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Corruzione : 2012: in arrivo verdetti decisivi Da Finmeccanica al crack S.Raffaele

Ultimo Aggiornamento: 08/01/2012 02:42
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E le tangenti diventano "zucchine"
così Finmeccanica pagava i politici
I verbali del super-consulente Cola: "Guarguaglini sapeva tutto". "Portai a Borgogni 250 mila euro in contanti ricevuti da Selex. Servivano a pagare gli esponenti dei partiti che avevano nominato i vertici di Enav. Quando parlavo con il presidente l'attività di sovraffatturare per creare fondi neri e versare le mazzette veniva anche definita 'fare i compiti'
di CARLO BONINI e MARIA ELENA VINCENZI
Pierfrancesco Guarguaglini
ROMA - La Finmeccanica di Pierfrancesco Guarguaglini è stata la "tasca" della Politica. Dal nero creato da alcune delle società controllate dalla holding sono state ritagliate in questi anni le provviste - "le zucchine" - per sedare gli appetiti del Palazzo. "Guarguaglini sapeva". Ma quel termine volgare - tangenti - "era bandito dalle discussioni". Quando si pagava e si truccavano i bilanci, si preferiva dirlo con un più morbido "abbiamo fatto bene i compiti".

Il 19 novembre e il 22 dicembre del 2010, detenuto nel carcere di Regina Coeli, Lorenzo Cola, consulente personale e "speciale" del presidente e ad di Finmeccanica apre uno squarcio sul verminaio che i vertici della holding hanno disperatamente tentato di negare prima, di dissimulare, poi.

Svela i retroscena della trattativa tra il nostro Governo e i fondi sovrani della Libia di Muhammar Gheddafi. L'impegno per sostenere l'Ansaldo in un "progetto di centrale" in Iran. Ecco dunque il suo racconto, per come lo documentano i verbali di interrogatorio con il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, ora depositati con la chiusura delle indagini sull'affare "Digint".

BORGOGNI SMISTAVA
Sostiene Cola che l'ufficiale "pagatore" della holding è Lorenzo Borgogni, potente capo delle relazioni esterne. "Il suo lavoro era quello di tenere i contatti con i politici che avevano i rapporti con le società del Gruppo. Da un lato, Borgogni era informato, attraverso i suoi collaboratori, dei politici che chiedevano un colloquio con responsabili vari delle società e, dall'altro, egli stesso li indirizzava a questa o a quell'altra società, a seconda della loro esigenza. Borgogni era a conoscenza, fin da epoca remota, del sistema di pagamento delle tangenti da parte dei fornitori di "Selex Sistemi Integrati" (controllata di Finmeccanica, al cui vertice siede Marina Grossi, moglie di Guarguaglini ndr). Lui stesso era beneficiario di una parte di queste tangenti. So questo con certezza perché in moltissime occasioni mi è accaduto di parlarne con lui".

Borgogni dunque, "paga" e "smista" i questuanti del Palazzo, ritagliando per sé una fetta della torta. Ma Guarguaglini ne è consapevole?

COMPITI BEN FATTI
Dice Cola: "Con il Presidente non avevo mai argomenti specifici di discussione di tale natura, anche perché il suo interlocutore naturale era Borgogni. Nelle nostre conversazioni, tale attività di sovraffatturazione e di pagamento delle tangenti veniva definita "fare i compiti". Locuzione che serviva per definire anche l'attività di "mettere a posto le carte", la contabilità e tutto il resto per evitare che si scoprissero i fatti illeciti che intervenivano. Quando qualcuno incappava in qualche vicenda giudiziaria, dicevamo che "avevano fatto male i compiti". Per altro, tutte le mie attività erano coperte dall'input di Guarguaglini".

FALSE FATTURE
Cola sostiene di non parlare per sentito dire. "Consegnai del denaro in contanti a Borgogni in almeno due occasioni. Tra la fine del 2006 e l'inizio del 2007. Nella prima circostanza, Borgogni mi disse che aveva bisogno di 300 mila euro. E allora dissi a Marco Iannilli (socio di Cola e titolare della "Arc Trade", società che lavorava in subappalto con la "Selex") di procurarseli, attraverso le sovrafatturazioni delle commesse che riceveva. Consegnai il denaro a Borgogni nel suo ufficio, in Finmeccanica. Ed erano soldi destinati a lui per esigenze private".

BUSTE CON I SOLDI
"Nella seconda occasione - prosegue Cola - portai a Borgo-gni 250 mila euro in contanti, che mi aveva dato per lui Paolo Prudente di "Selex". Io mi trovavo infatti in Selex e Prudente mi disse, sorridendo, che gli avrei risparmiato l'incomodo di portare a Borgogni 250 zucchine. Questi soldi gli servivano per pagare i politici che avevano nominato i vertici di Enav. Già un paio di anni prima, infatti, avevo assistito a un'accesa discussione tra Borgogni e Prudente, in cui Borgogni rimproverava Prudente perché diceva che i politici che avevano provveduto alla nomina dei vertici di Enav si lamentavano con lui.

La ragione era che gli amministratori di Enav, al cui pagamento provvedeva Prudente, non riconoscevano poi nulla ai loro referenti politici. Ricordo che in occasione di quella discussione, Borgogni aveva detto a Prudente che doveva rendersi disponibile al pagamento di somme, ogni qual volta ne avesse avuto necessità. Quei 250 mila euro, facevano parte di questo accordo. Ricordo che portai i soldi a Borgogni che si trovava nel suo ufficio con altre due persone. Gli dissi che avevo una busta per lui da Prudente e lui mi disse tranquillamente di entrare. Quindi, mise la busta sulla scrivania davanti a queste due persone".

I FONDI LIBICI
L'uomo che all'inizio di questa storia Guarguaglini giura a malapena di ricordare, ma dalla cui possibile confessione è semplicemente atterrito, tanto che il capo della sua sicurezza aziendale, l'ex generale dell'Arma Vittorio Savino, si affanna in contatti con gli apparati della sicurezza (incontra almeno una volta il comandante del Ros, Giampaolo Ganzer, il generale della Finanza e vicecapo di gabinetto di Tremonti, Vincenzo Delle Femmine, telefona con insistenza all'allora direttore della Dia Antonio Girone per chiedere un intervento sulle indagini della Procura) ha altro da dire.

Perché è Cola l'uomo cui Finmeccanica consegna le chiavi delle operazioni politicamente più sconvenienti. A cominciare dall'accordo con i fondi sovrani libici di Muhammar Gheddafi.

Ricorda Cola: "Nel 2008, circa, Guarguaglini venne convocato nel suo studio da Gianni Letta e dall'ambasciatore libico e gli fu presentata la possibilità che fondi sovrani libici acquisissero quote di Finmeccanica. Il giorno successivo, il presidente mi convocò e insieme cominciammo a lavorare all'ipotesi di un ingresso libico all'8 per cento in Finmeccanica. Una percentuale che ci sembrava eccessiva e che nei nostri colloqui venne ridotta al cinque. Dell'ingresso dei fondi sovrani libici informai personalmente il ministro Tremonti nella primavera-estate del 2009. Lo incontrai a palazzo Madama, nello studio del senatore Andreotti, alla presenza di Andreotti e dell'avvocato Vitali. Tremonti dei libici mi disse di non sapere nulla e comunque suggerì lo strumento della "Newco" per il loro ingresso. La parte operativa venne curata da Amededo Caporaletti, di Agusta, che era in contatto con i libici. Io venni pagato, utilizzando la "Print System" in Libia (società di Tommasso Di Lernia, arrestato per frode fiscale, acquirente a peso d'oro della barca di Marco Milanese e significativamente detto nel giro degli appalti Enav-Finmeccanica "er cowboy"). Guarguaglini sapeva come era stato pagato. Del resto, mi aveva detto di fare come credevo".

ANSALDO IN IRAN
Cola lavora anche per coinvolgere Finmeccanica nella costruzione di centrali nell'Iran di Ahmadinejad. Scrive in un memoriale dal carcere datato 1 ottobre 2010: "In presenza di problematiche di una certa rilevanza, veniva chiesto il mio contributo. Mi sono occupato, ad esempio, della problematica contrattuale che ha coinvolto Ansaldo in ordine alla richiesta dell'Iran di poter costruire una centrale, che poteva essere un ottimo affare per l'Italia e Finmeccanica. Ma con l'Iran ci sono regole internazionali che possono, se gestite male, avere ripercussioni negative".

Nessuno sa (Cola non ha elaborato sul punto, né è stato stimolato) se e quale accordo "per il bene dell'Italia" l'uomo di Guarguaglini abbia fatto con gli Ayatollah.

(10 novembre 2011)

www.repubblica.it/politica/2011/11/10/news/verbali_finmeccanica-2...
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Menarini, Aleotti a cena con Berlusconi
“Mi ha voluto seduto accanto a lui” Dal premier a Gianni Letta, il patron dell'azienda farmaceutica ha rapporti con mezzo governo per ottenere l'emendamento che favorisce i suoi medicinali. Mentre la figlia "cura" i rapporti con la stampa. Secondo la procura di Firenze la famiglia Aleotti ha messo in piedi una truffa al Servizio sanitario nazionale di 860 milioni di euro Cena con Silvio Berlusconi, dialoga con Gianni Letta e incontra mezzo governo: il sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio, Claudio Scajola, Maurizio Sacconi, Altero Matteoli, Raffaele Fitto. Il patron della Menarini, Sergio Alberto Aleotti, mentre fa affari in mezzo mondo cerca “appoggi” in Italia e strizza l’occhio ai personaggi più influenti, ai ministri e ai senatori-amici. Secondo i magistrati, tutto con un unico scopo: far andare in porto quello che viene chiamato, non a caso, “l’emendamento Menarini”. Non solo. Si impegna anche, secondo gli inquirenti, a mandare avanti la truffa dei farmaci con i prezzi “gonfiati” causando un danno al Servizio sanitario nazionale di 860 milioni. E, a lui, un ingiusto profitto di 575 milioni.

