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Pensioni : Nati nel 1980 al lavoro fino a 75 anni, allarme di Boeri

Ultimo Aggiornamento: 22/04/2016 15:40
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Si tratta sulle pensioni, due idee sul tavolo

analisi di Marco Rogari. All'interno cronaca in tempo reale a cura di Chiara Beghelli e Celestina Dominelli
Cronologia articolo24 ottobre 2011
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Argomenti: Previdenza complementare | Lega | Silvio Berlusconi | Europa




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Si riapre all'improvviso, ma in realtà non si era mai chiuso. Il cantiere della previdenza dovrà garantire un nuovo pacchetto di interventi per alzare l'età effettiva di pensionamento. A chiedercelo sono da tempo l'Europa, gli organismi internazionali e anche le imprese. E ora Silvio Berlusconi ha deciso, dopo l'aut aut arrivato dal vertice europeo di Bruxelles, di dare il via all'operazione già progettatata in occasione del varo delle due ultime manovre estive ma poi accantonata per il veto della Lega e anche dei sindacati.

Due le potesi che sono sul tappeto. La prima prevede l'anticipo dal 2013 al 2012 di quota 97 (somma tra età anagrafica e contributiva) per andare in pensione di anzianità per poi rapidamente a quota 100 nel 2015 e, quindi, all'abolizione di fatto dei trattamenti anticipati. La seconda poggia sull'introduzione del vincolo per le anzianità di quota 100, ancorato al requisito dei 40 anni di contribuzione (almeno 60 di anni di età più 40 anni di contributi per uscire) nel 2013, prevedendo parallelamente il rapido innalzamento della soglia di vecchiaia a 67 (entro il 2015) per tutti i lavoratori. Un intervento, quest'ultimo, che verrebbe accompagnato dall'anticipo al 2012 del meccanismo già previsto per equiparare progressivamente agli uomini la soglia pensionabile di vecchiaia delle lavoratrici del settore privato.

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Al momento, l'anticipo delle quote resta l'ipotesi più probabile. Ma la non facile opera di mediazione che in queste ore è in corso all'interno della maggioranza per convincere la Lega, che resta fermamente contraria a interventi sull'età pensionabile, potrebbe aprire la strada a soluzioni di compromesso tra la prima e la seconda opzione. Compromesso che non è affatto scontato, visto che il Carroccio ha sempre dichiarato di essere pronto ad aprire la crisi di governo per difendere i pensionati. In ogni caso la soluzione andrà trovata in poche ore.

Berlusconi è orientato a varare oggi, nel Consiglio straordinario convocato per le 18, il pacchetto-pensioni insieme al decreto sviluppo. Le decisioni potrebbero, al massimo, essere rimandate a domani mattina, ma non oltre. L'Europa non concede altre proroghe: resta da vedere se il Carroccio sarà d'accordo ad allungare l'età effettiva di pensionamento e, conseguentemente, la vita del governo

www.ilsole24ore.com/art/economia/2011-10-24/pensioni-corsa-contro-tempo-131745.shtml?uuid=...
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Pensioni, obiettivo 70 per cento
Secondo uno studio Inps, le pensioni dei giovani potrebbero raggiungere la “quota salvezza” del 70% dell’ultima retribuzione, se si lavorerà di più.
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Valerio Baselli | 25-10-11 | Invia Articolo via E-mail

La buona notizia è che l’assegno Inps per i giovani di oggi potrebbe non essere così magro come si pensava. La cattiva notizia è che il presupposto è aumentare l’età pensionabile. A dirlo è uno studio Inps presentato nelle scorse settimane. In sostanza, grazie al sistema contributivo e all’aumento dell’età lavorativa, la pensione di chi ha cominciato a lavorare dopo il 1995 può arrivare al 70% per i lavoratori dipendenti e al 53% per i para-subordinati. Non si parla certo di percentuali altissime, ma comunque migliori di quelle prospettate negli ultimi anni.
Nel dettaglio
In sostanza, secondo l’analisi, un soggetto di 24 anni che ha iniziato a lavorare nel 2011 e che andrà in pensione nel 2046 con 35 anni di contributi a 69 anni di età, raggiungerebbe il 70% dell’ultima retribuzione, più, ovviamente il Tfr maturato. Nel caso di un lavoratore autonomo, la percentuale scenderebbe al 53%, ma questa categoria versa all’Inps il 20% delle retribuzione, mentre i lavoratori dipendenti il 33%.

