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Aldrovandi, diffamazione di un agente "Allevato come un cucciolo di maiale"

Ultimo Aggiornamento: 25/06/2012 12:14
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I commenti del dopo sentenza della Cassazione erano ottimisti: «Finalmente, la parola fine della vicenda». Tutto cancellato, invece, smentito dai fatti, dall’attualità di queste ore.
Il caso Aldrovandi si riaccende e rende ruvide e scomposte le parole, tanto da costringere Patrizia Moretti a denunciare, come ha fatto ieri pomeriggio ai carabinieri di via del Campo, per diffamazione la pagina Facebook di «Prima difesa», gestita dall’associazione omonima e da un gruppo aperto, cui partecipano - visti i commenti - tanti rappresentanti delle forze dell’ordine e anche Paolo Forlani, uno dei 4 poliziotti condannati in via definitiva a 3 anni e mezzo di pena. Parole scomposte, dicevamo, che hanno raggiunto il parossismo con Sergio Bandoli (che si ritrae in foto con cappello da alpino) che scrive venerdì scorso alle 13.55: «La “madre” (le virgolette sono quelle riportate nell’originale, ndr) se avesse saputo fare la madre, non avrebbe allevato un “cucciolo di maiale”, ma un uomo!».
Patrizia Moretti è la madre, e da madre ieri ha firmato la denuncia contro e chi ha commentato in modo scomposto (aggettivo elegante, non meritato) una sentenza che, occorre ribadire, come hanno fatto magistrati e addetti ai lavori, senza indulto avrebbe portato in carcere i 4 poliziotti. Nessuno vuole questo, tantomeno Patrizia Moretti che ha invece chiesto che le istituzioni, Ministero e Polizia di stato, adottino provvedimenti adeguati ad una sentenza definitiva che ha sancito che ad uccidere Federico Aldrovandi, con un eccesso di colpa durante lo svolgimento del servizio, sono stati i 4 poliziotti.
Ma su Facebook, pagina «Prima difesa due», impazzano commenti a ruota libera. Paolo Forlani è uno dei più coinvolti. «..che faccia da culo aveva sul tg, una falsa e ipocrita spero che i soldi che ha avuto ingiustamente (2 milioni di euro, risarciti dal ministero degli interni alla famiglia Aldrovandi, ndr) possa non goderseli come vorrebbe, adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie». Forlani si accende poco dopo, quando altri cercano di far ragionare chi commenta a ruota libera. Prima Paola Toti scrive «...il fatto che un ragazzo si droghi o beva dà il diritto ad altri di ammazzarlo?...».
Dopo Forlani risponde, pigiando il tasto delle maiuscole: «Ma chi c.... lo ha ammazzato, informati e istruisciti prima di parlare, altrimenti taci...». Segue in crescendo, la discussione sulla pagina Facebook. Sotto accusa giornali e giornalisti, ci siamo noi della Nuova Ferrara che scriviamo «stronzate», c’è Sergio Bandoli, che distribuisce perle di saggezza: «Vorrei solo ricordare che il fatto è successo a Ferrara (città rossa come la bandiera sovietica) ed è diventato un caso politico, in altre città ci si sarebbe limitati a prendere in considerazione i fatti per quello che sono!». Forlani, gongola e commenta: «E bravo Sergio hai colpito nel segno..».
E ricorda, sempre Forlani, un caso simile a Trieste, «con responsabilità reali di colleghi ma nessuno ne ha saputo nulla: io mi vergognerei - scrive Forlani - di usare la politica e la mediaticità per far valere una falsa giustizia (e ancora con le maiuscole, ndr ) Vergognatevi tutti comunisti di m....». Forlani è incontenibile: «Vedete gente, non puoi fare 30 anni questo lavoro ed essere additato come assassino solo perché qualcuno è riuscito a distorcere la verità, io sfido chiunque a leggere gli atti e trovare un verbale dove dice che Federico è morto per le lesioni che ha subito...ma noi paghiamo per le colpe di una famiglia che pur sapendo dei problemi del proprio figlio non ha fatto niente per aiutarlo, mi fa incazzare un pochino e stiamo pagando per gli errori dei genitori, massimo rispetto per Federico ma mi dispiace, noi non lo abbiamo ucciso..». Invece sì, per la legge italiana, uguale per tutti.

lanuovaferrara.gelocal.it/cronaca/2012/06/25/news/federico-come-un-cucciolo-di-maiale-1...
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