E’ questo in sintesi il quadro dipinto dalla Procura di Firenze nell’inchiesta che vede 15 persone accusate, a vario titolo, di truffa, corruzione, riciclaggio e del reato tributario di omessa dichiarazione sui redditi. Tra loro la famiglia Aleotti e il senatore Pdl Cesare Cursi, unico politico indagato nell’inchiesta Menarini. Già sottosegretario alla Salute e presidente della Commissione industria, Cursi dovrà rispondere di corruzione in concorso con Sergio Alberto Aleotti e la figlia Lucia. Molti altri poi i personaggi chiave per il loro ruolo svolto, secondo l’accusa, nelle società satellite o fittizie usate come transito per far lievitare il costo dei farmaci. E i guadagni.

Pressing sui politici, incontri e cene. La “forte pressione sui politici” veniva esercitata attraverso “un vorticoso giro di incontri” con esponenti del Governo, scrivono i magistrati. I Carabinieri dei Nas di Firenze hanno ricostruito i contatti tra i vertici del colosso farmaceutico e i parlamentari. Tra loro anche Berlusconi. Il premier cena con Aleotti a villa Madama il 6 maggio 2009. A tavola “il presidente mi ha voluto vicino e a un certo punto ho avuto il coraggio di dire: immagino signor presidente che lei abbia anche influito per quella questione” dice il fondatore della casa farmaceutica. Il patron Menarini non sa che questa conversazione con la scomparsa Maria Angiolillo, vedova del fondatore de Il Tempo, viene intercettata. Come non sa ancora che sarà proprio lui, tra telefonate e documenti, a fornire involontariamente una quantità di elementi probatori notevoli. Dal 4 settembre 2008 al 17 novembre vengono infatti registrati 13 incontri avvenuti tra gli Aleotti e il sottosegretario Fazio, l’allora ministro allo Sviluppo Economico Scajola, il sottosegretario Lauro e il presidente della Commissione Industria Cursi. Ma anche incontri, come è riportato in un “promemoria”, con Fitto, Sacconi e Matteoli. In seguito, il 4 febbraio 2009, Aleotti farà visita pure a Gianni Letta, al quale due giorni dopo verrà inviata una lettera da consegnare a Berlusconi. Nella missiva viene segnalato uno studio della Cergas-Bocconi che aveva commissionato lo stesso Aleotti; studio finalizzato “a dimostrare l’impatto disincentivante della normativa delle quote prescrittive”.

Ottenere l’emendamento, dunque, secondo la Procura, è lo scopo primario per la Menarini. E’ per questo anche che il dirigente della casa farmaceutica Chellini – che non risulta indagato – dichiara in sede di giunta di Farmindustria di avere “consensi” allo stesso. Mettendo ai primi posti, tra i favorevoli, Scajola e il Coordinatore alle Sanità regionali Enrico Rossi. Lo stesso Rossi, attuale presidente della Regione – in quota Pd – che nelle carte viene definito “postino” perché fa arrivare a Letta e Scajola due lettere che, scoprono i magistrati, sono state scritte dallo stesso Aleotti.

Intrecci, telefonate e quotidiani. Le scelte di contattare i politici sono spiegate nelle carte. E’ caduto il governo Prodi che, con Bersani, appoggiava “l’iniziativa di contenimento della spesa in danno dei farmaci brevettati”. E probabilmente “il cambio politico conseguente alle elezioni, magari opportunamente sponsorizzato – si legge – consente ad Aleotti di raccordarsi con i politici vincitori per avviare l’offensiva in atto, ovvero l’abolizione del prezzo di riferimento e soprattutto le quote prescrittive”. Il momento dunque è propizio e gli incontri non mancano. Tra gli intrecci di telefonate spunta anche Enrica Giorgetti, direttore generale di Farminduistria e moglie del ministro Sacconi, che non risulta indagata. Lei, il 30 marzo 2009, si legge, “riferisce di aver parlato con il ministero dell’Industria per riformulare un nuovo emendamento”, mentre Aleotti chiama Letta insistendo “perché il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio intervenga su Scajola”. Negli anni i politici vengono cercati ma anche gratificati. Secondo gli inquirenti è chiaro come: “Nel foraggiamento ai partiti”. Vengono trovate varie erogazioni nel 2001 eseguite da società non direttamente riconducibili al gruppo Menarini (finanziarie e immobiliari, ndr) in favore dei partiti in vista delle elezioni”.

Intanto la figlia del patron, Lucia, si muove su altri fronti. Cura i rapporti con la stampa preoccupata dalle notizie dell’inchiesta e contatta i responsabili di vari quotidiani, con particolare attenzione verso il Quotidiano Nazionale – che a Firenze edita La Nazione – e il suo condirettore Gabriele Cané, finito nelle intercettazioni. “Ho fatto già una cosa credo fondamentale e l’ho lasciato alla Nazione, non l’ho messo nel Qn” dice Cané rassicurando Lucia Aleotti che si preoccupa comunque anche di come possa “uscire” la notizia sugli altri quotodiani, Repubblica e Corriere fiorentino in testa.

Il meccanismo del raggiro. E’ lunghissima, per gli inquirenti, la ricostruzione del meccanismo che avrebbe portato a mettere in commercio per vent’anni farmaci con i prezzi “gonfiati”, secondo l’accusa, anche attraverso giri di soldi su 900 conti correnti. Oltre a tutta una serie di artifici e raggiri per determinare “un aumento del prezzo dei farmaci” con la vendita e l’acquisto dei principi attivi usando 130 società off shore. Così venivano rideterminati i costi dei medicinali, per gli inquirenti, traendo in inganno il Comitato interministeriale prezzi e il ministero della Sanità che “sdoganavano” il prezzo gonfiato del prodotto attraverso l’inserimento successivo nel Prontuario farmaceutico nazionale. I principi attivi in questione sono Pravastatina, Fosinopril, Prolina, Captopril, Aztreonam, Omeprazolo, Cefixime e Miocamicina.

Le verifiche sul colosso farmaceutico starebbero continuando. La magistratura non si è fermata alle contestazioni per i primi principi attivi ma ne starebbe vagliando almeno 35, finiti sotto osservazione dopo le ultime analisi sulle carte trovate in un ufficio a Lugano. Documenti e fatture presenti nei 53 faldoni che compongono l’inchiesta. Nell’archivio, in cui in modo estremamente meticoloso è stata raccolta tutta la documentazione relativa a vendite e acquisti da una società all’altra, ci sarebbero elementi che consentono di tracciare ogni passaggio.


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Bologna, posti di dirigenti preannunciati
La procura apre un fascicolo sulla selezione Un atto dovuto da piazza Trento Trieste, in seguito alle accuse lanciate dall'ex assessore Antonio Amorosi che aveva preannunciato i tredici nomi dei selezionati dieci giorni prima che uscissero le nomine ufficiali. L'obiettivo della procura è capire se di vero concorso si tratta o semplicemente di una selezione. Rimane comunque il problema politico: perché creare un'apposita selezione se i nomi erano già stati decisi?Nella vicenda dei 13 nomi selezionati dal Comune di Bologna e anticipati dall’ex assessore comunale Antonio Amorosi, la procura di Bologna – si apprende oggi – ha aperto alcuni giorni fa un fascicolo conoscitivo e presto l’ex assessore, membro per pochi mesi della giunta ai tempi di Sergio Cofferati, verrà sentito dai magistrati di piazza Trento Trieste.

Amorosi aveva anticipato i nomi dei vincitori in una lista pubblicata sul sito affaritaliani.it. Lista che ha coinciso in tutto e per tutto con le nomine comunali. Tredici su tredici. Su questa vicenda la procura aveva già aperto un fascicolo conoscitivo, senza indagati, né ipotesi di reato, in seguito alla diffusione della notizia apparsa sul blog di Amorosi, sul quale l’ex assessore aveva pubblicato il bando di procedura di selezione per titoli e i curricula dei dirigenti che poi sono stati effettivamente selezionati.

Un atto dovuto, quello della procura, in seguito alle accuse lanciate dall’ex assessore. Gli inquirenti hanno scaricato tutte le informazione contenute nel blog, e presto Amorosi verrà sentito dai magistrati, per valutare le sue affermazioni. L’obiettivo della procura è anche quello di capire se di vero concorso si tratta, o semplicemente di una selezione. In quest’ultimo caso, infatti, è probabile che reati non siano configurabili, ma un problema politico si pone. Perché, infatti, creare un’apposita selezione se i nomi sono già stati decisi? Ieri il sindaco di Bologna Virginio Merola ha parlato di una semplice “coincidenza”, ma a logica e secondo statistica, si tratta di una giustificazione debole. Difficile, infatti, che su 275 curricula presentati tra il 1 e il 12 ottobre scorso, siano stati selezionati proprio quei tredici indicati da Amorosi, non uno di più, non uno di meno.

