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Allergie alimentari, c’entra anche la pelle: ecco perché sono in aumento

Ultimo Aggiornamento: 23/10/2023 18:11
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Tutto ciò che infiamma la pelle può scatenare una reazione immunitaria: i bambini con dermatite atopica hanno cinque volte di più la probabilità di sviluppare un’allergia alimentare. Come fare prevenzione e le terapie disponibili

Allergie alimentari, c’entra anche la pelle: ecco perché sono in aumento
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Ognuno di noi conosce almeno una persona che dice di essere allergica a un cibo. Uova, latte, soia, grano, crostacei, pesce, frutta, verdura, frutta secca e semi sono solo alcuni degli alimenti di cui si sente più spesso lamentare tanto che nei negozi si moltiplicano i prodotti «senza» un certo ingrediente. Tra i bambini le allergie sono raddoppiate dal 2000 al 2018, secondo un’analisi, pubblicata sul Washington Post, dei Centers for Disease Control and Prevention, e probabilmente sono cresciute ulteriormente negli anni successivi. «Anche in Italia le allergie alimentari sono in aumento», esordisce Mona Rita Yacoub, coordinatore Area Allergologica presso Unità di Immunologia, Reumatologia, Allergologia e Malattie Rare IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Ma perché all’improvviso tutti sembriamo allergici a qualche cosa?

Il ruolo della pelle
Secondo Christopher Warren, professore di Medicina preventiva e direttore della salute della popolazione presso il Center for Food Allergy and Asthma Research della Northwestern University, una possibile risposta è nella pelle. Se una sostanza entra nel nostro organismo dalla via orale, probabilmente è un nutriente utile e il corpo tende a tollerarlo. Se, però, entra attraverso la pelle probabilmente è un parassita pericoloso e il fisico reagisce per difendersi. Quindi tutto ciò che infiamma la cute o che facilita l’ingresso di sostanze estranee è più probabile che scateni una reazione immunitaria. Non a caso un bambino con dermatite atopica, una malattia infiammatoria della pelle, ha cinque volte più probabilità di sviluppare un’allergia alimentare rispetto a chi non ne soffre. «È un concetto plausibile», prosegue Yacoub. «Si nasce con una predisposizione genetica a sviluppare un’allergia (chiamata atopia), predisposizione che si associa a un difetto di barriera cutanea che porta a sensibilizzarsi agli allergeni più comuni. Infatti, chi soffre di dermatite atopica è un soggetto più spesso candidato a diventare allergico a inalanti e alimenti. Teniamo presente che a questo si aggiungono fattori ambientali, come l’inquinamento atmosferico o le infezioni, in particolare quelle virali, che possono portare la predisposizione genetica a esprimersi o meno a qualunque età».

L’ipotesi igienica
«Anche la cosiddetta ipotesi igienica - secondo la quale esporsi meno a germi e sviluppare meno infezioni per le migliori norme igieniche, le terapie antibiotiche e le vaccinazioni corrisponde ad avere più allergie - può aiutare a spiegare perché questa condizione è in aumento».

Prevenzione
«Diversamente dal passato, oggi le linee guida indicano, per facilitare l’induzione della tolleranza e ridurre il rischio di diventare allergici, di cesporre i bambini a tutti gli alimenti già dopo lo svezzamento. In questo modo si favorisce la tolleranza permettendo al sistema immunitario di allenarsi quando è nel momento più adatto per imparare», sottolinea Yacoub. «Ovviamente bisogna valutare la familiarità perché se ci sono casi di allergie gravi in famiglia può essere meritevole applicare qualche norma precauzionale. Per questo è fondamentale affidarsi a un pediatra allergologo per ricevere consigli mirati ed evitare il rischio che con diete fai da te il bambino sviluppi carenze nutrizionali».

