempo, dal cambiamento climatico alla non proliferazione nucleare. Il problema di Washington e di Bruxelles è come sconfiggere Putin in Ucraina senza innescare un meccanismo che porti la Russia a scomparire come fece trentun anni or sono il suo predecessore politico e geografico, l’Unione Sovietica.




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