Anche nel caso di un lavoratore precario, i numeri sono migliori di quelli che ci si potrebbero aspettare. Simulando infatti una carriera composta da 10 anni in nero, 6 da parasubordinato e 22 da dipendente, si arriverebbe al 59% dell’ultima retribuzione.

Scelte politiche
La situazione che si delinea sembra andare in questa direzione a causa di tre fattori: finestra mobile (la pensione decorre 12-18 mesi dopo aver raggiunto i requisiti), l’adeguamento automatico ogni tre anni dell’età pensionabile alla speranza di vita e l’aumento dell’età necessaria per la pensione di vecchiaia. Sull’ultimo punto si è espresso il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, il quale a Bruxelles ha dichiarato alla stampa che metterà mano alle pensioni, portando l’età pensionabile a 67 anni. Il premier ha poi aggiunto che dovrà però discuterne con l’alleato e leader della Lega Nord, Umberto Bossi, da sempre molto restio a cambiare in campo previdenziale.

Non solo un problema da giovani
Quando si parla di riforme previdenziali si tiene, giustamente, conto del futuro dei giovani. Tuttavia, in questo dibattito viene quasi sempre escluso il problema della disoccupazione dei “non più giovani”, ovvero quei lavoratori tra i 45 e i 60 anni che hanno perso il lavoro a causa della crisi e che non hanno ancora raggiunto i requisiti per andare in pensione.

“La verità è che questo è un problema che riguarda il malfunzionamento del mercato del lavoro, non del sistema previdenziale”, commenta commenta Vincenzo Galasso, professore ordinario di Economia Pubblica presso l’Università della Svizzera Italiana. “La disoccupazione per i lavoratori anziani è sicuramente un fenomeno problematico, ma l’esperienza di paesi con sistemi previdenziali di incentivi per lavorare di più non sembra mostrare che questi fenomeni siano legati al sistema pensionistico. Probabilmente, l’aspetto critico potrebbe essere la determinazione dei salari in base all’anzianità, che spesso conduce a situazioni in cui i lavoratori più anziani, non sempre produttivi, hanno salari ‘elevati’, almeno rispetto ai colleghi più giovani, e dunque sono meno appetibili per le imprese”.


www.morningstar.it/it/417/articles/101734/Pensioni-obiettivo-70-per-ce...
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Pensioni, ecco la riforma fantasma
i 67 anni nel 2026 erano già previsti

Nella lettera inviata all'Europa, vincoli anche meno severi di quelli in vigore. In base alla legge, quell'anno uomini e donne lasceranno per vecchiaia solo a 67 anni e 7 mesi. Il vero terreno di riforma chiesto dalla Bce era l'anzianità, dove non cambia nulla
di ROBERTO PETRINI
La lettera di Berlusconi all'Ue
ROMA - Un bluff. Un'incomprensione. Nella migliore delle ipotesi un giallo. Oppure come in Alice una "non-riforma". La linea dell'Italia, come espressa dalla lettera di Berlusconi alla Ue, è quella che le pensioni di anzianità e vecchiaia vanno bene così, come sono state modificate dalla manovra d'estate, niente di più.

Nulla si tocca sull'anzianità, in base al "nyet" di Bossi: si andrà a "quota 97" nel 2013 (ovvero 62 anni anagrafici e 35 di versamenti), come regolarmente previsto dalla riforma Prodi-Damiano. Ma l'equivoco più grosso - avvalorato dall'intervento del ministro Gelmini a Ballarò di martedì sera che ha spacciato la cosa per una novità - è sulla vecchiaia.

Non ci sarà infatti alcun innalzamento dell'età per la pensione di vecchiaia perché nel 2026 è già previsto dalla manovra d'estate (legge 111 del 2011) che si vada in pensione a 66 anni e 7 mesi. A questa età, per calcolare il momento effettivo del pensionamento, bisogna aggiungere tuttavia un anno, come previsto dalla recente introduzione della cosiddetta "finestra mobile" che impone a tutti di aspettare dodici mesi prima del ritiro dell'assegno.