L’ex-assessore Amorosi, il 2 novembre scorso, aveva infatti pronosticato la nomina di 13 persone sul sito affaritaliani.it, facendo nomi e cognomi. Merola preannunciò querela e ieri in commissione comunale, il primo cittadino oltre a confermare la volontà di procedere all’azione legale nei confronti di Amorosi, ha dovuto ammettere che le nomine sono proprio quelle pronosticate. “Sulla coincidenza che i nomi siano quelli anticipati a mezzo stampa la prendo come tale: una coincidenza. Le procedure seguite, non hanno fatto alcun papocchio ma sono state molto rafforzate rispetto alle normative vigenti”, ha detto Merola.

La difesa del sindaco è che comunque non si tratterebbe di un concorso. Merola ha spiegato che la giunta ha pubblicato un bando anche se non era obbligata a farlo. Non si trattava – ha spiegato in sostanza Merola – di un concorso, i contratti in questione sono di diritto privato e la selezione poteva essere condotta, se si fosse voluto, dal solo Direttore generale, Giacomo Capuzzimati. “Sono state formate invece apposite commissioni – ha spiegato il sindaco – anche con professionisti esterni chiamati a valutare i candidati”.

Secondo Amorosi, invece, “vengono richiesti profili per singole posizioni così dettagliati da coincidere perfettamente con i dirigenti del Comune che già ricoprono quei ruoli e che alla pari di altri professionisti aderiscono al concorso e ai colloqui orali, tra lo sconforto dei partecipanti esterni che sanno che non c’è gara”, aveva scritto l’ex assessore nel suo articolo del 2 novembre.

Ora rimane aperta la questione di altri tre incarichi da dirigente in ballo. Anche per queste tre nomine, per le quali le procedure termineranno il 18 novembre, Amorosi ha già vaticinato i tre nomi. “Il Comune di Bologna ha già bandito tre concorsi per dirigenti di mobilità, sicurezza e ambiente che col 99% delle probabilità dovranno essere vinti dagli attuali che ricoprono l’incarico”, scriveva Amorosi.

Comunque, i risultati della “selezione per i profili di alta specializzazione” da assumere con contratti a tempo determinato nell’amministrazione, ha portato alla “vittoria” di quei tredici nomi, che già lavoravano per il Comune e ora, dopo le accuse di Amorosi e le “coincidenze” evocate dal sindaco, il dubbio che comunque tutto fosse stato deciso rimane.

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Raccontare l’economia
per difendere i cittadini Nel libro "Siamo in guerra"Grillo e Casaleggio spiegano le notizie su intrecci tra banche, affari e politica. Notizia che molto spesso restano blindate. Ma per fortuna c'è la Rete L’8 luglio 2008 a Roma, in piazza Navona, si tenne il “No Cav Day”, una manifestazione di protesta contro il governo Berlusconi che vide la partecipazione di numerose personalità della cultura e della politica. [...] Beppe era presente in videoconferenza: dopo aver denunciato per primo, nel 2002, lo scandalo Parmalat, in questa occasione avvertì che entro pochi mesi le forze dell’ordine di guardia alle discariche campane avrebbero potuto trasferirsi di fronte alle banche, prima fra tutte l’Unicredit. In autunno fallì la Lehman Brothers, rischiando di trascinare con sé il sistema bancario mondiale. Per qualche giorno si temette una catastrofe peggiore di quella del 1929 e il titolo dell’Unicredit crollò. [...] La sera, per par condicio, Beppe fu attaccato dai giornalisti del centrodestra. Beppe mise in guardia anche sul default che attendeva l’Italia a causa del suo enorme debito pubblico, senza che nessuno riprendesse quell’allarme fino a tre anni dopo, nel luglio del 2011, quando in tre giorni fu approvata una manovra, comunque largamente insufficiente, per salvare la collocazione dei Btp e la tenuta economica del paese, definita “un miracolo” da Napolitano per il tempismo. In agosto seguì un’altra manovra che però non fece nessun miracolo, esattamente come la prima, e a ottobre il debito sovrano dell’Italia, l’affidabilità dei nostri titoli pubblici, è stato declassato dall’agenzia di rating Moody’s dal livello AA2 ad A2. L’Italia è considerata inferiore a paesi come la Slovacchia e l’Estonia in termini di affidabilità verso i creditori. Alla fine del 2008, con il mondo finanziario in preda a un’isteria collettiva, i governi per salvare le banche si indebitarono ulteriormente rimanendo con il cerino in mano. E uno dopo l’altro stanno prendendo fuoco. La Grecia è sull’orlo del default nonostante il prestito accordato dalla Ue nel luglio del 2011 a seguito della manovra di tagli e privatizzazioni fatta approvare dal primo ministro George Papandreou.

La Grecia è in numerosa compagnia. Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia, i cosiddetti Piigs, sono in lista d’attesa. Gli stessi Stati Uniti, che hanno uno dei debiti pubblici più imponenti del mondo, sono stati a rischio default per aver superato il massimo indebitamento previsto per legge e declassati dalla tripla A dopo settant’anni. L’Islanda è l’unica nazione che si è rifiutata di salvare le banche. In un primo momento, nel 2008, il suo governo nazionalizzò le banche fallite. Il debito creato da istituti privati sarebbe quindi finito sulle spalle dei cittadini, che si opposero. Venne allora indetto un referendum che bloccò la nazionalizzazione, riproposta però alcuni mesi più tardi dal ministro dell’Economia Steingrimur Sigfusson. Gli islandesi non salvarono le banche, pur sapendo di dover affrontare pesanti ritorsioni da parte dei paesi Ue che avrebbero perso i loro depositi, ma evitarono di svendere il loro paese e di metterlo sotto tutela del Fmi. [...] In Italia il debito pubblico fila come un treno ad alta velocità francese. Viaggiamo al ritmo di 100 miliardi di nuovo buco all’anno, con punte da 22 miliardi nel mese di aprile del 2011. Siamo vicini ai 2000 miliardi, che raggiungeremo nel 2012. [...] Un cittadino milanese per conoscere a quanto ammonta il debito personale pubblico deve sommare la sua quota di debito pubblico, pari a 31mila euro, a quelle pro quota della Lombardia, della Provincia di Milano e del Comune di Milano. Dopo tale somma si sentirebbe un miserabile. I governatori si sono trasformati in investitori dilettanti, croupier che giocano alla roulette con le casse pubbliche. Formigoni è riuscito nel-l’impresa, veramente fuori dall’ordinario, di acquistare 115 milioni di euro di titoli di stato greci , i peggiori titoli pubblici dell’intero Occidente. [...] Il buco nero c’è sempre, ma lo scopre solo il sindaco o il governatore successivo (ma solo se di un’altra coalizione); il responsabile del buco non sospetta mai nulla, come è avvenuto a Milano, dove il neosindaco Giuliano Pisapia si è ritrovato dopo le elezioni 2011 con un disavanzo di 186 milioni nei conti del Comune lasciati da Moratti.

Il cittadino non sa chi lo indebita, di quanto e perché ma, cosa strana, non si preoccupa. Pensa che il problema riguardi qualcun altro. Trova normale l’imposizione continua di nuove tasse e i tagli alla spesa sociale per pagare gli 80 miliardi di interessi annui sui titoli di stato per un debito fatto a sua insaputa. [...] D’altra parte, i giornalisti economici indipendenti in Italia sono più rari dell’ailuropoda melanoleuca, il panda gigante a rischio estinzione simbolo del Wwf. Se un giornale ha tra i suoi azionisti, solo per citare alcune società, Telecom Italia, la Cir di Carlo De Benedetti o l’Eni di Paolo Scaroni, il giornalista di economia deve barcamenarsi come un equilibrista su un trapezio in un esercizio quotidiano di prudenza per non far trapelare nomi, cognomi e analisi di bilanci. Il lettore, come è naturale, non riesce a capire quindi, in banca e compra fiducioso obbligazioni Cirio e Parmalat e Tango bond, come fu consigliato a suo tempo. Il padrone non si critica ma si loda, se non si vuole perdere il posto. [...] La Rete permette all’ignaro investitore di comprendere i misteri della Borsa e i suoi oscuri collegamenti attraverso la teoria di “piccolo mondo” e i sei gradi di separazione su cui sono basati tutti i più popolari social network, da LinkedIn a Facebook. «Piccolo mondo» si riferisce al fatto che le distanze tra le persone sono in realtà minime grazie alle relazioni che intercorrono tra di loro. Attraverso sei passaggi tra persone che si conoscono si può, in teoria, comunicare con ogni abitante del pianeta.

di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio

da Il Fatto Quotidiano del 18 novembre 2011


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Re:
angelico, 12/11/2011 01.31:

Menarini, Aleotti a cena con Berlusconi
“Mi ha voluto seduto accanto a lui” Dal premier a Gianni Letta, il patron dell'azienda farmaceutica ha rapporti con mezzo governo per ottenere l'emendamento che favorisce i suoi medicinali. Mentre la figlia "cura" i rapporti con la stampa. Secondo la procura di Firenze la famiglia Aleotti ha messo in piedi una truffa al Servizio sanitario nazionale di 860 milioni di euro Cena con Silvio Berlusconi, dialoga con Gianni Letta e incontra mezzo governo: il sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio, Claudio Scajola, Maurizio Sacconi, Altero Matteoli, Raffaele Fitto. Il patron della Menarini, Sergio Alberto Aleotti, mentre fa affari in mezzo mondo cerca “appoggi” in Italia e strizza l’occhio ai personaggi più influenti, ai ministri e ai senatori-amici. Secondo i magistrati, tutto con un unico scopo: far andare in porto quello che viene chiamato, non a caso, “l’emendamento Menarini”. Non solo. Si impegna anche, secondo gli inquirenti, a mandare avanti la truffa dei farmaci con i prezzi “gonfiati” causando un danno al Servizio sanitario nazionale di 860 milioni. E, a lui, un ingiusto profitto di 575 milioni.