Allergia e intolleranza
Non sono la stessa cosa allergia e intolleranza e può diventare pericoloso scambiare i termini. «L’allergia è una reazione a un allergene, una proteina, che attiva il sistema immunitario attraverso la produzione di alcuni anticorpi, le IgE (immunoglobulina E). Questi anticorpi scatenano il rilascio di istamina , una sostanza biochimica deputata a espellere “l’invasore”. Il rilascio di istamina può avvenire a livello di un solo distretto come la pelle, dando luogo a prurito e/o orticaria, oppure in modo sistemico, a livello di più organi e apparati dando luogo all’anafilassi. La reazione del nostro organismo, quindi, può andare dal semplice prurito al cavo orale (la cosiddetta sindrome orale allergica) allo shock anafilattico che può essere pericoloso per la vita», sottolinea l’esperta. «L’intolleranza - a oggi le principali sono quelle al lattosio, lo zucchero del latte, e al glutine che è all’origine della celiachia - è invece un termine generico: indica varie reazioni avverse ad alimenti che non sono causate da un meccanismo allergico».

Allergie più comuni nei bambini
«Nei bambini le allergie più comuni sono quelle all’uovo e al latte, ma dopo i sei anni molti diventano tolleranti perché il loro sistema immunitario si è sviluppato e ha migliorato la capacità di non reagire verso proteine innocue come quelle contenute nei cibi» dice la specialista. «Nei casi più gravi si considera la terapia dell’induzione della tolleranza orale. è un approccio che si pratica solo in centri specializzati e consiste nel cercare di indurre la tolleranza di dosi minime dell’alimento e si fa prevalentemente nei bambini per ridurre il rischio di gravi reazioni allergiche da contaminazioni».

Le allergie negli adulti
«Nell’età adulta le più frequenti sono le cosiddette allergie crociate tra pollini e alimenti che si verificano quando ci sono proteine in comune. Per esempio, una persona allergica ai pollini di graminacee potrà sviluppare la sindrome orale allergica quando mangia pomodori crudi o melanzane e un soggetto allergico ai pollini di betulla potrà presentarla dopo consumo di mela, nocciola, sedano, carota e altri vegetali crudi. L’allergia crociata avviene anche nel caso degli acari: chi è allergico è possibile che abbia reazioni con i gamberetti per la presenza di una proteina, la tropomiosina, in comune tra acari e crostacei», spiega Yacoub. «Poi ci sono le allergie alimentari in senso stretto, quando la sensibilizzazione è avvenuta per via orale, come nel caso di sensibilizzazione al pesce o a molecole tipiche della frutta secca o di certi vegetali. Una molecola allergenica caratteristica dell’area mediterranea è la Lipid Transfer Protein (LTP). Si trova, per esempio, nella pesca e nella frutta della famiglia delle rosacee quindi albicocca, ciliegia, prugna e nella frutta secca, prevalentemente nella buccia. La cosa importante è che oggi possiamo differenziare la molecola alla quale il paziente risulta sensibilizzato. Ogni molecola ha proprietà ben definite, come la resistenza o meno al calore e alla digestione gastrica, ed è associata a un livello diverso di gravità delle reazioni. Grazie alla diagnostica molecolare si può, quindi, dire al paziente se deve evitare del tutto quell’alimento o se lo può mangiare solo cotto».

Terapie presenti e future
«Siamo sempre più vicini a una terapia innovativa», conclude l’allergologa. «Iniziano a esserci approcci di immunoterapia specifica, quindi la creazione di vaccini mirati per gli allergeni alimentari. In questo momento si limita a pochi allergeni come l’arachide. Bisogna aspettare ancora un po’ di tempo perché queste terapie diventino disponibili per gli altri allergeni più diffusi in Europa. È importante ricordare che nei pazienti con allergie alimentari e asma concomitante è essenziale impostare un’adeguata terapia della malattia respiratoria in quanto l’asma non controllata rappresenta un fattore di rischio per allergie alimentari più gravi».


www.corriere.it/salute/nutrizione/23_settembre_12/allergie-alimentari-c-entra-anche-pelle-ecco-perche-sono-aumento-8dfe3564-513e-11ee-929c-7dcc808a97...

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