A conti fatti dunque nel 2026 si andrà in pensione, come previsto dalla vigente normativa, a 67 anni. Anzi, per la precisione la normativa attuale è già più severa di quella che sembra garantire Berlusconi all'Europa, perché il traguardo della vecchiaia in base alla manovra d'estate, che peraltro ha accelerato la partenza del processo di due anni (al 2013), potrà essere tagliato solo a 67 anni e 7 mesi.

Infatti, come è evidente da una tabella di fonte Inps che tiene conto delle proiezioni demografiche Istat, dal 2013 l'età di vecchiaia salirà in base alle cosiddette "aspettative medie di vita" di tre mesi ogni tre anni. Grazie a queste riforme in Italia il traguardo dei 65 anni è rimasto in vita solo dal punto di vista "legale", perché "aspettative di vita" e "finestra mobile" fanno sì che già dal prossimo anno si andrà in vecchiaia a 66 anni, nel 2013 a 66 anni e tre mesi, nel 2019 a 66 anni e 11 mesi fino a raggiungere - come accennato - i fatidici 67 anni e 7 mesi nel 2026. Tutto scritto e votato dal Parlamento, perché la prima versione della riforma sulle "aspettative di vita" risale alla legge 122 del 2010. "Si ripercorre il cammino realizzato con le norme vigenti e resta aperto il nodo dell'anzianità", conferma Giuliano Cazzola (Pdl).

Anche per le donne la lettera del governo italiano a Bruxelles promette l'immobilità. Infatti la manovra d'estate ha messo in moto un meccanismo di accelerazione che parte blandamente dal 2014 (con l'aumento di un mese) e via via sale fino al 2026. Anche in questo caso al meccanismo bisogna sommare le "aspettative di vita" e la "finestra mobile": così facendo, come dimostra la tabella Inps-Istat, nel 2026 l'età effettiva di pensionamento delle lavoratrici del settore privato sarà di 67 anni e 7 mesi. La novità dei due calcoli comparati sta nel fatto che donne e uomini nel 2026, quanto a pensione di vecchiaia, raggiungeranno una parità sostanziale: sommate le varie riforme andranno entrambi in pensione effettiva a 67 anni e 7 mesi.

Detto ciò, il nostro sistema, che mantiene l'atipicità europea delle pensioni di anzianità oggetto del pressing della Bce, darà le seguenti opzioni. Chi potrà, perché come molti lavoratori garantiti del Nord ha una storia contributiva forte, sfrutterà l'occasione di andare in pensione dal prossimo anno a "quota 96" (ovvero con 61 anni di età anagrafica e 35 di contributi) o nel 2013, quando il meccanismo di innalzamento si fermerà con 62 anni e 35 di versamenti.

Meglio ancora si troverà chi, avendo lavorato per 40 anni, potrà sfruttare il "semaforo verde" permanente che prescinde dall'età anagrafica. Chi invece ha una storia contributiva frammentata, dovrà tirare la carretta: fino a 67,7 anni nell'anno di grazia 2026.

(27 ottobre 2011)

www.repubblica.it/economia/2011/10/27/news/pensioni_riforma_fantasma-2...
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(Teleborsa) - Gli italiani di mezza età andranno in pensione con metà dell’ultimo stipendio ed i giovani con un terzo.
Questo dato emerge dalle proiezioni Anief, confermate dall’inchiesta choc di Progetica sui numeri dell’Inps.

Nella scuola, chi è nato nel 1960 potrebbe lasciare il servizio con l’assegno di quiescenza non prima dei 68 anni, quindi tra il 2028 e il 2031, percependo appena 850 euro, questo dopo 43 anni di contributi, in pratica, gli verrà conferito un assegno pensionistico pari al 54% dell’ultima busta paga.

Chi è nato nel 1990 e inizia a lavorare ora, dovrebbe andare in pensione a 73 anni, dopo aver lavorato per mezzo secolo, con appena 400 euro, 33% dell’ultimo stipendio, meno dell’attuale assegno sociale.

I dati sono stati elaborati partendo dal presupposto di un’economia che rimarrà stagnante così come registrato nell’ultimo quinquennio. L’unica soluzione, confermata anche dagli esperti di settore, ad oggi sembra essere quella di aderire al Fondo di comparto (Espero per la scuola) e alla pensione integrativa garantita con sgravi fiscali. Per questi motivi, Anief valuta ricorsi in Europa per violazione della direttiva 88/2003 sull’organizzazione dell’orario di lavoro.