E’ questo in sintesi il quadro dipinto dalla Procura di Firenze nell’inchiesta che vede 15 persone accusate, a vario titolo, di truffa, corruzione, riciclaggio e del reato tributario di omessa dichiarazione sui redditi. Tra loro la famiglia Aleotti e il senatore Pdl Cesare Cursi, unico politico indagato nell’inchiesta Menarini. Già sottosegretario alla Salute e presidente della Commissione industria, Cursi dovrà rispondere di corruzione in concorso con Sergio Alberto Aleotti e la figlia Lucia. Molti altri poi i personaggi chiave per il loro ruolo svolto, secondo l’accusa, nelle società satellite o fittizie usate come transito per far lievitare il costo dei farmaci. E i guadagni.

Pressing sui politici, incontri e cene. La “forte pressione sui politici” veniva esercitata attraverso “un vorticoso giro di incontri” con esponenti del Governo, scrivono i magistrati. I Carabinieri dei Nas di Firenze hanno ricostruito i contatti tra i vertici del colosso farmaceutico e i parlamentari. Tra loro anche Berlusconi. Il premier cena con Aleotti a villa Madama il 6 maggio 2009. A tavola “il presidente mi ha voluto vicino e a un certo punto ho avuto il coraggio di dire: immagino signor presidente che lei abbia anche influito per quella questione” dice il fondatore della casa farmaceutica. Il patron Menarini non sa che questa conversazione con la scomparsa Maria Angiolillo, vedova del fondatore de Il Tempo, viene intercettata. Come non sa ancora che sarà proprio lui, tra telefonate e documenti, a fornire involontariamente una quantità di elementi probatori notevoli. Dal 4 settembre 2008 al 17 novembre vengono infatti registrati 13 incontri avvenuti tra gli Aleotti e il sottosegretario Fazio, l’allora ministro allo Sviluppo Economico Scajola, il sottosegretario Lauro e il presidente della Commissione Industria Cursi. Ma anche incontri, come è riportato in un “promemoria”, con Fitto, Sacconi e Matteoli. In seguito, il 4 febbraio 2009, Aleotti farà visita pure a Gianni Letta, al quale due giorni dopo verrà inviata una lettera da consegnare a Berlusconi. Nella missiva viene segnalato uno studio della Cergas-Bocconi che aveva commissionato lo stesso Aleotti; studio finalizzato “a dimostrare l’impatto disincentivante della normativa delle quote prescrittive”.

Ottenere l’emendamento, dunque, secondo la Procura, è lo scopo primario per la Menarini. E’ per questo anche che il dirigente della casa farmaceutica Chellini – che non risulta indagato – dichiara in sede di giunta di Farmindustria di avere “consensi” allo stesso. Mettendo ai primi posti, tra i favorevoli, Scajola e il Coordinatore alle Sanità regionali Enrico Rossi. Lo stesso Rossi, attuale presidente della Regione – in quota Pd – che nelle carte viene definito “postino” perché fa arrivare a Letta e Scajola due lettere che, scoprono i magistrati, sono state scritte dallo stesso Aleotti.

Intrecci, telefonate e quotidiani. Le scelte di contattare i politici sono spiegate nelle carte. E’ caduto il governo Prodi che, con Bersani, appoggiava “l’iniziativa di contenimento della spesa in danno dei farmaci brevettati”. E probabilmente “il cambio politico conseguente alle elezioni, magari opportunamente sponsorizzato – si legge – consente ad Aleotti di raccordarsi con i politici vincitori per avviare l’offensiva in atto, ovvero l’abolizione del prezzo di riferimento e soprattutto le quote prescrittive”. Il momento dunque è propizio e gli incontri non mancano. Tra gli intrecci di telefonate spunta anche Enrica Giorgetti, direttore generale di Farminduistria e moglie del ministro Sacconi, che non risulta indagata. Lei, il 30 marzo 2009, si legge, “riferisce di aver parlato con il ministero dell’Industria per riformulare un nuovo emendamento”, mentre Aleotti chiama Letta insistendo “perché il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio intervenga su Scajola”. Negli anni i politici vengono cercati ma anche gratificati. Secondo gli inquirenti è chiaro come: “Nel foraggiamento ai partiti”. Vengono trovate varie erogazioni nel 2001 eseguite da società non direttamente riconducibili al gruppo Menarini (finanziarie e immobiliari, ndr) in favore dei partiti in vista delle elezioni”.

Intanto la figlia del patron, Lucia, si muove su altri fronti. Cura i rapporti con la stampa preoccupata dalle notizie dell’inchiesta e contatta i responsabili di vari quotidiani, con particolare attenzione verso il Quotidiano Nazionale – che a Firenze edita La Nazione – e il suo condirettore Gabriele Cané, finito nelle intercettazioni. “Ho fatto già una cosa credo fondamentale e l’ho lasciato alla Nazione, non l’ho messo nel Qn” dice Cané rassicurando Lucia Aleotti che si preoccupa comunque anche di come possa “uscire” la notizia sugli altri quotodiani, Repubblica e Corriere fiorentino in testa.

Il meccanismo del raggiro. E’ lunghissima, per gli inquirenti, la ricostruzione del meccanismo che avrebbe portato a mettere in commercio per vent’anni farmaci con i prezzi “gonfiati”, secondo l’accusa, anche attraverso giri di soldi su 900 conti correnti. Oltre a tutta una serie di artifici e raggiri per determinare “un aumento del prezzo dei farmaci” con la vendita e l’acquisto dei principi attivi usando 130 società off shore. Così venivano rideterminati i costi dei medicinali, per gli inquirenti, traendo in inganno il Comitato interministeriale prezzi e il ministero della Sanità che “sdoganavano” il prezzo gonfiato del prodotto attraverso l’inserimento successivo nel Prontuario farmaceutico nazionale. I principi attivi in questione sono Pravastatina, Fosinopril, Prolina, Captopril, Aztreonam, Omeprazolo, Cefixime e Miocamicina.

Le verifiche sul colosso farmaceutico starebbero continuando. La magistratura non si è fermata alle contestazioni per i primi principi attivi ma ne starebbe vagliando almeno 35, finiti sotto osservazione dopo le ultime analisi sulle carte trovate in un ufficio a Lugano. Documenti e fatture presenti nei 53 faldoni che compongono l’inchiesta. Nell’archivio, in cui in modo estremamente meticoloso è stata raccolta tutta la documentazione relativa a vendite e acquisti da una società all’altra, ci sarebbero elementi che consentono di tracciare ogni passaggio.


www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/11/menarini-farmaci-cena-berlusconimi-voluto-seduto-accanto...







In galera li voglio vedere questi personaggi!a causa loro ormai si paga tutto e anche caro,tutto a danno della povera gente,tanto loro i soldi per le cure ce l'hanno!meno male che mi curo omeopaticamente,da me sto losco figuro non ha una lira! [SM=g7352]
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Inchiesta appalti Enav
arrestato l'ad Pugliesi
Il reato contestato è illecito finanziamento ai partiti. Carcere per il commercialista Marco Iannilli e per il direttore tecnico di Selex Sistemi Integrati Manlio Fiore. In corso perquisizioni. Indagati anche il segretario amministrativo dell'Udc e Lorenzo Borgogni, responsabile delle relazioni esterne del gruppo Finmeccanica. Il gip: "Fatti commessi in un contesto criminale ampio"

ROMA - Arresti e perquisizioni sono in corso a Roma e in altre città nell'ambito dell'Inchiesta sugli appalti Enav (l'ente nazionale di assistenza al volo) condotta dalla Procura della Repubblica della Capitale. Agli arresti domiciliari è finito l'amministratore delegato di Enav Guido Pugliesi. Carcere per il commercialista Marco Iannilli e il direttore tecnico di Selex Sistemi Integrati Manlio Fiore. Il reato contestato è illecito finanziamento ai partiti. L'inchiesta verte anche su una decina di appalti assegnati senza gara pubblica da Enav a Selex Sistemi Integrati.

In particolare, al vaglio del pm Paolo Ielo sono finiti lavori, sia tecnici sia di opere civili, riguardanti gli aeroporti di Napoli e Palermo. L'ipotesi di lavoro degli inquirenti è che i lavori assegnati a Selex e subappaltati alle società Print System, Arc Trade, Techno Sky ed altre abbiano determinato una sovrafatturazione dei costi e la creazione di un 'surplus', poi redistribuito tra i soggetti coinvolti, compresi esponenti dell'Enav. Il tutto in un arco di tempo che va dal 2005 al 2010. Il gip Anna Maria Fattori è netta nell'ordinanza cautelare e parla di "di fatti commessi in un contesto criminale assai ampio, solo in parte raggiunto dalle investigazioni, sicchè una misura quale gli arresti domiciliari consentirebbe agli indagati, per gli inevitabili limiti dei controlli di polizia, di riprendere i contatti con tale contesto criminale e continuare a perpetrare fatti di indole analoga".

L'ad Pugliesi
è accusato di illecito finanziamento in relazione ad una presunta tangente da 200 mila euro versata dall'imprenditore Tommaso Di Lernia 1, titolare della Print System, al segretario amministrativo dell'Udc, il deputato Giuseppe Naro (che ha sempre negato ogni responsabilità). Quest'ultimo, a sua volta, è indagato dalla Procura di Roma per illecito finanziamento. Il fatto che chiama in causa il parlamentare riguarda, secondo il racconto di Di Lernia, una tangente che lo stesso avrebbe portato nella sede dell'Udc.

L'inchiesta vede indagati, tra gli altri, il presidente di Finmeccanica 2, Pier Francesco Guarguaglini 3, per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, la moglie, Marina Grossi, amministratore delegato di Selex Sistemi Integrati 4, per reati fiscali e corruzione. Il gip Anna Maria Fattori non ha accolto la richiesta della procura di applicare un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per Lorenzo Borgogni, responsabile delle relazioni esterne del gruppo Finmeccanica, per il reato di illecito finanziamento ai partiti. Le dichiarazioni di chi accusa Borgogni, a parere del magistrato, sono da ritenersi generiche. Borgogni, però, resta indagato per la vicenda della barca del deputato Marco Milanese, ceduta ad un prezzo di gran lunga superiore al suo valore. Insieme a Borgogni e allo stesso Milanese sono indagati per questo episodio Massimo De Cesare, legale rappresentante della Eurotec, Tommaso Di Lernia, l'ex consulente Lorenzo Cola e il manager Fabrizio Testa.

Ad agosto Il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo 5 ha lasciato le indagini sugli appalti Enav dopo le polemiche sul pranzo avvenuto nel dicembre scorso nella casa dell'avvocato romano Luigi Fischetti. All'incontro parteciparono oltre al magistrato, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e il parlamentare del Pdl Marco Milanese, indagato nell'inchiesta della procura di Napoli sulla P4.
(19 novembre 2011)


www.repubblica.it/cronaca/2011/11/19/news/appalti_enav-2...
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l 2011 è stato segnato da decine di vicende di tangenti a livello locale. Dal preside al medico, dal funzionario comunale al sindaco. Per la Corte dei conti il costo della corruzione vale 60 miliardi annui Se vuoi vendere merendine e bibite nella mia scuola, dammi 300 euro al mese. Al barista di Ravanusa (Agrigento) che si è sentito rivolgere la richiesta è venuto un colpo. Una tangente per entrare nell’istituto durante l’intervallo. E anche piuttosto cara. Così ha avvisato i carabinieri e Pino Calogero Bona, vice preside della media Alessandro Manzoni, è stato arrestato. Per poi patteggiare lo scorso marzo due anni di carcere con sospensione della pena. Una storia come tante, in un Paese dove la mazzetta si continua a chiedere e a offrire. Tanto che a scorrere le cronache del 2011 si capisce perché la Corte dei conti stimi il costo annuale della corruzione per le casse dello Stato in 60 miliardi di euro. Stesso ordine di grandezza di una manovra del governo.

Casi di piccola corruzione che coinvolgono il cittadino comune. A fianco di scandali di livello nazionale, che coinvolgono aziende come Finmeccanica. Inchieste su tangenti con al centro politici di destra. E di sinistra. Ci sono Marco Milanese, deputato del Pdl ed ex braccio destro di Giulio Tremonti, e Alberto Tedesco, ex senatore del Pd coinvolto nell’inchiesta sulla sanità pugliese. Entrambi salvati dall’arresto grazie a un voto del Parlamento. Filippo Penati e Franco Nicoli Cristiani sono ex colleghi di schieramenti opposto alla vice presidenza del Consiglio regionale della Lombardia. Il primo è nel mirino della magistratura per un giro di presunte tangenti sull’ex area Falk di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. Il secondo è finito in manette perché trovato in casa con i 100mila euro che l’imprenditore Pierluca Locatelli gli aveva consegnato per facilitare i permessi per una discarica. Ma l’almanacco della mazzetta 2011 è pieno di nomi di politici che operano a livelli più bassi. Rimanendo in Lombardia, per l’ex sindaco di Cassano D’Adda, Edoardo Sala, sono state predisposte le misure di custodia cautelare in carcere a conclusione di un’indagine su tangenti per tre milioni di euro legate a modifiche del piano urbanistico.

Risultato: nella classifica del Corruption perception index redatta ogni anno dall’organizzazione non governativa Transparency International l’Italia è scivolata nel 2011 dal 67esimo al 69esimo posto, seguita tra i Paesi dell’Unione europea solo dalla Grecia. “L’indicatore della corruzione precipita – spiega Maria Teresa Brassiolo, presidente di Transparency International Italia – influenza il rating del nostro Paese e quindi anche lo spread”. Come a dire: le conseguenze economiche delle tangenti sono più gravi di quanto si pensi. “Rispetto al resto del Continente – continua Brassiolo – in Italia è molto più diffusa la piccola corruzione”. I protagonisti del malcostume non sono quindi tanto i manager delle grandi multinazionali, poco numerose da noi, ma l’imprenditore locale, l’assessore del piccolo Comune, il consigliere della municipalizzata o il funzionario pubblico. Fenomeno che secondo Brassiolo dipende dal fatto che “in Italia c’è una tolleranza maggiore dei cittadini alle situazioni ingiuste e all’illegalità: sono in tanti a cercare di trarne vantaggio, senza scandalizzarsi”. A un cittadino, insomma, viene chiesta una mazzetta. E lui, anziché indignarsi e sporgere denuncia come accadrebbe in altri Paesi, spesso si accorda con la controparte.

A volte, però, qualcuno non ci sta. Come il pensionato novantenne che lo scorso aprile ha fatto arrestare in flagranza di reato un ufficiale giudiziario di Roma: gli aveva chiesto 200 euro come obolo per ottenere l’esecuzione di uno sfratto per morosità. In carcere, a dicembre, è finito pure Gianluca Carta, il geometra del Comune di Milano che ha chiesto alla griffe Bluemarine 2mila euro per un aiutino al permesso per aprire un negozio.

Almeno altri due sono i casi nell’ultimo mese dell’anno che rendono bene l’italico malcostume. Carlo Cetera, primario di Ginecologia all’ospedale Pieve di Cadore (Belluno), speculava sui sogni di maternità e paternità delle coppie che non riuscivano ad avere figli e chiedeva fino a 2.500 euro per ridurre i tempi di attesa per accedere alla procreazione assistita. Questa l’ipotesi degli inquirenti che hanno ottenuto il suo arresto. Alessandro Zeschi, ispettore dell’ufficio stranieri del commissariato Prenestino a Roma, aveva invece buon gioco con gli immigrati: niente bustarella, niente permesso di soggiorno.

Tra le cause del proliferare della corruzione in Italia Nicola Pasini, docente di Sistemi politici e amministrativi all’Univeristà degli studi di Milano, individua il cattivo funzionamento della pubblica amministrazione: “Spesso i meccanismi farraginosi della burocrazia rappresentano degli ostacoli per aggirare i quali vengono usate le mazzette”, spiega. In Italia poi non esiste un sistema di lobbying trasparente, ma i tentativi di influenzare i funzionari pubblici vengono fatti di nascosto. “E la stampa – continua Pasini – non svolge la sua essenziale funzione di cane da guardia”.

Così accanto alla cricca di Balducci, Anemome e Bertolaso, finita sotto inchiesta per gli appalti del G8, crescono su un terreno fertile le piccole cricche. Come quella dell’isola di Ponza, dove a settembre è stato arrestato il sindaco Pompeo Rosario Porzio, insieme a tre assessori e tre imprenditori: tutti accusati di essersi messi d’accordo sull’affidamento di undici appalti, per un valore complessivo di tre milioni di euro. Giunta decapitata sull’isola dei vip. E giunta colpita da uno scandalo dopo l’altro a Parma, dove tre mesi fa il sindaco di centrodestra Pietro Vignali si è arreso alle manifestazioni di indignati sotto il municipio. E si è dimesso, dopo che per tangenti gli erano via via stati arrestati il capo dei vigili, un assessore e diversi funzionari comunali .

Non è solo nei bar di Parma che si è parlato di corruzione oltre che di sport. A Venezia sette dipendenti comunali sono finiti in manette a fine marzo per mazzette su permessi per l’ampliamento di strutture turistiche, mentre a inizio febbraio erano stati arrestati due funzionari della Provincia e cinque imprenditori: le mazzette arrivavano al 3% su almeno 5 milioni di lavori pubblici e il procuratore aggiunto del capoluogo veneto, Carlo Mastelloni, aveva parlato di una “cricca degna di Tangentopoli”.

Un bel po’ più a sud della Laguna, sotto il Vesuvio la moda 2011 è stata la mazzetta pro assunzione. Per un giro di tangenti imposte a chi ambiva a un posto di lavoro sono stati arrestati Sabato Carotenuto, ex direttore dell’azienda trasporti di Napoli (Anm), e Vincenzo Colimoro, dipendente dell’azienda e sindacalista Uil. Questo accadeva a maggio. Passati due mesi, a finire sotto accusa è stato il sistema di assunzioni clientelari e il giro di tangenti in un’altra municipalizzata: l’Asia, che nel capoluogo campano vuol dire raccolta di rifiuti.