Marcello Pacifico (Anief-Confedir) dichiara “siamo alla macelleria sociale, con il tradimento del primo articolo della Costituzione, potremmo dire che l’Italia non sarebbe più fondata sul lavoro, ma sulla schiavitù”


www.teleborsa.it/News/2015/04/08/pensioni-prospettive-choc-sul-futuro-degli-italiani-281.html#.VSX...

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Pensioni, Camusso: “Nati nel 1980 al lavoro fino a 75 anni? Allarme di Boeri è pericoloso, sembra un annuncio”


Economia
Il presidente Inps aveva prospettato una lunga attesa per la pensione degli attuali 36enni, che rischiano di prendere anche un assegno più basso del 25%. La segretaria Cgil sostiene che l'allarme può "passare un messaggio pericoloso di sfiducia ai giovani"

Più informazioni su: Cgil, Inps, Pensioni, Susanna Camusso, Tito Boeri
“Proporre in questo modo la previsione di pensione a 75 anni è irragionevole, rischia di sembrare un annuncio e non una criticità da affrontare. Rischia inoltre di passare un messaggio pericoloso di sfiducia ai giovani con molti che reagiscono dicendo allora non pago più i contributi”. Così il segretario generale della Cgil Susanna Camusso ha commentato le parole del presidente Inps Tito Boeri, che martedì, parlando all’università Cattolica, ha ribadito l’avvertimento lanciato lo scorso dicembre: la “generazione 1980″ rischia di dover lavorare fino a 75 anni e prendere un assegno del 25% più basso rispetto ai pensionati di oggi. Questo perché, dalle analisi dell’istituto sulla storia contributiva di un “universo di lavoratori dipendenti, ma anche artigiani” nati in quell’anno è emerso che ognuno di loro in media ha “una discontinuità contributiva, legata probabilmente a episodi di disoccupazione, di circa due anni”.

Vale a dire che mediamente chi oggi ha 36 anni, nel corso della vita lavorativa, non ha pagato i contributi per un biennio. Molti hanno “buchi” ancora più ampi. Di conseguenza dovranno aspettare di più per aver diritto all’assegno. Che sarà pure leggerissimo: nello scenario peggiore – contributi non pagati per 10 anni – sotto i 750 euro per circa il 40% delle donne e il 23% degli uomini, stando alle simulazioni fatte ipotizzando che il pil cresca in media dell’1%. E la data di uscita si sposta dal 2050, data ufficiale per la classe ’80, al “2052, 2053 o anche – seppure per un quota limitata di lavoratori – 2055″. “Non voglio terrorizzare ma solo rendere consapevoli dell’importanza della continuità contributiva”, ha detto Boeri, invitando i giovani a “non lasciarsi illudere da situazioni con un salario netto più alto ma in cui il datore di lavoro versa pochi contributi previdenziali”.

Ma secondo Camusso le frasi dell’economista si prestano a essere interpretate non come un allarme ma come “un annuncio“, appunto. Invece “è proprio per evitare questa situazione che abbiamo aperto la vertenza sulle pensioni – spiega la leader Cgil - Questo è un sistema ingiusto che scarica la disoccupazione sulle spalle dei singoli e si basa solo sull’aspettativa di vita. Vedere ogni singolo aspetto come un costo impedisce una riforma complessiva del sistema che preveda investimenti che non sono costi: bisogna ricostruire il sistema per i giovani bisogna superare la differenza tra tutelati e non”.

Sul tema pensioni è intervento martedì anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, aprendo all’ipotesi di un intervento sulla flessibilità: “Sicuramente ci sono margini per ragionare su strumenti e incentivi per migliorare le opportunità per chi vuole andare in pensione e per chi entra nel mercato del lavoro”. Per quel che mi riguarda, ha detto ancora, “sono aperto a fonti di finanziamento complementare che si possono studiare. Il Def non esclude queste cose, le rinvia al dibattito dei prossimi mesi. Le misure andranno viste nel loro insieme con la prossima legge di stabilità”.

www.ilfattoquotidiano.it/2016/04/20/pensioni-camusso-nati-nel-1980-al-lavoro-fino-a-75-anni-allarme-di-boeri-e-pericoloso-sembra-un-annuncio/...

[Modificato da angelico 22/04/2016 15:40]
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