Dalle Alpi alla Sicilia abitudini simili. Eppure, in mezzo allo Stivale, il disegno di legge anticorruzione continua a rimanere bloccato in Parlamento. Il Fatto quotidiano ha già portato avanti nel 2010 una campagna per un testo più rigoroso di quello in discussione allora e mai approvato. “La legge va votata al più presto – sostiene Maria Teresa Brassiolo – con alcune correzioni coerenti con gli impegni internazionali. Va introdotto ad esempio il reato di corruzione tra privati, perché anche una mazzetta data da un fornitore al buyer di un supermercato incide sui costi dei cittadini”.

Secondo Nicola Pasini è essenziale poi intervenire non solo a valle del malaffare, punendone i colpevoli. Ma bisogna anche fare prevenzione, “attraverso l’educazione civica nelle scuole e l’insegnamento nelle università dell’Etica pubblica, una disciplina che è presente in tutte le business school dei Paesi anglosassoni. Importante sarebbe poi dotare gli enti di opportuni codici etici”. Misure che, secondo Pasini, potrebbero portare a un cambiamento di mentalità, necessario per sconfiggere la corruzione. Visto che dagli anni di Tangentopoli ad oggi non si è indebolita “la collusione tra sistema politico, sistema economico, burocrazia pubblica e anche società civile”.

Battaglia difficile in un Paese dove le bustarelle non sono solo un mezzo per accaparrarsi opere pubbliche. Grandi classici si sono infatti confermate per tutto il 2011 anche le mazzette offerte dalle imprese funebri agli infermieri delle camere mortuarie per ricevere prima dei concorrenti i dati sulla famiglia del caro estinto di turno. E le tangenti chieste da funzionari pubblici di mezza Italia per consegnare senza troppi problemi la patente di guida, quella nautica o una qualsiasi licenza.

Tutti fenomeni destinati ad aggravarsi con la crisi, che secondo Maria Teresa Brassiolo un effetto lo ha già avuto: “Il sistema statale è in ritardo coi pagamenti per 60 miliardi di euro – dice -. E così alla corruzione nella fase di aggiudicazione dell’ordine si aggiunge quella nella fase del pagamento”. All’imprenditore magari viene chiesta un oliatina per far partire il bonifico. E se lui non ci sta, rischia il fallimento.


www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/04/nord-litalia-corrotti-labitudine-alla-mazzetta-salire-spread...
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Da Dell’Utri al maxi processo Eternit
Ecco le sentenza cruciali del 2012 Un anno di inchieste e processi sul malaffare che strangola l'Italia. Una montagna di accuse sui top manager. E poi i disastri ambientali e i grandi scandali "civili", come il rogo Thyssen e il G8 di Genova Dopo quelle sulla cricca, sulle tangenti e sulle “cene eleganti” di Arcore (vedi “Il Fatto” del 6 gennaio), ecco l’altra “metà” della piovra: dalle organizzazioni criminali (mafia e ‘ndrangheta) infiltrate in Parlamento e nelle altre istituzioni, per finire alle grandi aziende dedite sistematicamente a frodi e falsificazioni. E poi ancora i disastri ambientali ed edilizi: abusi, sprechi, traffici illegali. Infine i grandi scandali “civili”: dal rogo della Thyssen alla morte di Stefano Cucchi. Dal G8 di Genova alla sciagura ferroviaria di Viareggio. Per il 2012 un’agenda di udienze, processi e sentenze.

Boss e politica

Mori, Obinu, il 1992 e la pace dopo le bombe
Il processo ai due ex ufficiali del Ros, Mario Mori e Mauro Obinu, accusati della mancata cattura del boss Provenzano in cambio della cessazione della strategia stragista di Cosa nostra riprende il 20 gennaio con l’audizione in aula di Vincenzo Scotti, l’ex ministro dell’Interno che nel febbraio del ’ 92, prima della stagione delle bombe, lanciò inascoltato in Parlamento l’allarme su una strategia violenta messa in atto da ambienti eversivi. Prosegue in Procura l’inchiesta parallela sulla trattativa mafia-Stato: indagati i boss Riina, Provenza-no, ilmedicoAntonino Cinà, Marcello Dell’Utri, Massimo Ciancimino e alcuni esponenti dei Servizi per violenza e minaccia ad un corpo politico, amministrativo e giudiziario dello Stato.

Dell’Utri e i rapporti con Cosa Nostra: l’ultimo atto in Cassazione
Il 9 marzo è attesa la sentenza della Cassazione su Dell’Utri, condannato in primo grado a 9 anni e in appello a 7 per concorso esterno in associazione mafiosa. La Suprema Corte è chiamata a confermare il verdetto d’appello, oppure ad annullarlo senza rinvio, o ancora ad annullarlo con rinvio a un nuovo processo d’appello. In quest’ultimo caso potrebbe annullare l’intera sentenza o soltanto la parte assolutoria che ha escluso ogni responsabilità dell’imputato nei rapporti con Cosa Nostra dopo il 1992.

Romano, doppia accusa: mazzette e “a disposizione”
Il 18 gennaio il gup di Palermo Fernando Sestito renderà probabilmente nota la sua decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio dell’ex ministro delle Politiche Agricole Saverio Romano, il primo ministro in carica accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Contro Romano intercettazioni imbarazzanti tra esponenti mafiosi e le parole di sei pentiti che lo indicano “a disposizione” di Cosa Nostra. Intanto sempre nei confronti di Romano – dopo il sì della Camera all’uso delle intercettazioni del 21 dicembre – prosegue l’inchiesta che lo vede indagato per corruzione nell’inchiesta sulle tangenti della società del Gas del professore Gianni Lapisedi Cianciminojr. Romano è sospettato di avere promosso un emendamento vantaggioso per la società in cambio di 300 mila euro.

“Abbiamo l’amico e socio di mio padre Renato Schifani”
Le dichiarazioni di Spatuzza, quelle di altri due collaboratori di Giustizia, tra cui Stefano Lo Verso, e alcune intercettazioni telefoniche tra boss, oltre a vecchie accuse archiviate e adesso riaperte, sono contenute nel fascicolo aperto dalla procura nei confronti della seconda carica dello Stato per concorso in associazione mafiosa. Per LoVerso, la mafia poteva contare su Schifani e Romano, come gli aveva rivelato il boss Nicola Mandalà: “Tranquillo, abbiamol’amicoesocio di mio padre Renato Schifani e il paesano di mio parrino Ciccio, Saverio Romano”.

Il governatore della Sicilia e il processo per quei voti del 2008
Secondo la Procura di Catania, traRaffaele Lombardo e la mafia c’era un rapporto elettorale. Il 6 febbraio si terràlasecondaudienzadelprocessoneiconfrontidel governatore siciliano e del fratello Angelo (deputato Mpa). Il processo riguarda la campagna elettorale del 2008 per fare eleggere Angelo Lombardo e quella per l’elezione del presidente della Regione siciliana. I due fratelli erano indagati anche per mafia: la Procura ha chiesto archiviazione, ora parola al Gip.

Ciancimino jr, le 3 inchieste e “il signor Franco”
Prosegue a Palermo l’inchiesta per calunnia dichiarativa e documentale e detenzione di esplosivo nei confronti del figlio di don Vito Ciancimino, arrestato il 22 aprile scorso (e poi scarcerato) dopo il ritrovamento di alcuni candelotti di dinamite nel giardino di casa. Ciancimino jr. è indagato per calunnia anche a Caltanissetta dopo avere accusato l’ex capo della polizia De Gennaro di essere il misterioso signor Franco/Carlo e di concorso in associazione mafiosa a Palermo per avere fatto da tramite tra suo padre e Provenzano nella trattativa.

Cammarata, due scandali a Palermo: i rifiuti e la barca
Prosegue l’inchiesta: il sindaco di Palermo è indagato, insieme ad altri 11 dirigenti ed ex amministratori dell’Amia, per disastro doloso, inquinamentodelleacquee del sottosuolo, truffa, gestione abusiva della discarica di Bellolampo, abuso di ufficio e abbandono dei rifiuti speciali. Si indaga sui rischi di inquinamento delle falde acquifere per il percolato prodotto dalla discarica. Peripm Cammarata avrebbe impartito gli ordini per gestire l’ex municipalizzata Amia e la discarica. Cammarata è imputato anche di abuso di ufficio nel processo che riprende il prossimo 18 gennaio: è accusato di avere utilizzato un dipendente della Gesip, una partecipata del comune, come guardiano e gestore della sua barca ancorata al porticciolo dell’Acquasanta.

Dai pentiti alla moglie: la decisione sul senatore D’Alì
Riprende il 3 febbraio l’udienza preliminare per decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa avanzata dalla Dda di Palermo nei confronti del presidente della Commissione Ambiente del Senato, Tonino D’Alì, sottosegretario all’Interno con Berlusconi tra il 2001 e il 2006. L’ultima udienza il pm Andrea Tarondo, che con il pm Paolo Guido e con il procuratore aggiunto Teresa Principato ha firmato la richiesta al gup per processare il senatore, ha prodotto nuove accuse, che si fondano sui pentiti, sulla documentazione societaria e sulle accuse della ex moglie di D’Alì.

Borzacchelli, le talpe in procura a Palermo e Cuffaro
Si attende la Cassazione dopo la condanna in appello ad otto anni per l’ex sottufficiale dei carabinieri Antonio Borzacchelli, ex deputato regionale del Biancofiore (Udc), indicato come una delle “talpe” della procura di Palermo, coinvolto nell’inchiesta su Cuffaro. In primo grado condanna a 10 anni, in appello a 8.

De Mauro, l’indagine parallela e il filo rosso con il delitto Pasolini
Entro la fine di gennaio sono attese le motivazioni dell’assoluzione di Totò Riina, accusato di avere deciso ed organizzato la “lupara bianca” del giornalista Mauro De Mauro, scomparso a Palermo la sera del 16 settembre 1970. La procura ha aperto un’indagine parallela sui mandanti occulti ed ha recentemente interrogato Dell’Utri, che dichiarò di avere avuto in mano, per pochi istanti, il dattiloscritto Appunto 21 di Pasolini, misteriosamente scomparso: una delle piste seguite lega, infatti, il delitto De Mauro a quello dell’intellettuale ucciso a Ostianel 1975, entrambi impegnati a scavare (DeMauro percontodelregistaRosi) sulleragionidell’assassiniodel presidente dell’Eni Enrico Mattei, nel contesto di una matrice terroristico-eversiva concepita per tutelare gli interessi della grande finanza e delle ”sette sorelle” petrolifere.

Via d’Amelio: la revisione, il depistaggio e l’ “agenda rossa”
Si attendono entro febbraio i nuovi provvedimenti già chiesti al gip dalla procura di Caltanissetta nei confronti deinuoviesecutorimaterialidopolerivelazionideipentiti Gaspare Spatuzza, che ha riscritto la dinamica della strage auto attribuendosi il furto della 126, e Fabio Tranchina, che ha aggiunto inediti dettagli. Entro giugno è attesa anche la definizione dell’inchiesta nei confronti dei tre funzionari di polizia (Mario Bo, Salvatore LaBarbera e Vincenzo Ricciardi) indagati per calunnia aggravata per avere indotto le false confessioni di Salvatore Candura, Vincenzo ScarantinoeFrancesco Andriotta sulla dinamica della strage. Infine, sulla base di un maxi-collage di immagini video, che ricostruisce nei dettagli lo scenario della strage, la procura di Caltanissetta ha riaperto l’inchiesta sulla sparizione dell’agenda rossa del giudice.

Trapani, l’uccisione di Rostagno e le nuove audizioni
Riprende l’11 gennaio con l’audizione in aula dei pentiti del trapanese Vincenzo Calcara e Rosario Spatola il processo per il delitto di Mauro Rostagno, ucciso a Lenzila sera del 26 settembre 1988. Sono imputati due boss mafiosi: Vincenzo Virga, indicato come il mandante, e Vito Mazzara, ritenuto uno dei killer.

Cosentino (Pdl): favori e soldi nelle terre di Gomorra
Iniziato nell’aprile scorso, procede a passo d’uomo il processopercamorraaldeputato-coordinatoreregionaledelPdl, impigliatositranumeroseeccezioni, perlopiù sull’utilizzo delle intercettazioni indirette. Difficilmente il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere emetterà la sentenza entro l’anno. Intanto a Napoli si attende a breve il deposito dell’avviso concluse indagini dell’inchiesta condotta dai pm Curcio, Woodcock e Ardituro e coordinata dall’aggiunto Cafiero de Raho che vede Cosentino indagato e con nuova richiesta di arresto con l’accusa di aver esercitato illecite pressioni per far ottenere un finanziamento bancario in favore di un’impresa vicina ai clan.

’Ndrangheta, da Reggio al Nord: la nuova potenza criminale
Milano e Reggio Calabria collegate dalla ‘ndrangheta. Gli arresti, le condanne, le intercettazioni e gli atti intimidatori, lo confermano. L’ultima operazione (a fine novembre) dei magistrati antimafia di Milano e di Reggio, riguarda il clan Lampada, ben insediato in Lombardia. In carcere sono finiti anche un giudice di Reggio Calabria, Vincenzo Giglio, un consigliere regionale calabrese del Pdl, Francesco Morelli e Vincenzo Minasi, avvocato di Palmi, con studio a Milano e Como. Dopo le inchieste delle Procure di Imperia, Sanremo e Torino, invece, la Commissione di accesso sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta ha presentato le proprie conclusioni sull’ipotesi di scioglimento del Comune di Ventimiglia. La decisione del Prefetto di Imperia è attesa per i prossimi giorni. Sarebbe la seconda amministrazione del Ponente ligure travolta dalle inchieste sulla criminalità organizzata, dopo quella di Bordighera. Vassallo, tutta in salita l’inchiesta sul sindaco anticamorra ucciso La Dda di Salerno prosegue con la massima discrezione le indagini sull’omicidio del sindaco di Pollica, avvenuto nelsettembredel 2010. Il radicamento dell’inchiesta nella Procura capoluogo di distretto conferma che la matrice camorristica del delitto resta una delle ipotesi più battute.

Malafinanza

Ipotesi di frode fiscale da 245 milioni: Profumo indagato
L’ex ad di Unicredit, Alessandro Profumoe 15 dirigenti bancari sono indagati per una presunta frode fiscale da 245 milioni, architettata con 3 dirigenti della Barclays. I 245 erano stati dapprima sequestrati, poi dissequestrati dal Riesame, ora il procuratore aggiunto, AlfredoRobledo, ha presentato ricorso in Cassazione che potrebbe decidere nelle prossime settimane.

Scalata Bnl: Consorte, Caltagirone e Fazio verso l’Appello
Scalata Bnl: il tribunale di Milano ha inflitto a Consorte treanniediecimesidireclusioneeunmilionee 300 mila euro di multa. Condannati anche – tra gli altri – l’allora governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio e il costruttore-editore, Francesco Gaetano Caltagirone. Dovrebbero presentare appello nelle prossime settimane.

Dossier illegali e corruzione internazionale: i guai di Tronchetti
Il presidente di Pirelli ed expresidente di Telecom, Marco Tronchetti Provera, è indagato a Milano per la vicenda dei dossier illegali quando a capo della security di Telecom c’era Giuliano Tavaroli. Tronchetti è accusato, inoltre, di corruzione internazionale, in relazione a 26 milioni di euro che sarebbero stati pagati dalla Telecom tra il 2002 e il 2006 a un mediatore brasiliano per avere favori dall’autorithy locale. Interrogato, Tronchetti ha sostenuto che Telecom non è stata avvantaggiata. Il manager durante la prima inchiesta non era stato indagato.

San Raffaele, il buco da 1, 5 miliardi: da don Verzè a Formigoni
A Milano inchiesta per associazione a delinquere, concorso in bancarotta fraudolenta e false fatturazioni. A novembre è finito in carcere Pierangelo Daccò, il faccendiere vicino a Cl e amico di Formigoni. Sarebbe lui il manager ombra addetto allo “smistamento” di fondi neri, probabilmente anche a politici. A capo dell’associazione criminale ci sarebbe stato Mario Cal, vice presidente del San Raffaele, morto suicida nel luglio scorso. Ne facevano parte, tra gli altri, Mario Valsecchi (in carcere dal mese scorso), ex direttore finanziario, e gli imprenditori Pierino e Gianluca Zammarchi. Il dominus del SanRaffaele, don Luigi Verzè, morto il 31 dicembre, era indagato per concorso in bancarotta. A marzo scadono i termini dell’indagine ma i pm possono chiedere una proroga.

Ponzellini e i fondi concessi da Bpm alla Atlantis
Massimo Ponzellini, ex presidente della Popolare di Milano è indagato dalla procura milanese per ostacolo all’autorità di vigilanza e associazione a delinquere. Bpm ha concesso un prestito da 43 milioni alla società Atlantis-BplusdiFrancesco Corallosenzache, secondoipm, neavesseirequisiti. I magistrati hanno anche inviato alla Camera una richiesta di autorizzazione all’acquisizione del computer che il deputato Pdl Laboccetta si è portato via, facendosi scudo dell’immunità, durante la perquisizione della Gdf nell’ufficio romano di Corallo. La-boccetta è indagato per favoreggiamento mentre Corallo, che si era spacciato per ambasciatore della Fao, deve rispondere di falsa identità a pubblico ufficiale.

La bancarotta di Lele Mora: 4 volte “no” alla scarcerazione
Lele Mora a Milano è pieno di guai giudiziari. A giugno è stato arrestato per concorso in bancarotta. Ha distratto dalla sua (fallita) Lm managment 8, 5 milioni di euro. A novembre ha patteggiato una pena a 4 anni e 3 mesi. Resta indagato Emilio Fede. Per 4 volte giudici diversi, hanno confermato il carcere per Mora.

Telecom Sparkle e Fastweb, la megatruffa di Mokbel & co.
Tutto è nato da un’inchiesta del pm Capaldo sul maxi riciclaggio da 2 miliardi di euro, sottratti all’erario tra il 2004 e il 2010 con la truffa del 2 % dell’Iva messa in atto dalle società telefoniche Fastweb e Telecom Sparkle. Il processo è iniziato alla fine del 2010 ma non si concluderà che alla fine di quest’anno. Alla sbarra due gruppi di imputati: i sodali di Gennaro Mokbel, il faccendiere nero, sono una quindicina, e rispondono di associazione per delinquere, riciclaggio, falsificazione di schede elettorali. Sull’altro lato, i grandi manager dei colossi telefonici Telecom Sparkle e Fastweb. Su tutti l’ex presidente Silvio Scaglia, a lungo rimasto in carcere.

Sempre Lavitola: l’Avanti e i fondi dell’editoria
A Napoli indagine sempre intorno a Valter Lavitola, questa volta in veste di ex direttore ed editore del quotidiano l’Avanti: l’obiettivo è scoprire se, dietro i finanziamenti di Stato all’editoria, ottenuti da Lavitola, si nascondano operazioni illecite. Dal 2003 al 2009, L’Avantihaottenutocirca 21 milioni di euro che, secondo l’ipotesi investigativa, potrebbero essere stati usati per affari personali non inerenti alla gestione del quotidiano. Sui finanziamenti ottenuti da l’Avanti aperto un fascicolo anche a Pescara.

Privatizzazione dell’aeroporto, Mussari (Mps) indagato a Siena
Chiuse le indagini anche sulle procedure di privatizzazione del piccolo aeroporto di Ampugnano. Tra i 14 indagati anche il presidente di Mps Giuseppe Mussari. Secondo l’accusa la gara per la cessione delle quote di maggioranza della società aeroporto di Siena fu pilotata e condizionata.

Delitti e segreti

Rogo Thyssen, a breve fissato il processo d’Appello
Il processo di appello per la strage della Thyssen Krupp (sette operai morti nel rogo dell’acciaieria di Torino nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007) sarà calendarizzato abreve. Il processo di primo grado di fronte alla Corte di Assise di Torino si è concluso con sei condanne, la più alta delle quali (16 anni e sei mesi) inflitta all’ad Harald Espenhan, ritenuto colpevole di omicidio volontario con dolo eventuale.

Amianto a Casale Monferrato, verità e giustizia sul disastro
Si sta concludendo a Torino il maxiprocesso Eternit. La prossima udienza (l’ultima si è tenuta il 21 novembre) è fissata per il 13 febbraio. La sentenza potrebbe arrivare già quel giorno. I pm Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli hanno chiesto la condanna a 20 anni per due imputati, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny e il barone Belga Louis De Cartier (ultimi proprietari della multinazionale dell’amianto) con l’accusa di disastro doloso permanente. Secondo l’accusa i due, pur essendo a conoscenza della pericolosità dell’amianto, avrebbero deliberatamente omesso le misure necessarie affinché le polveri non fossero respirate da lavoratori e cittadini. Nell’elenco delle oltre seimila parti lese figurano quasi duemila vittime, 1. 700 circa nella sola Casale Monferrato.

Strage di Viareggio, indagati i vertici Trenitalia: verso chiusura inchiesta
Tra i 38 indagati per il disastro del 29 giugno del 2009 (32 morti), anche Mauro Moretti, amministratore delegato Fs, il suo successore alla guida di RFI Michele Mario Elia, l’ad di Trenitalia Vincenzo Soprano e altri membri della catena di comando delle Fs. Imminente l’avviso di conclusione indagini.

Diaz e Bolzaneto, per le lesioni si avvicina la vergogna della prescrizione
Dopo l’assoluzione in Cassazione per Gianni De Gennaro mancano soltanto le sentenze della Cassazione per Diaz e Bolzaneto. La quasi totalità dei reati – calunnia, lesioni non gravi, abusi vari – contestati ai poliziotti della Diaz così come agli imputati per le violenze nella caserma di Bolzaneto sono stati spazzati dalla prescrizione. Restano in piedi le lesioni gravi, che però vanno in prescrizionedopodieciannieseimesi (proprionelgennaio 2012) e i falsi che di anni ne prevedono dodici e mezzo (gennaio 2014).

Morire di carcere: Stefano Cucchi, le udienze proseguono
Tempi lunghi per la verità sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra romano morto il 22 ottobre al Pertini dov’era stato ricoverato per le gravissime lesioni provocate dal pestaggio subito la notte dell’arresto. Il processo vede imputati 6 medici, 3 infermieri e 3 agenti di custodia ed è giunto alla sesta udienza. Alle prossime saranno ascoltati i periti che attribuiscono il decesso alla carenza di cure dei medici del Pertini. Tesi respinta dalla sorella Ila-ria: “Stefanoèstatouccisoincarcere, sperocheigiudici annullino le perizie e si riparta da zero”.

Trans, ricatto a Marrazzo: il 10 gennaio imputati in aula
Trans e coca, ricatto a Marrazzo: il 10 gennaio compariranno, di fronte al gup, i quattro imputati “sopravvissuti” all’inchiesta, i carabinieri Nicola Simeone, Carlo Tagliente e Nicola Testini-i primi due accusati di estorsione, il terzo rinviato a giudizio anche per la morte del pusher Gianguarino Cafasso, nonostante il perito Arcudi abbia escluso l’ipotesi di omicidio per overdose. Ci sarà anche Natalie, il trans che ospitava Marrazzo, imputata di detenzione e spaccio di coca. Il gup dovrà stabilire la connessione tra i due filoni d’indagine- estorsione e morte del pusher- prima che il vero processo abbiainizioindatadastabilire. Intantoèallaterzaudienza il processo parallelo sulla “falsa” perizia sul cadavere di Cafasso che, riesumato, risultava intatto.

Concorsi truccati all’università di Messina: è l’anno della sentenza
In arrivo il verdetto contro il Rettore Franco Tomasello, imputatodiaverfattopressionisulpresidentedellacommissionechedovevaassegnareunpostodiassociatonell’ateneo messinese. Tomasello è anche indagato per un altro concorso truccato al Policlinico universitario.

Siena, il rosso di bilancio da 200 milioni dell’ateneo
Gli indagati sono 23, fra cui gli ex rettori Piero Tesi e Silvano Focardi: i reati ipotizzati sono falsità ideologica, abuso d’ufficio e peculato. Avviso di conclusione delle indagini anche per l’inchiesta sulle elezioni dell’attuale rettore Angelo Riccaboni.

Calciopoli, scommesse truccate: 3 procure al lavoro
Tre procure al lavoro – quelle di Napoli, Cremona e Bari, indagini preliminari – e 22 partite di serie A monitorate dagli inquirenti. Centinaia, invece, le partite sospette tra serie B e campionati minori. Tra i più noti calciatori coinvolti, oltre Beppe Signori, ci sono Cristiano Doni e Luigi Sartor. La procura di Cremona ha scoperto una centrale operativa che gestiva un giro di scommesse e truccava partite a livello internazionale: la base era a Singapore, ma le ramificazioni, attraverso gli uomini di mister Den, arrivavanoancheinItalia, attraversoilgruppodegli “zingari”, per esempio, o attraverso contatti con clan della mala barese, secondo l’ipotesi della procura di Bari. La procura di Napoli, invece, indaga sulle infiltrazione del clan d’Alessandro, di Castellamare di Stabia, nella società di scommesse Intralot.

Abusi di cemento


Crotone: la truffa della centrale a turbogas
Iniziata dal pm Pierpaolo Bruni, trasferitosi nel frattempo a Catanzaro, l’indagine è ora condotta dalla pm Luisiana Di Vittorio. Si tratta della presunta truffa sulla mancata realizzazione del Contratto di programma di Scandale, con conseguente installazione della centrale a turbogas, costruitadallaEurosviluppoindustriale, amministrata da Aldo Bonaldi, e poi venduta al gruppo Endesa. Un affare da 15 milioni di euro. Tra gli indagati, anche l’ex ad di Barclays Bank Italia, Vittorio Maria De Stasio.

La villa ad Anacapri di Luca di Montezemolo
È attesa per il 12 marzo la sentenza del giudice unico della sezione staccata di Capri del Tribunale di Napoli su Montezemolo, accusato di abuso edilizio e falso nell’ambito della ristrutturazione di Villa Caprile ad Anacapri.

Matteoli accusato di favoreggiamento all’Elba
Per la procura di Livorno, l’ex ministro toscano avvertì il prefettoVincenzo Gallitto che c’era un’indagine nei suoi confronti. Il giudice sta aspettando che la Corte costituzionale su pronunci sul conflitto di attribuzioni sollevato dal tribunale di Livorno nei confronti della Camera.

Il megaporticciolo da 150 milioni: c’è Scajola indagato
A Imperi l’inchiesta sulla realizzazione del mega-porticciolo turistico: con l’ex ministro indagato il costruttore Caltagirone. Nelle prossime settimane è prevista la decisione del gip con il deposito degli atti.

Bassolino e i rifiuti, la sentenza e il rischio prescrizione
Il 2012 potrebbe essere l’anno della sentenza per il processo al ciclo di gestione dei rifiuti in Campania. Ma la prescrizione incombe su gran parte dei reati. Alla sbarra da quattro anni ci sono Bassolino, gli ex vertici della Fibe-Impregilo e una folla di altri imputati, per un totale di 28 persone.

di Gianni Barbacetto, Stefano Caselli, Rita Di Giovacchino, Michela Gargiulo, Giuseppe Giustolisi, Vincenzo Iurillo, Giuseppe Lo Bianco, Antonella Mascali, Antonio Massari e Ferruccio Sansa

da Il Fatto Quotidiano del 7 gennaio 2012

www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/07/da-dellutri-alla-eternit-ecco-i-verdetti...
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